In una fusione per incorporazione è legittimo valutare di meno le "azioni di risparmio", prive del diritto di voto, rispetto a quelle "ordinarie". Lo ha chiarito, con un principio di diritto, la Corte di cassazione, sentenza n. 7920 del 20 aprile 2020, respingendo il ricorso di un risparmiatore contro Monte Paschi di Siena. IL FATTO L'investitore lamentava di aver subito una grossa perdita patrimoniale a seguito del concambio stabilito nella incorporazione della Banca nazionale dell'Agricoltura da parte di banca Antonveneta (poi fusa in Mps). In particolare a fronte di 170mila azioni di risparmio della prima banca, aveva ricevuto 7.727 azioni ordinarie dell'incorporante, pari quasi a un dimezzamento della sua quota percentuale di capitale sociale (43%), ed una speculare riduzione del valore economico passato da 658 a 367 milioni di lire. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Prima sezione civile ricorda che le azioni di risparmio "attribuiscono speciali vantaggi in sede di distribuzione del dividendo, ma non assegnano ai loro possessori il diritto di voto". Ora, prosegue la decisione, il valore delle azioni dipende da un apprezzamento che investe "nella loro complessità" i diritti che esse conferiscono, che non sono soltanto quelli di natura patrimoniale (gli utili e la quota di liquidazione, art. 2350 c.c.), ma anche quelli inerenti all'amministrazione della società (diritto di voto, art. 2351 c.c.). In questo senso, una diversificazione del valore dei titoli appartenenti alle due categorie "trova piena giustificazione". Benché, dunque, non possa escludersi, a priori, che le azioni ordinarie e quelle di risparmio della società incorporata possano presentare il medesimo rapporto di cambio con le azioni ordinarie dell'incorporante, "è certo che alla definizione del concambio non possa pervenirsi senza considerare le differenze tra le due categorie di azioni dell'incorporata, pena l'inaccettabile equiparazione, nel trattamento giuridico, di diritti di partecipazione differenti". Ed è il valore di mercato del titolo ad esprimere la stima "in termini economico-patrimoniali" di tali diritti. Le quotazioni infatti "sono in grado di «pesare» i diritti patrimoniali e amministrativi propri delle due categorie di azioni". Deve dunque ritenersi senz'altro ammissibile la diversificazione, in sede di concambio, dei valori delle azioni ordinarie e delle azioni di risparmio della società incorporata. E gli amministratori "ben potranno, e anzi dovranno, per non incorrere in arbitrio, stabilire il rapporto di cambio tenendo conto della diversa consistenza dei diritti connaturati alle due categorie di azioni". In definitiva, conclude la Corte, nel caso di fusione per incorporazione, il rapporto di cambio tra azioni di risparmio della società incorporata e azioni ordinarie della società incorporante deve calcolarsi tenendo conto che il valore delle prime non necessariamente coincidente con quello delle azioni ordinarie della stessa incorporata, giacché il valore delle azioni di risparmio, che può essere desunto dalle quotazioni di mercato dei titoli, è funzione dei diritti, non solo di natura patrimoniale, ma anche di natura amministrativa, conferiti dalle azioni in questione".