La Corte di Cassazione interviene sui criteri di determinazione del requisito dimensionale ai fini dell'applicabilità della disciplina in materia di licenziamenti collettivi per cessazione dell'attività d'impresa, per la quale l'articolo 24, comma 1, della legge n. 223 del 1991 richiede che le imprese «occupino più di quindici dipendenti». La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 5240 del 26 febbraio 2020, affronta due interessanti questioni: la rilevanza del requisito dimensionale ai fini dell'applicazione del rito Fornero e il momento in riferimento al quale va determinato il predetto requisito. Quanto al primo aspetto la Corte dà seguito all'orientamento di legittimità, secondo il quale a incidere sulla applicazione del rito cosiddetto "Fornero" è l'istanza di applicazione delle tutele previste dall'articolo 18 della legge n. 300 del 1970, a prescindere dalla fondatezza delle allegazioni relative alla sussistenza del requisito dimensionale, «restando pur sempre salva la successiva verifica dell'applicabilità della tutela sostanziale ai fini del merito» (Cass. n. 30433 del 2018). Unico limite è quello delle “prospettazioni artificiose” adoperate al solo scopo di percorrere la corsia preferenziale del rito speciale; in tal caso la prospettazione attorea deve risultare, in modo evidente, «pretestuosa e artificiosamente allegata proprio al fine di operare una non consentita scelta del rito e del giudice» (Cass. n. 7182 del 2014). Quanto al secondo aspetto, la sentenza in commento ribadisce che in tema di licenziamenti collettivi il requisito dimensionale non deve essere determinato in riferimento al momento della cessazione dell'attività e dei licenziamenti, ma con riguardo alla occupazione dell'ultimo semestre. Tale criterio, previsto dall'articolo 1 della legge n. 223 del 1991, va esteso anche alla lettera della disposizione dell'articolo 24 della legge n. 223 del 1991, proprio al fine di evitare applicazioni artificiose ed elusive della norma predetta (Cass. n. 12592 del 1999 e n. 1465 del 2011)