Il fondo previdenziale Enel (Pia) è sottoposto all'aliquota più favorevole del 12,5% prevista per i redditi di capitale, solo per la parte del fondo impiegata sul mercato. E l'onere probatorio ricade esclusivamente sul contribuente che chiede il rimborso. Lo chiarisce la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 7728 del 20 marzo 2019. IL FATTO Le Entrate hanno impugnato una pronuncia della Ctr secondo cui il fondo Pia formato nel 1986 costituiva forma previdenziale integrativa in cui il capitale non era distinto dal patrimonio Enel, cosicchè il rendimento degli accantonamenti previdenziali derivava dai risultati finanziari della stessa Enel. Sulla base di queste considerazioni i giudici di seconde cure avevano dato ragione al contribuente. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Cassazione, invece, ha dato torto alla Ctr ritenendo che il contribuente avesse assolto l'onere di dimostrare i rendimenti maturati in ragione della riserva matematica operata annualmente dall'Enel e cioè con il semplice calcolo della differenza tra l'indennità liquidata e i contributi versati, sulla base di una certificazione proveniente dall'Enel e di una consulenza di parte che non aveva alcuna prova. I Supremi giudici hanno dato seguito all'orientamento in base al quale il più favorevole criterio impositivo può trovare applicazione limitatamente alle somme rivenienti dall'effettivo investimento sul mercato da parte del fondo del capitale accantonato e che ne costituiscono il rendimento. E la prova di ciò deve essere fornita dal contribuente, attore sostanziale del preteso rimborso Irpef, anche in sede di giudizio di rinvio.