L’istituto regolato dall’art. 2409 del codice civile presenta alcune importanti particolarità sul piano dei presupposti applicativi e del “procedimento” che bisogna valutare con molta attenzione prima di spiegare ricorso: particolarità che se trascurate possono anche condurre all’inammissibilità del ricorso ovvero al suo rigetto. Ci sofferma, in particolare, sulle condotte irregolari, sulla loro potenzialità dannosa e sulla “residualità” del ricorso. Quali sono le condotte degli amministratori ritenute censurabili ai fini della denuncia per gravi irregolarità La denuncia di gravi irregolarità promossa con ricorso ex art. 2409 c.c. può condurre alla revoca o, più precisamente, alla sostituzione dell’amministratore (ma anche ed intanto all’ispezione della società) in presenza del “fondato sospetto” che gli amministratori siano venuti meno ai loro doveri danneggiando il patrimonio sociale o anche soltanto “mettendolo in pericolo”: è sufficiente cioè che la condotta sia potenzialmente dannosa; la giurisprudenza ha specificato ancora meglio il confine applicativo del controllo giudiziario chiarendo che la potenzialità dannosa della condotta deve essere “attuale” e che quello disciplinato dall’art. 2409 c.c. è un rimedio “residuale”. Si tratta allora di svolgere qualche considerazione intorno a queste condizioni soffermandosi, soprattutto, sulle condotte che la giurisprudenza ha ritenuto censurabili nel contesto di un procedimento ex art. 2409. Il legislatore non tipizza ma nemmeno tratteggia un modello di condotta presuntivamente irregolare potendo le irregolarità esteriorizzarsi in vario modo ed avere vario contenuto, origine e natura: la disposizione in commento presenta dunque una evidente versatilità applicativa in considerazione della quale qualunque irregolarità potrebbe teoricamente venire in rilievo ai fini del controllo giudiziario e quindi della sostituzione dell’amministratore; questo ovviamente non significa che ogni violazione dei doveri gravanti sull'organo amministrativo integri per se stessa una grave irregolarità nell’accezione e per gli effetti dell’art. 2409 c.c., perché si deve comunque trattare di fatti che involgono l’intera attività sociale e che presentano una certa potenzialità dannosa. Le irregolarità devono infatti consistere in azioni o in omissioni che differiscano in modo notevole, importante e cioè gravemente, dalla condotta esigibile: la condotta irregolare, per validamente fondare il più grave dei provvedimenti (la revoca), deve presentare elementi di peculiare gravità in termini di disvalore giuridico: si può essere di questo avviso quando gli amministratori si discostano in maniera significativa dal canone di comportamento che la legge prescrive obbligatoriamente da tenere nella situazione concreta determinando, quel comportamento, un grave turbamento dell’attività sociale; si deve cioè trattare di comportamenti gravemente azzardati con possibili riverberi non soltanto sul patrimonio sociale ma anche sulla reputazione commerciale della società: l’ambito di applicazione dell’art. 2409 c.c. risulta così più ristretto di quello delle norme che danno rilievo alle nozioni di colpa lieve o giusta causa di revoca perché a venire in rilievo sono condotte che, nei termini che si è appena spiegato, integrano una macroscopica violazione di una norma legge. Esempi di condotte irregolari Qualche esempio. Per la nostra giurisprudenza, integrano “grave irregolarità gestoria potenzialmente dannosa” sicuramente le operazioni in conflitto di interesse compiute in violazione delle regole (anche procedurali) dettate dal legislatore (come, ad esempio, quelle codificate all’interno dell’art. 2391 c.c.): - le operazioni in conflitto di interessi sembrano anzi rappresentare il campo di elezione del nostro istituto; in questo contesto integra grave irregolarità l'esecuzione, da parte degli amministratori, di pagamenti in favore di una società dello stesso gruppo sostanzialmente privi di giustificazione; - suscettibile di denunzia al tribunale ex art. 2409 c.c. è anche una gestione approssimativa della situazione di crisi; certamente rilevanti sono poi gli atti di mala gestione, si tratti o meno di atti in conflitto di interessi, capaci di condurre alla crisi della società in quanto consistenti in operazioni del tutto irrazionali contrastanti con l’oggetto sociale e che non presentano significative contropartite per la società; - anche l’investimento di risorse della società in altre imprese o nell’acquisto di aziende con assunzione di rischi del tutto irragionevoli e non motivati può validamente fondare la revoca dell’amministratore; - nel contesto di un procedimento ex art. 2409 c.c. decisamente rilevante è anche una eventuale gestione opaca degli affari sociali come nel caso in cui gli amministratori omettano sistematicamente di rendere informazioni adeguate ai soci sulle operazioni sociali di maggior rilievo; - altro ambito dove si incontrano condotte censurabili ex art. 2409 c.c. è quello degli adempimenti contabili e di bilancio: integra una grave irregolarità la grave violazione di regole e principi in tema di formazione del bilancio e più in generale di tenuta dell’impianto contabile ed in questo contesto l’inattendibilità delle scritture può anche derivante dalla impropria capitalizzazione di costi. Suscettibili di venire in rilievo quale grave irregolarità sono quindi tutte quelle condotte violative dei doveri di corretta gestione della società e conservazione del patrimonio sociale che, quand’anche non fondative di una vera e propria responsabilità gestoria, sono comunque capaci di arrecare danno alla società o ad una o più società controllate e di riflesso anche i soci come nei paragrafi successivi verrà analiticamente illustrato. Cosa vuol dire potenzialità dannosa e attualità del pericolo Le gravi irregolarità nella gestione della società sono rilevanti se sono potenzialmente dannose per la società (o per una o più società controllate): si