Con norma di interpretazione autentica, contenuta nella legge di Bilancio 2024, il legislatore si è occupato dell'esenzione IMU per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali per lo svolgimento con modalità non commerciali delle attività. La norma di interpretazione autentica La legge di Bilancio 2024 (art. 1, comma 71, legge n. 213/2023) stabilisce che “l’articolo 1, comma 759, lettera g), della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nonché le norme da questo richiamate o sostituite” - concernenti l’esenzione IMU per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali in via esclusiva, per lo svolgimento con modalità non commerciali di specifiche attività meritevoli di tutela - “si interpretano […] nel senso che: a) gli immobili si intendono posseduti anche nel caso in cui sono concessi in comodato a un soggetto di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente, a condizione che il comodatario svolga nell’immobile esclusivamente le attività previste dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, con modalità non commerciali; b) gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni di cui all’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità”. I chiarimenti del MEF e del Dipartimento delle Finanze In sede di istruzioni per la compilazione della dichiarazione IMU ENC (D.M. 24 aprile 2024) il Ministero dell’Economia e delle finanze ha fornito i primi chiarimenti per l'applicazione della nuova normativa. Successivamente, con la circolare 16 luglio 2024, n. 2/DF il Dipartimento delle Finanze ha integrato quanto già contenuto nelle Istruzioni. Immobili posseduti e concessi in comodato a un soggetto funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente (art. 1, comma 71, lettera a, legge n. 213/2023). Nella lettera a) del comma 71 viene fatto un espresso riferimento del collegamento funzionale o strutturale tra comodatario e comodante. Il collegamento “funzionale” Per quanto riguarda la nozione di collegamento “funzionale”, il MEF si richiama a quanto deciso dalla Corte di Cassazione che si è pronunciata sul tema, fornendo indicazioni sulla definizione del citato collegamento funzionale (Cass. ordinanza 2 ottobre 2023, n. 27761). Ad avviso del Ministero, alla luce di quanto statuito dalla Corte di Cassazione, il collegamento funzionale può ritenersi sussistente ove le attività svolte dal comodatario nell’immobile rientrino nel novero di quelle agevolate, siano esercitate con modalità non commerciali e, al contempo, siano accessorie o integrative rispetto alle attività istituzionali dell’ente comodante, ponendosi con le finalità istituzionali di quest’ultimo in rapporto di diretta strumentalità. Tale nesso di strumentalità sussiste qualora l’attività non commerciale svolta nell’immobile concesso in comodato sia legata alle finalità e alle attività istituzionali del concedente e risulti coerente e funzionale rispetto agli scopi dello stesso ente concedente. Ad esempio Si pensi all’ipotesi in cui il comodante svolga un’attività didattica e l’immobile concesso in comodato sia utilizzato dal comodatario per lo svolgimento, sempre con modalità non commerciali, di altre attività didattiche o assistenziali ricomprese tra quelle agevolate e funzionali a quella didattica del concedente (a titolo esemplificativo: attività di doposcuola, attività assistenziale diretta a particolari categorie di studenti). O si pensi, ancora, all’ipotesi in cui il concedente svolta attività sanitaria o assistenziale e l’immobile sia concesso in comodato al fine di garantire ospitalità ai familiari delle persone assistite o agli operatori sanitari. Il Dipartimento delle Finanze aggiunge che si reputa, altresì, integrato il requisito del collegamento funzionale tra comodante e comodatario nell’ulteriore ipotesi in cui il primo detenga, in forza di norma statutaria, la facoltà di nominare i componenti dell’organo di gestione del secondo ente (Cass. ordinanza n. 27761 del 2023). Il Dipartimento, infine, fa presente che il contratto di comodato, se stipulato in forma scritta, specifica le attività per le quali è concesso l’utilizzo dell’immobile, evidenziando le caratteristiche del collegamento funzionale delle attività stesse rispetto alle attività e finalità istituzionali del comodante. Il collegamento “strutturale” Per quanto riguarda la nozione di collegamento “strutturale” tra comodatario e comodante, individuata dalla norma come ipotesi alternativa, ad avviso del MEF si deve fare riferimento anche in questo caso alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione in merito alle condizioni che possono consentire il mantenimento dell’esenzione IMU laddove si tratti di utilizzo del bene da parte del comodatario. Ed invero, secondo