Non potranno essere esaminati dal giudice del gravame i documenti irritualmente prodotti in primo grado se la parte che li ha prodotti non si sia costituta in appello. Questo è in estrema sintesi il principio espresso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 9635 del 10 aprile 2024, che si è pronunciata in ordine al tema spinoso della produzione documentale nel processo tributario. Dal provvedimento in commento emerge che la parte pubblica aveva prodotto i documenti a prova dell’avvenuta notifica dell’atto prodromico in primo grado tardivamente, ovvero oltre i limiti previsti dall’art. 32 del DLgs. 546/92. Il giudice di primo grado, tuttavia, li aveva posti alla base della sua decisione a favore della parte pubblica. Nella successiva sede di gravame, il contribuente appellante contestava detto capo della sentenza in ordine alla produzione irregolare della documentazione, ma la controparte, pure regolarmente intimata, non si costitutiva nel giudizio. Soccombente anche in appello il contribuente adiva la Suprema Corte dolendosi della violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 58 del DLgs. 546/92, per avere il giudice di appello fondato la propria decisione su una documentazione tardivamente prodotta in primo grado e neanche rinnovata in appello, pertanto, non utilizzabile nel processo. In verità, non di rado, in primo grado si assiste non solo a una tardiva costituzione in giudizio della parte pubblica (ovvero oltre i termini ritenuti ordinatori dell’art. 23 del DLgs. 546/92), ma anche ad una tardiva produzione dei documenti, cioè oltre il limite di cui all’art. 32 del DLgs. 546/92. Si rammenta che il richiamato art. 32 statuisce al primo comma che le parti possono depositare documenti fino a venti giorni liberi prima della data di trattazione dell’udienza. Essendo detto termine perentorio, la produzione tardiva (ovvero oltre il termine suddetto e/o direttamente in sede di udienza) comporta l’impossibilità di esaminare i documenti (Cass. 9 gennaio 2004 n. 138, Cass. 30 gennaio 2004 n. 1771 e Cass. 11 dicembre 2006 n. 26345). Il disposto normativo vale anche per il grado di appello. Infatti, può dirsi tendenzialmente orientamento pacifico della Cassazione quello per cui è ammessa la produzione in appello di prove documentali, anche se preesistenti al giudizio di primo grado, purché ciò avvenga entro venti giorni liberi antecedenti all’udienza ex art. 32 del DLgs. 546/92 (Cass. 24 giugno 2021 n. 18103 e Cass. 17 novembre 2022 n. 33983). Nel caso esaminato dalla Cassazione l’elemento dirimente ai fini del decisum è stato quello per cui a fronte di una produzione tardiva in primo grado dei documenti, la parte non si sia costituita in giudizio mancando, così, di provvedere al nuovo deposito entro i termini del richiamato art. 32. Secondo l’arresto a cui è pervenuta la Suprema Corte, quindi: “Il giudice di appello potrà esaminare i documenti irritualmente prodotti in primo grado solo ove la parte provveda alla tempestiva costituzione nel processo di secondo grado ed al nuovo deposito secondo le formalità di legge, mentre laddove gli stessi siano stati tardivamente ed irritualmente prodotti in primo grado (ancorché sugli stessi l’altra parte abbia interloquito) e la parte che li ha allegati in primo grado sia rimasta intimata in grado di appello, il giudice non potrà esaminarli ai fini del decidere”. Per cui stando al principio di diritto, la mancata costituzione in appello della parte che ha tardivamente prodotto in primo grado i documenti, determina la non esaminabilità dei medesimi da parte del giudice di appello. Ciò anche se la controparte abbia svolto le difese in ordine alla prova documentale resa, che, dunque non “sanano” l’illegittimo modus operandi processuale di chi vìola la legge. L’orientamento, certamente da accogliere con favore, sarà superato per effetto delle modifiche apportate dal DLgs. n. 220/2023 all’art. 58 del DLgs. 546/92. Infatti, per gli appelli notificati dal 5 gennaio 2024, il neo introdotto comma 3 all’art. 58 del DLgs. 546/92, non consente la produzione in appello di documenti che dimostrano l’avvenuta notifica di atti anche ai sensi dell’art. 14 comma 6-bis del DLgs. 546/92. Sicché, nei casi in cui il contribuente eccepisca il vizio di notifica dell’atto presupposto, la relata di notifica o l’avviso di ricevimento devono essere prodotti esclusivamente in primo grado (ovviamente nei termini dell’art. 32 del DLgs. 546/92). La ratio della norma è da ascriversi al fatto che si tratta di documenti per loro natura in possesso della parte, quindi per economia processuale ed esigenze di difesa della controparte vanno prodotti in primo grado.