A seguito delle nuove disposizioni introdotte dal D.Lgs. n. 87/2024 in materia sanzionatoria, applicabile alle violazioni commesse dal 1° settembre 2024, nel caso di emissione di fattura con aliquota superiore a quella effettiva o di applicazione dell’imposta per operazioni esenti, non imponibili o non soggette, il cessionario/committente, oltre a subire l’applicazione di sanzioni, può portare in detrazione la sola imposta effettivamente dovuta in ragione della natura e delle caratteristiche dell'operazione posta in essere (art. 6, comma 6, D.Lgs. n. 471/1997). In tale eventualità, l’acquirente rischia di perdere la detrazione di tutta o parte dell’IVA addebitata o di ottenerne la ripetizione con un iter defatigante (richiesta di rimborso presentata dal cedente). Come è possibile evitare tale aggravio? Chi Soggetti passivi IVA che effettuano l’acquisto di beni e/o servizi e ricevono una fattura con aliquota IVA superiore a quella effettiva o con applicazione dell’imposta per operazioni esenti, non imponibili o non soggette. Cosa L’art. 2, comma 1, lettera d), n. 6), del D.Lgs. n. 87/2024 ha modificato il comma 6 dell’art. 6, D.Lgs. n. 471/1997, che prevede la sanzione per chi computa illegittimamente in detrazione l'imposta assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa. La nuova norma si applica alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024 (art. 5 del D.Lgs. n. 87/2024). Oltre a ridurre la sanzione applicabile (dal 90% al 70% dell’ammontare della detrazione illegittimamente compiuta) la modifica è intervenuta su una questione molto dibattuta sia in dottrina sia in giurisprudenza (interna e unionale). La norma ante modifica (che continua ad applicarsi alle violazioni commesse fino al 31 agosto 2024) prevede che in caso di applicazione dell'imposta “in misura superiore a quella effettiva”, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione del tributo (erroneamente addebitatogli dal cedente), si applica, nei confronti dello stesso cessionario o committente la sanzione amministrativa compresa fra 250 e 10.000 euro. Poiché la norma fa testuale riferimento all’ipotesi di applicazione dell’imposta “in misura superiore a quella effettiva” è sorto il dubbio se la fattispecie fosse applicabile, oltreché al caso di aliquota superiore a quella prevista, anche nel caso di assoggettamento a tributo di operazioni non imponibili, esenti o non soggette ad IVA. A seguito dell’orientamento restrittivo della giurisprudenza di legittimità - secondo cui l’art. 6, comma 6, del D.Lgs. n. 471/1997 si applica limitatamente alle operazioni imponibili, allorquando sia stata corrisposta l'IVA in base ad un'aliquota superiore a quella effettivamente dovuta e non anche con riferimento alle ipotesi di operazioni non imponibili (e, quindi, l’IVA erroneamente corrisposta in relazione ad operazioni non imponibili non è detraibile da parte del cessionario/committente, cfr. Cass., 3 novembre 2020, n. 24289) - l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 3 agosto 2021, n. 51, ha chiarito che “qualora il cessionario/committente abbia pagato al cedente/prestatore - e, di conseguenza, abbia detratto - l'IVA addebitatagli per errore in fattura, pur trattandosi di operazioni esenti o non imponibili, deve essere, dunque, irrogata la sanzione proporzionale …, previo recupero dell'IVA indebitamente detratta”. Inoltre, ancora la giurisprudenza di legittimità ha adottato un’interpretazione ancora più restrittiva ritenendo che, nell’unico caso che si considera contemplato dalla norma, cioè quello dell’errore di aliquota IVA, la detrazione ammessa in capo al cessionario/committente debba intendersi limitata all’imposta dovuta (ad esempio, in caso di applicazione dell’aliquota del 22% su un’operazione soggetta al 10%, il cessionario/committente può detrarre soltanto l’IVA corrispondete al 10%) (Cass., 21 aprile 2021, n. 10439). In ossequio alla specifica previsione contemplata dall’art. 20, comma 1, lettera c), n. 1) della legge di delega n. 111/2023 - che richiedeva di attenuare il carico sanzionatorio, estendendo l’applicazione della sanzione in misura fissa anche alle ipotesi di detrazione esercitata dal cessionario/committente con riferimento a operazioni