E-Commerce: invio dati in scadenza per i marketplace

Scade il 31 ottobre la prima comunicazione per i marketplace (a regime l’obbligo è trimestrale). Pochi sono i dubbi sugli operatori interessati, di più quelli in relazione al perimetro oggettivo dell’adempimento. Chi svolge commercio elettronico diretto o indiretto non è tenuto alla comunicazione. Non devono quindi trasmettere i dati delle operazioni “facilitate” tramite una piattaforma digitale, un portale o altra interfaccia elettronica, né coloro che prestano servizi elettronici né chi effettua vendite a distanza di beni servendosi di tali strumenti (i cosiddetti “fornitori” di cui al provvedimento n. 660061/2019). Sono invece obbligati i soggetti passivi, residenti o meno (i soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione in Italia, dovranno identificarsi direttamente o a mezzo rappresentante fiscale per adempiere) che facilitano le vendite a distanza di beni materiali. Si tratta dei soggetti che gestiscono l’interfaccia elettronica (non quelli che la utilizzano) e che intervengono nell’operazione, determinando le condizioni della vendita, riscuotendone l’importo, provvedendo all’ordinazione/consegna dei beni. Oggettivamente rilevano le vendite a distanza intracomunitarie di beni (di qualsiasi tipo) e quelle di beni (qualsiasi) importati da paesi o territori extraUe. Nella prima comunicazione vanno incluse le cessioni a distanza nella Ue di cellulari, console da gioco, tablet Pc e laptop importati di valore non superiore a 150 euro e quelle dello stesso tipo di beni eseguite verso privati nell’Unione europea da operatori extraUe, effettuate dal 13 febbraio al 30 aprile (art. 11-bis, commi 11-15, Dl 135/18). La finzione giuridica per cui si presume che il marketplace acquisti e venda i beni di cui facilita la cessione, “anticipata” per i prodotti elettronici dal Dl n. 135/2018, è stata rinviata dal decreto-crescita (Dl 34/2019) al primo gennaio 2021, allineandone la decorrenza a quanto previsto dalla direttiva 2017/2455. Dubbi sull’ambito oggettivo Ciò che l’agenzia delle Entrate dovrebbe chiarire in fretta, è però l’ambito oggettivo delle operazioni interessate. Il comunicato del 20 settembre con cui le Entrate informano dell’attivazione del canale per la trasmissione della comunicazione, si riferisce genericamente alle vendite a distanza di beni importati o già presenti nel territorio comunitario. Più puntuale è il provvedimento n. 660061, il quale stabilisce che per vendite a distanza s’intendono sia le “vendite a distanza intracomunitarie di beni” (beni che partono da uno Stato Ue diverso da quello d’arrivo) sia le “vendite a distanza di beni importati da territori terzi o paesi terzi” rispetto all’Unione europea. Le due espressioni sembrano fare riferimento ai numeri 1 e 2 del paragrafo 4 dell’art. 14 della direttiva 2006/112 (norma che, in tale formulazione, entra però in vigore il primo gennaio 2021), “chiarendo” così che si tratta delle sole vendite nei confronti di privati o soggetti assimilati. Attualmente, in attesa della revisione della disciplina, le vendite a distanza di beni a privati (con consegna a cura del cedente) sono imponibili nel paese Ue di partenza (se inferiori alla soglia di 100 mila euro o alla minor soglia stabilita dallo Stato d’arrivo), mentre sono imponibili nello Stato di destinazione se superiori alle soglie previste o perché il cedente ha optato per la tassazione a destino. Le incongruenze Ma se lo scopo della comunicazione è monitorare l’imposta dovuta in Italia, ne dovrebbe derivare che siano da sorvegliare le vendite soggette a Iva nazionale (sotto soglia) che non sono “vendite intracomunitarie a distanza” bensì vendite interne, restando invece escluse le vere “vendite a distanza intracomunitarie” dall’Italia che sono imponibili negli altri Stati membri (come cessioni interne a detti Stati). Seguendo la medesima logica, tuttavia (forse soprattutto), andrebbero monitorati gli acquisti soggetti a tassazione in Italia, ai quali corrispondono vendite a distanza da altri Stati Ue o cessioni a distanza da Paesi o territori terzi. In tal senso, potrebbe indurre a ragionare tanto la richiesta di fornire il «numero totale delle unità vendute in Italia» (in aggiunta all’ammontare totale dei prezzi di vendita - concetto non molto chiaro - o, in alternativa, il prezzo medio di vendita), quanto il fatto che i dati richiesti riguardano i “fornitori” residenti, ma anche quelli non residenti. E, ancora, è l’attribuzione della responsabilità come debitori d’imposta per i marketplace che non trasmettono o trasmettono malamente i dati richiesti (salve le esimenti di cui al punto 3.5 del provvedimento) che porta a ritenere che tale solidarietà riguardi l’Iva nazionale e che, conseguentemente, vadano comunicate tutte le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta interna. Siccome manca ancora un mese alla scadenza, c’è tempo per fare chiarezza (anche) su questi aspetti.

E-Commerce: invio dati in scadenza per i marketplace

Tutto pronto per l'avvio del nuovo adempimento a carico dei gestori di marketplace: ad ottobre la prima comunicazione dei dati dei fornitori alle Entrate

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