Ai fini della detrazione IMU per l’abitazione principale occorre che il contribuente, non residente anagraficamente in quell’immobile, provi che quest’ultima costituisca dimora abituale non solo propria ma anche dei suoi familiari. In questo contesto, il contribuente deve provare di aver adibito l’immobile ad abitazione principale mediante esibizione di documenti riguardanti bollette relative a consumi o contratti di utenze o altri elementi utili a superare la presunzione derivante dalla residenza anagrafica in altro comune. A fornire queste indicazioni è la Commissione tributaria provinciale di Rieti con la sentenza n. 2/2019. IL FATTO Un Comune negava l’agevolazione per l’abitazione principale ai fini IMU ad una contribuente la quale non risultava anagraficamente residente nel proprio territorio. Emetteva così avviso di accertamento per il recupero di parte dell’IMU non versata per la mancata concessione dell’agevolazione per l’abitazione principale. Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi la Commissione tributaria rivendicando, in particolare, la spettanza di tale agevolazione essendo proprietario dell’immobile adibito ad abitazione principale e di non possedere altri immobili. Riteneva peraltro irrilevante la circostanza di aver fissato la propria residenza anagrafica in altro comune per ragioni professionali. La normativa Secondo l’art. 8, comma 2, D.Lgs. n. 504/1992 ai fini ICI ed anche IMU, per abitazione principale del soggetto passivo, si intende: - salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica; - quella in cui il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente. In tal caso è ammessa una detrazione dalla imposta dovuta. Se l’unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. In base al dettato del Codice civile (art. 43) la residenza anagrafica è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale ossia il luogo in cui vive, mentre il domicilio è il luogo in cui la persona stabilisce il centro dei propri affari ed interessi. Il domicilio fiscale, invece, è un concetto inerente al diritto tributario e per le persone fisiche coincide con il comune di residenza anagrafica. LA DECISIONE DELLA CTP RIETI La Commissione tributaria adita ha ritenuto che in tema di ICI per “abitazione principale”, concetto valido anche ai fini IMU, non deve intendersi necessariamente quella di residenza anagrafica, atteso che l’art. 8, comma 2, D.Lgs. n. 504/1992 (come modificato dall’art. 1, comma 173, n. 296/2006) introduce una presunzione relativa che può essere superata dal contribuente fornendo la prova contraria circa l’effettivo utilizzo come dimora abituale del proprio nucleo familiare, anche per un periodo di tempo limitato, di altro immobile non coincidente con quello di residenza. Tale prova, atteso che la normativa non prevede alcuna limitazione, può essere offerta con qualsiasi mezzo all’uopo idoneo, secondo le regole generali. Ai fini del riconoscimento della detrazione in parola occorre quindi che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il titolare del diritto. La residenza anagrafica non è, quindi, decisiva per il riconoscimento dell’agevolazione, ma il contribuente deve provare di dimorare abitualmente - con il proprio nucleo familiare - presso l’immobile in questione. Da segnalare a questo proposito che la Corte di Cassazione ha escluso la detrazione sulla base dell'accertamento che l'immobile costituisse dimora abituale del solo ricorrente e non della di lui moglie (ordinanza n. 15444/2017). La sentenza della CTP conferma un concetto su cui la Corte di Cassazione aveva già avuto modo di esprimersi nella sentenza n. 14389/2010, nella quale la Corte formulava un importante principio in materia di ICI (e di conseguenza in materia IMU) secondo il quale l'abitazione posseduta dal contribuente poteva essere ritenuta principale soltanto se nella stessa dimoravano abitualmente sia il contribuente che i suoi familiari (cfr. sentenza 26497/2017). Nella specie, il ricorrente aveva solo allegato tale circostanza in modo generico, non dimostrando di avere adibito l’immobile ad abitazione principale nell’anno di riferimento; infatti non sono state prodotte bollette relative ai consumi, intestazioni di contratti inerenti ad utenze o a servizi dell’immobile, né elementi utili a superare la presunzione derivante dalla residenza anagrafica. Da qui la decisione di rigettare il ricorso per carenza di prova.