deve, cioè, trattare di condotte che violano disposizioni di legge idonee a procurare un danno al patrimonio sociale. Certamente rilevante è dunque il danno patrimoniale alla società ma non privo di rilievo ai fini del controllo giudiziario è anche il rischio che le irregolarità possano turbare l’ordinato funzionamento dei meccanismi di gestione della società e quindi lo svolgimento dell’attività sociale con conseguente lesione di interessi individuali riferibili ai soci. Anche qui, qualche esemplificazione: - il riferimento alla potenzialità del danno per la società preclude ad esempio la possibilità di denunziare mere irregolarità cosiddette informative quali sono quelle relative alla formazione del bilancio di esercizio ancorché possano costituire un fatto di rilevante gravità ma per le quali non sia stato dedotto, ancorché in termini potenziali, un pregiudizio immediato al patrimonio della società; - come irrilevanti sono pure le difformità nella verbalizzazione delle riunioni dei vari organi sociali, salvo che in concreto risultino dannose per la società. Il pericolo di danno deve poi essere attuale: di conseguenza, sempre continuando con gli esempi, non può giustificare la revoca dell’amministratore l’erogazione di mutui in favore dei familiari dell’amministratore se sono stati regolarmente rimborsati ad un tasso d’interesse remunerativo per la società: a tale riguardo non è affatto infrequente vedere gli amministratori assumere iniziative rimediali anche nel corso del procedimento ex art. 2409 c.c. ed anche dimettersi così da creare le condizioni per una dichiarazione di cessazione della materia del contendere sia pure con soccombenza virtuale (il socio che ha fondatamente promosso ricorso ex art. 2409 c.c. può cioè domandare la condanna alle spese). Le irregolarità devono essere attuali: l’attualità delle irregolarità denunziate ex art. 2409 c.c., assurge, da sempre, a presupposto indispensabile per l’intervento surrogatorio del tribunale nel senso che mancanza di attualità esclude o contraddice la funzione stessa del procedimento in quanto la sostituzione dell’organo amministrativo si spiega e giustifica quando sussiste e persiste, nel momento del procedimento, una situazione di irregolarità cui (l’amministratore giudiziario è chiamato a) porre rimedio; una denunzia ex art. 2409 può così fruttuosamente esperirsi a fronte di irregolarità attuali in termini non soltanto di permanenza delle conseguenze negative per la corretta gestione della società ma anche di concreta possibilità di rimuoverle mediante, appunto, i provvedimenti che il Tribunale potrebbe adottare in esito al procedimento camerale; per unanime opinione della giurisprudenza pratica e teorica, non è dunque consentita l’adozione di provvedimenti giudiziali nel contesto di un procedimento ex art. 2409 c.c. non soltanto quando le conseguenze pregiudizievoli abbiano perso il requisito dell’attualità perché rimosse in epoca successiva ma anche quando le irregolarità denunciate abbiano già esaurito tutti i loro effetti e non ne sia più possibile la rimozione, residuando, al più e soltanto, il rimedio risarcitorio. In definitiva la condotta irregolare deve essere capace di procurare danno alla società e questa potenzialità dannosa deve essere attuale nel momento del procedimento: se l’amministratore vi ha posto rimedio viene meno questo fondamentale presupposto e dunque la necessità di disporre la sostituzione dell’organo amministrativo. Quando si parla di residualità del procedimento ex art. 2409 c.c. Quando la condotta irregolare prende corpo nell’assunzione di deliberazioni o operazioni suscettibili di autonoma impugnativa, l’impugnazione è appunto lo strumento “da utilizzare” per rimuovere l’irregolarità; si parla a questo proposito di “residualità” del riscorso ex art. 2409 c.c. per significare, appunto, che non sono suscettibili di denuncia ex art. 2409 c.c. atti illegittimi per i quali i legislatore contempla strumenti tipici di “reazione” che quindi devono essere preferiti al rimedio previsto dall’art. 2409 c.c. Si è in particolare osservato in giurisprudenza che proprio alla luce di una precisa scelta di campo operata dal legislatore del codice civile a favore della atipicità delle irregolarità gestorie, lo strumento di reazione previsto dall’art. 2409 c.c. è utilmente impiegabile a fronte di gravi fatti e deficienze che non risultino altrimenti eliminabili attraverso altri strumenti, si direbbe “tipici”, di reazione. Il discorso si fa ancora più specifico quando l’irregolarità tragga origine o si esteriorizzi in atti i cui effetti possono essere rimossi in esito alla loro rituale impugnazione: l’illegittimità di singoli atti autonomamente impugnabili non assume rilievo e ciò in considerazione, appunto, della necessaria residualità del procedimento ex art. 2409 c.c.; in questo contesto si deve notare che il ricorso ex art. 2409 c.c. non costituisce una tutela sovrapponibile o alternativa a quella che può essere ottenuta con l’impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea dei soci (ex art 2377 c.c.) e del consiglio di amministrazione (ex art. 2388, quarto comma, c.c.). In definitiva, di fronte ad una deliberazione invalida, il socio che, per possesso azionario, esprime l’aliquota minima di capitale fissata dall’art. 2409 c.c., deve, e cioè ha l’onere di, spiegare impugnazione (ovviamente, ricorrendone i presupposti). Resta da aggiungere che le operazioni irregolari compiute in conflitto di interessi assurgono a fatto suscettibile di denunzia al Tribunale ex art. 2409 c.c. idoneo come tale a fondare la revoca quando prendano corpo in una serie di atti che investono l’intera attività sociale in coerenza col fatto di essere la denuncia al Tribunale un rimedio pensato dal legislatore a fronte di condotte illegittime dell’organo amministrativo non episodiche e ripetute nel tempo espressive, in quanto tali, di un vero e proprio modus operandi del tutto ingiustificato.