l’orientamento della Cassazione, in particolare, ciò è possibile quando “il comodatario sostanzialmente utilizzi il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussista uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi «compenetrante», ovverosia il caso in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa” (Cass. 11 marzo 2020, n. 6795; Cass., 12 maggio 2021, n. 12539; Cass. 16 febbraio 2023, n. 4953). Si consideri, fa presente il Dipartimento, l’ipotesi in cui un ente religioso civilmente riconosciuto conceda in comodato un immobile di sua proprietà a una fondazione, costituita ai sensi del Codice civile dal medesimo ente religioso ai fini del miglior perseguimento delle proprie attività di assistenza e beneficenza. In conclusione, ad avviso del MEF, affinché la norma di esenzione, di cui al comma 71, lettera a) dell’art. 1 della legge n. 213/2023, possa ritenersi applicabile è necessario che tra i due enti non commerciali sussista, tra gli altri requisiti, un rapporto di strumentalità o dal punto di vista funzionale o dal punto di vista strutturale. Permanenza del vincolo di strumentalità alle destinazioni degli immobili per lo svolgimento delle attività meritevoli, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse (art. 1, comma 71, lettera b, legge n. 213/2023) La lettera b) prevede che “gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni di cui all’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità”. In merito, precisa il MEF che anche tale intervento normativo si pone nel solco della giurisprudenza venutasi ad affermare, ad opera della Corte di Cassazione, sul tema della strumentalità dell’immobile all’esercizio delle attività considerate. E invero, nella sentenza n. 27242 del 2022 è stato chiarito il principio secondo cui “l’esenzione non spetta quando l’immobile perda il carattere di strumentalità all’esercizio delle attività considerate” (cfr. Cass. n. 9948/2008) e che “il mancato utilizzo effettivo dell’immobile, per essere irrilevante ai fini del riconoscimento dell’esenzione, deve avere una «causa» che ne escluda il possibile significato che sia cessata la strumentalità del bene all’esercizio delle attività protette”, così come, “pur essendo vero che la destinazione dell’immobile, per prevalere ai fini del riconoscimento dell’esenzione, non può essere una destinazione che resti concretamente inattuata, è altrettanto vero che non ogni mancato utilizzo sia capace di escludere il diritto al trattamento agevolato, ma solo quello che sia indizio di un mutamento della destinazione o della cessazione della strumentalità del bene” (cfr. Cass. n. 20516/2016, ma, nello stesso senso, anche Cass. n. 9100/2020). La Corte in detta sentenza, a maggior fondamento della propria statuizione, riconosce infatti “l’irrilevanza del mero temporaneo inutilizzo del bene per ragioni più o meno transitorie, contando, invece, ai fini della perdita del beneficio, il venir meno del carattere strumentale dell’immobile rispetto alle attività cui era destinato”. A sua volta nell’ordinanza n. 9444 del 2023, la Corte riconosce che “in tema di ICI l’esenzione dall’imposta prevista dal D.Lgs. 1992, art. 7 comma 1, lett. i) spetta anche ove il bene non sia stato utilizzato, purché ciò sia avvenuto, come accertato dal giudice di merito, per una causa che non abbia comportato la cessazione della sua strumentalità rispetto all’esercizio delle attività protette, non potendo rilevare, come elemento ostativo ai fini del riconoscimento del beneficio, un concetto quantitativo di utilizzo, del tutto estraneo alla previsione normativa (Cass. 12-10-2016 n. 20515)”. Ad avviso del Dipartimento, la nuova norma recepisce e sintetizza gli approdi cui è pervenuta la giurisprudenza sopra riportata e permette di affermare che, ai fini dell’applicazione dell’esenzione in parola, non tutti i mancati utilizzi degli immobili interessati determinano la perdita del beneficio fiscale, ma solo ed esclusivamente quelli che sono indice del mutamento della destinazione o della cessazione del rapporto di strumentalità rispetto all’utilizzazione del bene per lo svolgimento delle attività meritevoli cui gli stessi immobili sono stati destinati. Pertanto, il mero inutilizzo del bene per ragioni più o meno temporanee - non predeterminabili astrattamente e, comunque, tali da non determinare “la cessazione definitiva della strumentalità” - non è automaticamente sintomatico del venir meno del carattere strumentale dell’immobile all’esercizio delle attività protette. In altre parole, conclude il Dipartimento, l’inutilizzo del bene non deve essere idoneo a far venire meno la persistenza del vincolo di strumentalità, il quale, una volta accertato, assicura la continuità del diritto all’esenzione dall’IMU.