Flat tax dei paperoni neo residenti raddoppiata a 200.000 euro

L’art. 2 del D.L. n. 113/2024 (decreto Omnibus) ha previsto il raddoppio dell’imposta da versare per l’accesso al regime dei c.d. neo-residenti di cui all’art. 24-bis TUIR. La novità normativa si renderà applicabile ai contribuenti che hanno trasferito la residenza fiscale dopo la data di entrata in vigore del decreto. Per il resto non viene modificato l’impianto normativo; nonostante la maggiorazione in commento, il regime resta sufficientemente attrattivo. Ci si chiede, dal punto di vista generale, se un incremento poco rilevante delle entrate pubbliche valga il rischio di depotenziare una agevolazione molto apprezzata dai c.d. High Net Worth Individual. Quadro normativo L’art. 24-bis TUIR prevede, per le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’art. 2 TUIR, la possibilità di assoggettare i redditi prodotti all’estero a un’imposta sostitutiva. La principale condizione per accedere al beneficio è l’essere stati fiscalmente non residenti in Italia per un tempo pari ad almeno nove periodi d’imposta nel corso dei dieci precedenti il primo periodo di validità dell’opzione. Le principali caratteristiche dell’agevolazione possono essere così sintetizzate: - applicazione di imposta sostitutiva pari a 100.000 euro (ora 200.000 euro) sui redditi prodotti all’estero; - esenzione dagli obblighi di monitoraggio fiscale (compilazione quadro RW, modello Redditi PF); - esenzione dal pagamento delle imposte patrimoniali IVIE e IVAFE; - esenzione dall’imposta di successione e donazione per i beni presenti all’estero; - possibilità di escludere alcuni Paesi esteri dall’opzione (c.d. cherry picking); - validità dell’opzione per massimo 15 anni; - possibilità di estendere il regime anche ai familiari (di cui all’art. 433 c.c.) con il versamento di un’imposta sostitutiva pari a 25.000 euro; - esclusione dal regime dei redditi ritratti da capital gain aventi ad oggetto partecipazioni qualificate realizzati nei primi 5 anni di vigenza del regime. Le modifiche del decreto Omnibus: prime considerazioni La novella normativa interviene esclusivamente sull’importo dell’imposta da pagare da parte del c.d. contribuente principale per l’accesso al regime sopra descritto. In termini pratici, ciò comporterà, da parte dei potenziali fruitori, la necessità di ridefinire la soglia di convenienza. Un esempio Si immagini un contribuente titolare di redditi di capital gain da azioni estere (partecipazioni non qualificate). I capital gain sono soggetti a imposta sostitutiva nella misura del 26%; proprio tale tassazione andrà confrontata con la flat tax a 200.000 euro come riportato nella seguente tabella: Vecchio regime Nuovo regime Capital gain esteri 384.615 euro 769.231 euro Imposizione ordinaria 100.000 euro 200.000 euro Flat tax 100.000 euro 200.000 euro Risulta evidente che la soglia reddituale di fondo raddoppia; il regime, difatti, diventa conveniente solo se l’ammontare del reddito è superiore a quello che genererebbe una tassazione ordinaria pari alla flat tax prevista dall’art. 24-bis TUIR. In realtà ciò potrebbe non essere del tutto vero; il regime, difatti, porta ulteriori benefici (esclusione monitoraggio, esenzione IVIE/IVAFE, donazioni e successioni) che potrebbero in ogni caso determinare l’esercizio dell’opzione anche ove, dal punto di vista della sola IRPEF, non fosse così conveniente. Dopotutto, basti pensare alla semplificazione per quanto attiene agli obblighi dichiarativi e soprattutto alla compilazione del quadro RW che può essere decisamente complessa e foriera di potenziali imprecisioni. Da quando si applica la nuova flat tax Per quanto attiene all’ambito applicativo, la disposizione non colpirà i contribuenti che attualmente utilizzano il regime di favore. Viene previsto, difatti, che la nuova flat tax sarà dovuta dai soggetti che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia, ai fini dell’art. 43 c.c., successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. Si dovrebbe, pertanto, ritenere che dovrebbero essere fatte salve anche tutte le persone fisiche che hanno acquisito la residenza fiscale nel 2024 (primo anno di applicazione del regime) entrando in Italia prima della vigenza del decreto. Su tale aspetto, tuttavia, sarà opportuno attendere eventuali chiarimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria. Ci sono, difatti, due aspetti che devono essere attentamente considerati. In primo luogo, la circostanza che l’opzione può essere esercitata tramite presentazione di una istanza di interpello; pertanto, ci si chiede cosa accade per tutte quelle istanze presentate prima della novella normativa e che troveranno risposta successivamente (e con eventuale trasferimento della residenza in Italia dopo detta risposta). In secondo luogo, si immagini un cittadino extra-UE che prima di poter entrare in Italia deve rispettare procedure di immigrazione, con tempistiche spesso molto lunghe. Anche in tal caso, la decisione di venire in Italia potrebbe essere precedente rispetto alla modifica in commento. Si ritiene che, in entrambi questi esempi, dovrebbe essere tutelato il legittimo affidamento del contribuente. Da ultimo, ci si domanda quanto tale modifica possa contribuire alle entrate pubbliche. Ipotizzando circa 1.000 contribuenti l’incremento della flat tax genererà maggiori entrate fiscali per 100 milioni di euro, valore sicuramente importante in termini assoluti, ma poco rilevante a livello generale. Dall’altro lato, vi è il rischio che il raddoppio dell’imposta possa disincentivare e rendere meno attrattivo il nostro Paese rispetto ad altri Stati.

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Passa da 100.000 a 200.000 euro la flat tax dovuta dai contribuenti che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia esercitando l’opzione per il regime previsto dall’art. 24-bis TUIR

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