Con l’ordinanza n. 8875 depositata il 4 aprile 2024, la Corte di Cassazione si sofferma ancora una volta sul trattamento fiscale da applicare alla donazione gravata da un onere. IL FATTO Nel caso di specie, Tizia, titolare di una farmacia, l’aveva donata al figlio, gravandolo, però, dell’obbligo di corrispondere al padre Caio il complessivo importo di 500.000 euro, in 10 rate annuali di 50.000 euro ciascuna. L’Agenzia delle Entrate qualificava le somme percepite da Caio quali redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ex art. 50, lett. i), del TUIR e notificava un avviso di accertamento per il recupero della relativa imposta. Impugnato giudizialmente l’avviso, il contribuente risultava soccombente in entrambi i gradi di merito e ricorreva per Cassazione affinché il giudice di legittimità accertasse che le somme a lui corrisposte dal donatario configuravano in realtà una donazione indiretta della moglie al marito. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Suprema Corte, nell’accogliere i motivi di ricorso, rileva che la donazione modale ex art. 793 c.c. è un contratto caratterizzato dalla presenza di un elemento accessorio (c.d. modus od onere), il quale può consistere: - nell’erogazione (in tutto o in parte) del bene donato per un determinato scopo; - ovvero, nel compimento di un’azione od omissione in favore del donante o di un terzo; - in ogni caso, purché il valore della prestazione di carattere economico-patrimoniale che forma oggetto dell’obbligo imposto dal disponente non sia superiore a quello della donazione stessa. Nel caso di specie, il modus consisteva effettivamente in una prestazione che il donatario (il figlio) doveva eseguire a favore di un terzo determinato (il padre). Dal lato del donatario – evidenzia la Suprema Corte – l’onere rappresenta fonte di un’obbligazione (art. 1173 c.c.), ma questo non fornisce alcuna indicazione sulla causa dell’attribuzione dal punto di vista del donante, che va verificata. Ad esempio, il donante potrebbe aver imposto al donatario di pagare una certa somma a un terzo perché aveva un debito pregresso nei suoi confronti (causa solutoria); oppure potrebbe aver voluto operare un’ulteriore attribuzione gratuita nei confronti di un terzo (causa liberale). In questo secondo caso – afferma la Cassazione – il donante usa il donatario “come sua longa manus (alla stregua di un mero ausiliario) per eseguire la prestazione o l’attribuzione oggetto dell’onere” a favore del terzo. Non sarebbe corretto, quindi, affermare (come sostenuto dall’Agenzia delle Entrate) che l’esistenza di un’obbligazione di pagamento in capo al donatario/onerato (il figlio, nel caso di specie) escluda la natura donativa di tale attribuzione, né che questa attribuzione non possa realizzare una donazione effettuata da parte della madre donante, a favore del terzo. D’altronde in ambito tributario, l’art. 58, comma 1, del DLgs. 346/90 fornisce una specifica indicazione in tal senso, quando dispone che gli “oneri da cui è gravata la donazione, che hanno per oggetto prestazioni a soggetti terzi determinati individualmente, si considerano donazioni a favore dei beneficiari”. Coerente con tale impostazione è pure l’orientamento giurisprudenziale in tema di compensazioni nel patto di famiglia (Cass. 24 dicembre 2020 n. 29506; Cass. 17 giugno 2022 n. 19561), ove si afferma che la “donazione modale avente un destinatario determinato è, dunque, considerata, dal punto di vista fiscale, come una doppia donazione, una eseguita a favore del donatario e l’altra a favore del beneficiario dell’onere”. Conclusivamente, dato che, nella fattispecie vagliata dalla Cassazione, l’animus donandi della moglie Tizia, nei confronti del marito beneficiario dell’onere, emergeva a chiare lettere dall’impugnata sentenza, ove il giudice di merito dava conto dell’intento della stessa di “riequilibrare i rapporti economici familiari, in modo da beneficiare non solo il figlio, ma anche altri membri della famiglia”, la Suprema Corte accoglie il ricorso del contribuente, escludendo la natura reddituale dell’attribuzione operata dal figlio (donatario/onerato) a favore del padre Caio e qualificandola, invece, come liberalità indiretta. La qualificazione dell’attribuzione operata con il modus quale liberalità indiretta fa sorgere il dubbio sull’operatività dell’art. 56-bis del DLgs. 346/90 che, proprio recentissimamente, i giudici di legittimità (Cass. n. 7442/2024) hanno affermato operi anche in caso di liberalità indirette emergenti da atti soggetti a registrazione (quale sarebbe la donazione modale). Il fatto stesso che nel caso di specie la contestazione delle Entrate sia nata nell’ambito dell’accertamento delle imposte sui redditi potrebbe costituire un indizio dell’operatività del meccanismo accertativo previsto dall’art. 56-bis. La pronuncia 8875/2024 non affronta espressamente il tema e, invece, cita l’art. 58 del DLgs. 346/90, che fornisce un’indicazione specifica sulle modalità di applicazione dell’imposta di donazione al modus “liberale”.