In tema di accertamento delle imposte sui redditi, la competenza territoriale dell’ufficio accertatore è determinata con riferimento al domicilio fiscale del contribuente. Tuttavia, nel caso in cui questi abbia omesso di presentare le dichiarazioni dei redditi e non abbia in alcun modo comunicato formalmente all’Amministrazione l’attuale domicilio fiscale, resta competente, per il principio dell’affidamento, l’ufficio dell’Amministrazione in relazione all’ultimo domicilio fiscale noto, in relazione all’anagrafe tributaria del Comune. Sono infatti del tutto irrilevanti a tale fine la dimora, l’assegnazione della casa coniugale e le richieste del Comune volte a sollecitare indagini patrimoniali e bancarie nei confronti del contribuente. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 23362 del 23 ottobre 2020. IL FATTO L’ufficio notificava plurimi avvisi di accertamento nei confronti di una persona fisica, che per diversi anni non aveva presentato la dichiarazione dei redditi. Il contribuente presentava diversi ricorsi, poi riuniti, che venivano accolti parzialmente. Proponeva appello per la parte rigettata e la CTR accoglieva gli atti di gravame evidenziando il difetto di competenza per territorio della Direzione provinciale che aveva emesso gli atti impositivi. Riteneva, infatti, competente altro ufficio, avendo il contribuente la propria dimora in altra provincia. In particolare, per i giudici di appello, l’incompetenza dell’Ufficio emergeva da una serie di circostanze: a) il comune nel quale dimorava il contribuente aveva chiesto alla Guardia di finanza di eseguire le indagini patrimoniale e reddituali; b) il TAR, in una pronuncia riguardante il contribuente, aveva obbligato il comune ove aveva la dimora alle prestazioni sociali agevolate; c) il comune collocato nella provincia dell’Ufficio che aveva emesso gli atti aveva rilevato la cancellazione del contribuente dal registro della popolazione per irreperibilità; d) il giudice della separazione aveva assegnato l’immobile alla moglie e ai figli, mentre al contribuente era stata assegnata la casa in cui aveva la dimora. Avverso tale statuizione l’Ufficio proponeva ricorso per Cassazione, deducendo in particolare la violazione degli articoli 31, comma 2, e 58 del D.P.R. n. 600/1973, in quanto il contribuente non aveva mai comunicato il suo spostamento a qualunque titolo in altri comuni, e dunque non aveva mia comunicato la propria variazione di residenza o di domicilio fiscale. Gli elementi fattuali contenuti in documenti di provenienza dello stesso contribuente, diversi dalla comunicazione di variazione dei propri dati, sarebbero stati irrilevanti, anche perché nell’ultima dichiarazione dei redditi presentata aveva indicato la propria residenza nel comune di competenza dell’ufficio che aveva emesso gli avvisi di accertamento impugnati. Di conseguenza l’ultima residenza nota ne aveva quindi radicato la competenza anche per il principio di buona fede e legittimo affidamento. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza impugnata. Ciò che rileva per la Suprema Corte, ai fini della competenza dell’ufficio, è il domicilio fiscale del contribuente. Pertanto, è tale elemento che determina l’attribuzione della competenza per territorio degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, e - per le persone fisiche residenti nello Stato - si identifica nel comune nella cui anagrafe sono iscritte, con l’obbligo di comunicare formalmente all’Amministrazione finanziaria ogni successiva variazione non avendo alcuna rilevanza altri elementi fattuali. Nella specie, il soggetto risultava iscritto all’anagrafe tributaria del comune rientrante nella competenza territoriale della Direzione provinciale che aveva emesso gli atti impositivi, fino a quando non è stato cancellato per irreperibilità, in uno degli anni compresi all’interno del lungo periodo in cui non aveva presentato le dichiarazioni dei redditi. Ne conseguiva che l’ultimo domicilio fiscale era proprio quello del Comune in cui risultava l’ultima iscrizione anagrafica. Il contribuente quindi non solo non aveva presentato le dichiarazioni dei redditi a decorrere da un anno d’imposta antecedente a quello in cui era stato dichiarato irreperibile, con violazione anche del principio di affidamento, ma non aveva neppure comunicato in modo formale all’Amministrazione il proprio mutamento di domicilio fiscale, che non risultava mai avvenuto, proprio per non avere presentato le dichiarazioni. Sarebbe stato necessario invece un atto indirizzato specificamente all’Amministrazione finanziaria che risultasse idoneo a rendere noto il nuovo domicilio fiscale.