Sono in arrivo 55mila lettere del Fisco, innescate dall’incrocio dei dati della fattura elettronica. Destinatari: imprese, professionisti e autonomi che hanno emesso fatture in formato digitale Xml senza poi presentare la comunicazione della liquidazione periodica Iva. E, tendenzialmente, senza versare l’imposta. Le lettere delle Entrate sollecitano l’adempimento spontaneo del contribuente, cioè la compliance, che fin dal 2015 rappresenta il volto del “fisco amico” nella lotta all’evasione. L’invito è quello di presentare la comunicazione entro il prossimo 30 aprile (termine per la dichiarazione Iva annuale), pagando le sanzioni per l’omesso invio e l’Iva eventualmente dovuta, sempre con sanzioni e interessi. In cambio, c’è uno sconto sulla multa (tanto più forte quanto prima ci si attiva, come da ravvedimento operoso). L’analisi delle Entrate si è concentrata sui documenti trasmessi al Sistema di interscambio (il “postino” del Fisco che recapita le fatture elettroniche) fino al 30 giugno di quest’anno. Sotto esame è finito anche chi ha presentato l’esterometro per documentare operazioni con soggetti stranieri (per le quali è ancora ammessa la fattura cartacea). Per il momento il Fisco si è limitato a riscontrare se la comunicazione di liquidazione è stata trasmessa o no. Ma in una fase successiva ci si concentrerà anche su chi l’ha comunicata, per verificarne la coerenza rispetto ai dati inseriti nelle fatture. In effetti, il grosso dei contribuenti – il 98%, secondo quanto riporta l’Agenzia nella sua stessa lettera – ha comunicato la liquidazione. Questa tornata di missive, perciò, si rivolge a una minoranza di soggetti. Che, peraltro, non sempre sono tenuti all’invio. Ma è importante perché segna un ulteriore passo su una strada che le Entrate hanno intenzione di percorrere e ripercorrere molte volte. Basta vedere lo schema di convenzione 2019-21 tra l’Agenzia e il ministero dell’Economia (non ancora siglata a novembre inoltrato, va detto): il target annuale è di un milione e 780mila lettere di compliance per l’Iva, con un obiettivo di recupero di gettito da adempimento spontaneo di 1,5 miliardi quest’anno (1,4 miliardi per i due anni seguenti). È una cifra elevata, ma tutto sommato prudenziale, se confrontata con il trend del gettito Iva nel primo anno di introduzione della fatturazione elettronica. Un gettito - beninteso - che non dipende dalle lettere di compliance e che è influenzato dal ciclo economico e dai consumi. Ma che in parte riflette anche l’effetto deterrente connesso al fatto che il file con la fattura viene subito memorizzato dalle Entrate. Dopo due mesi in calo, a settembre il gettito dell’Iva sugli scambi interni è tornato a salire del 4,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente: +2,2 miliardi totali nei primi nove mesi, su cui l’e-fattura potrebbe aver inciso per 1,5 miliardi. Il boom nell’utilizzo delle lettere di compliance va di pari passo con la disponibilità di big data Iva da analizzare per il Fisco. Nel 2015 le lettere inviate furono poco meno 65mila. Due anni dopo, grazie all’introduzione delle comunicazioni periodiche delle liquidazioni, erano più che decuplicate (880mila, di cui oltre mezzo milione sull’Iva trimestrale). Nel segno di una maggiore compliance va anche l’anonimometro previsto dal Ddl di Bilancio 2020. Sia pure tra resistenze e critiche, la prima fase successiva all’individuazione dei soggetti a rischio sarà caratterizzata dall’invito a fornire chiarimenti e giustificazioni tramite lettere ai contribuenti e inviti a fornire chiarimenti (o a mettersi in regola).