esenti, non imponibili o non soggette a IVA, laddove il cedente/prestatore abbia comunque assolto l’IVA addebitata in rivalsa - la nuova versione della norma stabilisce (art. 6, comma 6, secondo periodo, applicabile alle violazioni commesse dal 1° settembre 2024) che la sanzione fissa per il cessionario o committente (da 250 a 10.000 euro) opera sia nel caso di applicazione dell'imposta con aliquota superiore a quella prevista per l'operazione sia nel caso di applicazione dell'imposta per operazioni esenti, non imponibili o non soggette, erroneamente assolta dal cedente o prestatore. Per quanto riguarda, invece, il diritto alla detrazione nei casi di specie, il nuovo terzo periodo del comma 6 dispone che, salvi i casi di frode e di abuso del diritto, resta fermo il diritto del cessionario o committente alla detrazione “della sola imposta effettivamente dovuta in ragione della natura e delle caratteristiche dell'operazione posta in essere”. In altre parole, il legislatore delegato ha inteso così recepire l’indirizzo della Corte di Cassazione (Cass., 16 marzo 2022, n. 8589, richiamata da Cass., 8 novembre 2022, n. 32900) che, in conformità alle indicazioni della Corte di Giustizia Europea (cfr. Corte di Giustizia UE 13 dicembre 1989, C-342/87; 19 settembre 2000, C-454/98; 6 novembre 2003, cause riunite C-78/02, C-79/02 e C-80/02), ammette il diritto alla detrazione dell’IVA effettivamente dovuta in ragione della natura e delle caratteristiche dell’operazione realizzata, e non anche di quella semplicemente indicata in fattura. Pertanto, si prevede che in caso di applicazione dell'imposta con aliquota superiore a quella prevista per l’operazione o di applicazione dell'imposta per operazioni esenti, non imponibili o non soggette, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, il cessionario o committente ha diritto alla detrazione della sola imposta effettivamente dovuta in ragione della natura e delle caratteristiche dell’operazione realizzata. Anche se la nuova disposizione trova applicazione alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024, non v’è dubbio, in relazione ad esempio ai contenziosi in essere e alle eventuali contestazioni che dovessero essere avanzate, che il nuovo assetto della norma costituisca una chiara conferma dei citati restrittivi orientamenti giurisprudenziali e della prassi dell’Agenzia. Nei casi di fattura con aliquota superiore a quella dovuta o di applicazione dell’IVA per operazioni esenti, non imponibili o non soggette, il cessionario/committente può subire un aggravio d’imposta, in quanto gli verrebbe contestata la illegittima detrazione della differenza tra l’IVA applicata e quella effettivamente dovuta per l’operazione (pari all’intera imposta in caso di applicazione dell’IVA per operazioni esenti, non imponibili o non soggette), con recupero del tributo, interessi e applicazione della sanzione prevista (l’ultima parte del comma 6, applicabile alle violazioni commesse dal 1° settembre 2024, prevede che la sanzione per il cessionario/committente non si applica se la violazione ha determinato una dichiarazione infedele punita con la sanzione di cui all'art. 5, comma 4, del D.Lgs. n. 471/1997). Naturalmente, il cessionario/committente avrebbe titolo per ripetere dal cedente/prestatore la maggiore imposta versata come risultante dalla fattura. È però da presumere che il cedente/prestatore assolverà tale obbligo solo dopo aver ricevuto il rimborso dall’Amministrazione finanziaria. L’art. 26, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972 prevede la facoltà per il cedente o prestatore di emettere una nota di credito (tra l’altro) anche in caso di rettifica di inesattezze della fatturazione che abbiano dato luogo all'applicazione dell'art. 21, comma 7, ovvero anche quando sono indicati in fattura “i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale”, ipotesi che ricomprende sia l’emissione di fattura con aliquota IVA superiore a quella effettiva sia l’emissione di fattura con applicazione dell’imposta per operazioni esenti, non imponibili o non soggette. La eventuale nota di credito (rettificativa), in questi casi, non può essere emessa “dopo il decorso di un anno dall'effettuazione dell'operazione”. Nel