Con l’ordinanza n. 7226 del 13 marzo 2020, la Corte di Cassazione ha chiarito che, in tema di imposte dirette, per la manutenzione straordinaria dell’immobile utilizzato dal professionista, la deducibilità è ammessa al 5%. Per l’IVA, ai fini della detrazione, la natura strumentale del bene, che non può appartenere alla categoria di beni a destinazione abitativa, deve essere valutata in concreto, accertando che lo stesso costituisca, anche in funzione programmatica, lo strumento per l'esercizio dell’attività professionale. IL FATTO Una professionista riceveva un avviso di accertamento con cui l’Ufficio recuperava a tassazione Irpef, Irap ed Iva per costi ritenuti indebitamente dedotti. Avverso l’atto impositivo il contribuente presentava ricorso adducendo la spettanza del credito correttamente indicato nella dichiarazione dei redditi ed evidenziando anche l’avvenuta notifica dell’atto di cessione all’Ufficio. La CTP accoglieva il ricorso. Avverso detta decisione veniva proposto appello da parte dell’Ufficio. Il giudice di seconde cure rigettava il gravame osservando, in conformità con le conclusioni del giudice di primo grado, che le spese straordinarie sostenute dal ricorrente per la ristrutturazione dell’immobile adibito a studio professionale di avvocato, fossero interamente deducibili in quanto l’appartamento non risultava di proprietà del contribuente che ne aveva la disponibilità a titolo di locazione e che anche ai fini Iva andasse riconosciuta la detraibilità in quanto ciò che rilevava era l’effettiva destinazione dell’immobile e non la categoria catastale. L’Ufficio ricorreva per Cassazione, lamentando che la CTR non avesse considerato che correttamente l’Ufficio aveva limitato la deducibilità al 5% delle spese per la manutenzione straordinaria dell’immobile così come previsto dall’art. 54 del D.P.R. n. 917/1986 e deducendo altresì che il giudice di appello avesse riconosciuto l’applicabilità della detrazione Iva ai fabbricati classificati come abitativi, violando così l’art. 19- bis del D.P.R. n. 633/1972. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Ufficio decidendo il rigetto del ricorso originario del contribuente. Innanzitutto la Suprema Corte chiarisce che il trattamento fiscale delle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili strumentali all’attività del professionista, prevede che tali costi incrementativi del cespite immobiliare siano deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risultante all’inizio del periodo d’imposta. Anche se il contribuente non è titolare di diritti reali sull’immobile, precisano i giudici di legittimità, tale circostanza non incide sulla disciplina delle deduzioni, in quanto la norma non distingue tra immobili di proprietà del contribuente o di terzi condotti in locazione dal professionista o utilizzati ad altro titolo. L’Ufficio aveva quindi legittimamente applicato la deduzione prevista dall’art. 54 comma 2 del D.P.R. n. 633/1972 mentre il contribuente aveva erroneamente considerato deducibili l’intero importo dei lavori. Per quanto riguarda la detraibilità ai fini Iva del fabbricato classificato come abitativo, la Corte richiamando alcuni suoi recenti arresti, chiarisce che i fabbricati che rientrano nella categoria di beni a destinazione abitativa sia prevista l’esclusione della detrazione e che la natura strumentale del bene vada valutata in concreto. Nella specie l’immobile oggetto di interventi era ad uso abitativo, era di proprietà di terzi e veniva utilizzato dal professionista senza un titolo giuridico giustificativo dell’utilizzo per l’esercizio dell’attività di impresa/professionale, pertanto non consentiva il riconoscimento dell’inerenza.