In presenza di reati tributari per l’esecuzione del sequestro occorre verificare la presenza del fumus commissi deliciti, ossia la presenza di tutti gli elementi del reato, mediante la tecnica della sussunzione o sovrapposizione della fattispecie violata con il fatto commesso. In sede di riesame, il giudice è tenuto ad eseguire nuovamente la verifica della presunta violazione della fattispecie incriminatrice. A chiarirlo la Corte di Cassazione nella sentenza n. 41620 del 10 ottobre 2019. IL FATTO Il rappresentante legale di una società era indagato per aver commesso il reato di dichiarazione infedele, di cui all’art. 4 del DLgs 74/2000. Nelle more del processo il Gip disponeva, con decreto, l’applicazione di una misura cautelare reale. Nello specifico si trattava del sequestro preventivo diretto nei confronti della società e per equivalente verso il legale rappresentante pari al valore dell’imposta evasa. La difesa dell’imputato avanzava istanza di riesame, ma le doglianze erano respinte dal tribunale con ordinanza. Avverso tale provvedimento l’interessato proponeva ricorso in Cassazione, ove si dava atto dell’assenza di un’autonoma valutazione da parte del Tribunale del Riesame, in merito alla sussistenza di un presupposto per l’applicazione della misura cautelare: il fumus commissi delicti, ossia l’astratta sussumibilità in una determinata fattispecie di reato del fatto contestato. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del legale rappresentante. In via preliminare, i giudici di legittimità dopo essersi conformati ad un consolidato orientamento, asseriscono che per le misure cautelari reali non è necessario valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti sono disposte, risultando sufficiente solo la presenza del fumus commissi delicti, quale astratta sovrapposizione del fatto commesso alla fattispecie presuntivamente violata. Tuttavia, prosegue la Corte, è onere del Tribunale del Riesame in sede di controllo, verificare in modo puntuale e coerente tutte le risultanze processuali, dagli elementi probatori forniti dall’accusa alle confutazioni rese dalla difesa, al fine di accertare lo stato del fumus del reato contestato. La prova dell’avvenuta verifica sarà data dalla puntuale motivazione posta a corredo dell’ordinanza di rigetto della rimozione della richiesta di riesame. Nel caso di specie, il ricorrente aveva evidenziato che dalle risultanze del PVC, emergeva che in relazione ad una serie di acquisti effettuati online, non erano state considerate le provvigioni, i costi sostenuti e l’Iva a credito, al di la del meccanismo del reverse charge, che comportava un importo presuntivamente evaso inferiore alla soglia di punibilità stabilita nell’art. 4 del DLgs 74/2000. Tali eccezioni non venivano valutate in motivazione che quindi risultava apparente. Da qui l’accoglimento del ricorso.