Va ricordato che il Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto è stato istituito presso l’INPS dall’articolo 2 della L. 297/1982 con lo scopo di sostituirsi al datore di lavoro in caso di insolvenza del medesimo nel pagamento del TFR stesso spettante ai lavoratori o loro aventi diritto. Successivamente, il D.Lgs. 80/1992 ha disposto che il fondo interviene anche per le retribuzioni maturate negli ultimi tre mesi del rapporto. Il Fondo, che afferisce alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, è alimentato con un contributo a carico dei datori di lavoro a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° luglio 1982. L’aliquota di contributo, per espressa previsione dell’art. 4 del D.Lgs. 80/1992, è determinata sulla base dell'andamento gestionale del Fondo ed è attualmente pari allo 0,20% della retribuzione imponibile (per i dirigenti delle aziende industriali il contributo è pari a 0,40% della retribuzione imponibile). Misure compensative in caso di conferimento a previdenza complementare Per completezza di esposizione va ricordato come il TFR venga sempre più individuato dal legislatore come fonte di finanziamento della previdenza complementare in maniera tale da consentire al lavoratore di incrementare in modo finanziariamente sostenibile la propria posizione individuale. Il tema si ripropone in maniera forte in questo particolare frangente dettato dall’emergenza epidemiologica considerando gli effetti del Pil negativo sul montante contributivo in accumulazione nel pilastro di base, ragion per cui diventa ancora più importante il sostegno prospettico fornito dai fondi pensione nell’ambito di una corretta diversificazione del rischio previdenziale del lavoratore. Non a caso nel nostro ordinamento è stato introdotto un meccanismo di “spinta gentile” rappresentato dal silenzio-assenso che potrebbe essere ulteriormente rafforzato dopo opportuna condivisione con le parti sociali nella fase di rivisitazione del nostro sistema di welfare nel post COVID-19. Per avere una idea più concreta delle cifre in campo è utile ricordare, attingendo all’ultima Relazione annuale della Covip che nel 2018 il flusso complessivo di TFR generato nel sistema produttivo può essere stimato in circa 26,4 miliardi di euro; di questi, 14,5 miliardi sono rimasti accantonati presso le aziende, 6 miliardi versati alle forme di previdenza complementare e 6 miliardi destinati al Fondo di Tesoreria. Dall’avvio della riforma, nel 2007 prosegue la Covip, la ripartizione delle quote di TFR generate nel sistema produttivo fra i diversi utilizzi è rimasta pressoché costante: circa il 56 per cento dei flussi resta accantonato in azienda, il 21 per cento viene annualmente versato ai fondi di previdenza complementare e il residuo viene indirizzato al Fondo di Tesoreria. Va però considerato come di converso il trattamento di fine rapporto rappresenta per le aziende una fondamentale fonte di autofinanziamento finanziario ragion per cui la normativa prevede delle specifiche misure compensative a beneficio dei datori di lavoro in caso di conferimento del TFR a previdenza complementare da parte dei lavoratori dipendenti. Va ricordato in primo luogo che i contributi versati sono deducibili dal reddito di impresa è che con riferimento ad essi si prevede il versamento del contributo di solidarietà all’INPS pari al 10 per cento in luogo degli oneri sociali ordinariamente previsti sulla retribuzione. E’ deducibile poi una quota del TFR versato ai fondi pensione pari al 4 per cento per aziende con almeno 50 addetti e al 6 per cento per aziende con meno di 50 addetti. Si configura ancora la riduzione del costo del lavoro (cd. oneri impropri), correlata al flusso di TFR maturando conferito, pari dal 2014 allo 0,28 per cento. Nell’ambito delle misure compensative a favore delle imprese a seguito del conferimento del TFR alle forme pensionistiche complementari, l’art. 10 del D.Lgs. 252/2005 ha disposto poi l’esonero dal versamento del contributo al Fondo di garanzia nella stessa percentuale di TFR maturando conferito alle predette forme pensionistiche complementari e al Fondo per l’erogazione del TFR. Le innovazioni del Decreto Rilancio Quali sono le modifiche alla disciplina del Fondo di garanzia recate dal Decreto Rilancio? In primo luogo, così come viene specificato nel Dossier del Servizio Studi di Camera e Senato, modificando l’art. 2, c. 7, della L. 297/1982, nel confermare che i pagamenti sono effettuati entro 60 giorni dalla richiesta, si elimina il riferimento al fatto che tale richiesta provenga dall’interessato e si dispone che gli stessi pagamenti siano effettuati mediante accredito sul conto corrente del beneficiario. Va ricordato poi come, in base al combinato disposto del richiamato art. 2 della L. 297/1982 e della circolare INPS 74/2008, in caso di decesso del lavoratore, l'intervento del Fondo può essere richiesto dagli aventi diritto, da identificare secondo le disposizioni dell'art. 2122 c.c. Successivamente, la giurisprudenza ha precisato che per aventi diritto devono intendersi non soltanto gli eredi del prestatore di lavoro indicati dal richiamato art. 2122 c.c.., ma più in generale gli aventi causa. L'INPS, quindi, modificando quanto precedentemente indicato nella circolare n. 74/2008, ha precisato che possono essere accolte le domande avanzate da società finanziarie cessionarie del TFR, o da altri soggetti che, avendo acquistato da queste ultime il predetto credito per TFR con rivalsa nei confronti del lavoratore, siano subentrate alle originarie società finanziarie. Ulteriore modifica recata dall’art.97 del Decreto Rilancio, in relazione alle somme pagate dal Fondo di garanzia, è poi rappresentata dal fatto che questo è surrogato di diritto al lavoratore o ai suoi aventi causa nel privilegio spettante (ai sensi degli articoli 2751-bis e 2776 del codice civile) non solo sul patrimonio dei datori di lavoro, come finora previsto, ma anche degli eventuali condebitori solidali, previa esibizione della contabile di pagamento.