caso in cui sia decorso un anno dall’effettuazione dell’operazione e il cessionario o committente si avveda di aver ricevuto una fattura con applicazione di un’aliquota superiore a quella prevista per l’operazione, o di applicazione dell'imposta per operazioni esenti, non imponibili o non soggette, e di aver detratto l’intera imposta in sede di dichiarazione annuale, per regolarizzare l’operazione potrà utilizzare solo il ravvedimento operoso (esperibile anche in caso di notifica di un processo verbale di constatazione oppure di uno “schema” di atto). Come La rettifica dell’operazione mediante nota di variazione deve “farsi risultare da apposita documentazione”, ovverosia dall’emissione della nota di variazione (circolare 21 novembre 1972, n. 27/522432; risposta a interpello 29 agosto 2022, n. 440; Cass. 25 novembre 1996, n. 10405). Anche la nota di credito deve essere emessa in forma elettronica (art. 1, comma 3, D.Lgs. n. 127/2015; circolare 17 giugno 2019, n. 14/E) e deve correlarsi alla fattura originaria. È, inoltre, necessario che sia assicurata l’identità tra l’oggetto della fattura e della registrazione originaria, da un lato, e l’oggetto della registrazione della variazione, dall’altro, in modo che esista corrispondenza tra i due documenti contabili (risoluzione 17 febbraio 2009, n. 42/E; risposta a interpello 22 settembre 2020, n. 387; Cass., 6 luglio 2001, n. 9188. Ove il cedente/prestatore emetta nota di variazione in diminuzione deve annotare il documento nel registro degli acquisti (cioè, in aumento dell’IVA detraibile) oppure con il segno “meno” in quello delle vendite (cioè, in diminuzione dell’IVA a debito). Il cessionario o committente, che abbia già registrato l'operazione nel registro degli acquisti, deve registrare la variazione nel registro delle vendite (cioè, in aumento dell’IVA a debito) oppure, con il segno “meno”, nel registro degli acquisti (cioè, in diminuzione dell’IVA detraibile), salvo il suo diritto alla restituzione dell'importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa. Quando La nota di credito per inesattezze della fatturazione deve essere emessa entro un anno dall’effettuazione dell’operazione, computando tale termine ai sensi dell’art. 2963 c.c.. Nel caso in cui la nota di credito sia emessa entro un anno ed entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui è stata contabilizzata l’operazione di acquisto dal cessionario/committente, nessun recupero di IVA potrà avvenire, in quanto l’ammontare della detrazione che il cessionario/committente indica nella dichiarazione è quello corretto. In tali casi, si pone il dubbio se possa essere comminata la sanzione fissa prevista dall’art. 6, comma 6, per aver detratto, in sede di liquidazione periodica, una maggiore IVA. A stretto rigore, in sede di liquidazione periodica il cessionario/committente, secondo la nuova formulazione della norma, avrebbe illegittimamente computato in detrazione l’imposta addebitatagli in via di rivalsa dal cedente/prestatore, per la differenza tra l’IVA risultante dalla fattura e quella effettivamente dovuta. Tuttavia, va osservato che la procedura della nota di variazione in diminuzione è prevista dalla norma, entro un termine tassativo, allo scopo di ricondurre la transazione nell’ambito della corretta applicazione del tributo. Calcola il risparmio Il ricorso alla nota di variazione in diminuzione, emessa entro un anno e annotata entro il termine di presentazione della dichiarazione di competenza, comporta la regolarizzazione dell’operazione e l’applicazione della sanzione compresa fra 250 e 10.000 euro. Risparmio % L’impresa A effettua, nel mese di maggio 2025, un’operazione soggetta ad aliquota del 10% ed emette fattura nei confronti del cessionario B applicando erroneamente l’aliquota del 22%. B annota la fattura nel mese di maggio. Imponibile: 10.000 IVA addebitata in fattura: 2.200 IVA corretta: 1.000 Detrazione operata da cessionario B nel mese di maggio: 2.200 Detrazione considerata illegittima: 1.200 Caso n. 1 Non viene effettuata alcuna regolarizzazione e B riporta l’operazione nella dichiarazione annuale relativa all’anno 2025. In questo caso, si ha la seguente situazione: - dichiarazione 2025 (presentata nel 2026) di B infedele, per detrazione illegittima; - sanzione applicabile: 840 (70% di 1.200, ex art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 471/1997) - IVA da recuperare: 1.200 più interessi. Totale: 2.040 (più interessi sulla maggiore imposta). In questi casi, il cessionario, che ha versato al cedente A l’importo di 12.200 (10.000 + 2.200) potrà ottenere dal medesimo la differenza pagata in più, pari a 1.200. Tuttavia, il cessionario, che ha versato all’Erario l’importo di 2.200 a titolo di IVA, procederà (presumibilmente) al riversamento al cessionario/committente della maggiore imposta quando otterrà il rimborso della differenza dall’Agenzia delle Entrate. Caso n. 2 Il cessionario o il cedente si avvede della fattura irregolare e il cedente emette nota di variazione per la differenza di imposta, entro un anno dall’effettuazione dell’operazione. Ipotizzando che la nota di variazione sia emessa a novembre 2025, si avrebbe la seguente situazione: - il cedente A annota la nota di variazione nel registro degli acquisti o, con il segno “meno”, nel registro delle vendite (così, recuperando la maggiore IVA versata all’Erario); - il cessionario B annota la variazione nel registro delle vendite (o, con il segno “meno”, in quello degli acquisti), nei limiti della eccedenza d’imposta, provvedendo all’esposizione del tributo “a debito” nel mese di novembre e salvo il suo diritto alla restituzione dell'importo pagato al cedente a titolo di rivalsa, per la differenza d’imposta (art. 26, comma 5, D.P.R. n. 633/1972); - dichiarazione 2025 (presentata nel 2026) di B: regolare; - liquidazione di maggio 2025 di B: detrazione illegittima; - sanzione applicabile: da 250 a 10.000 euro. Ai sensi nuovo comma 3-bis dell’art. 3 del D.Lgs. n. 472/1997 (“la disciplina delle violazioni e sanzioni tributarie è improntata ai principi di proporzionalità e di offensività”) e dell’art. 7, comma 1 (“la determinazione della sanzione è effettuata in ragione del principio di proporzionalità di cui all'art. 3, comma 3-bis. Nella determinazione della sanzione si ha riguardo alla gravità della violazione desunta anche dalla condotta dell'agente, all'opera da lui svolta per l'eliminazione o l'attenuazione delle conseguenze, nonché alla sua personalità e alle condizioni economiche e sociali”) l’Ufficio dovrebbe applicare il minimo della sanzione pari a euro 250 (che sarebbe ridotta a 1/3 in caso di definizione agevolata); - IVA da recuperare: zero; - interessi: solo se l’annotazione della fattura originaria ha provocato un tardivo versamento dell’imposta; Caso n. 3 Il cessionario si avvede della fattura irregolare e regolarizza la violazione di detrazione illegittima avvalendosi del ravvedimento operoso. In questo caso, occorre coinvolgere anche il cedente, per evitare la mancata richiesta di rimborso della maggiore IVA versata. Caso n. 4 Se è trascorso più di un anno dall’effettuazione dell’operazione, il cedente non è più legittimato all’emissione della nota di variazione. Pertanto, per regolarizzare l’operazione il cessionario deve ricorrere al ravvedimento. Anche In questo caso, occorre coinvolgere il cedente, per evitare la mancata richiesta di rimborso della maggiore IVA versata. Caso n. 5 La nota di credito viene emessa entro un anno ma nel periodo d’imposta successivo. Ad esempio, viene emessa a maggio 2026, prima della scadenza dell’anno. In questo caso, il cessionario dovrà contabilizzare l’operazione nella dichiarazione IVA relativa al 2026 (da presentare nel 2027) e la dichiarazione del 2025 risulterà infedele, in quanto viene indicata una detrazione maggiore a quella consentita. In tale caso, è molto dubbio che l’Ufficio possa applicare la sanzione per dichiarazione infedele di cui all’art. 5, comma 4, considerato che le Istruzioni per la compilazione del modello prevedono espressamente la possibilità di indicare le variazioni dell’imposta (rigo VF26) relative a anni precedenti e l’annotazione avverrebbe in ossequio a quanto prescrive l’art. 26, comma 3 del D.P.R. n. 633/1972. A nostro avviso, l’unica sanzione applicabile è quella prevista dall’art. 6, comma 6, che va da euro 250 a euro 10.000, senza recupero di imposta (in quanto questa viene versata in sede di dichiarazione).