Con l’approvazione del D.L. n. 212/2023 il Governo da una parte si è preoccupato di salvaguardare il beneficio del 110% per i contribuenti con redditi di modesta entità, dall’altra ha introdotto numerose limitazioni al bonus relativo alle barriere architettoniche. Viene previsto un vero e proprio “giro di vite” alla cessione del credito e allo sconto in fattura con alcune limitate eccezioni la cui portata è in alcuni casi non completamente chiara. Prima del decreto Salva spese Prima dell’entrata in vigore del decreto, avvenuta il 30 dicembre 2023, il beneficio fiscale relativo agli interventi finalizzati alla rimozione delle barriere architettoniche, pari al 75% della spesa, poteva essere fruito, in alternativa alla detrazione d’imposta, nella forma della cessione del credito o dello sconto in fattura. Il beneficio fiscale è disciplinato dall’art. 119-ter, D.L. n. 34/2020, oggetto con il decreto in commento di numerose modifiche. Inoltre, in precedenza non assumeva alcuna rilevanza la data del titolo edilizio, né la data di sostenimento della spesa. Oggi, però, la situazione è radicalmente diversa. Dopo il decreto Salva spese Il legislatore ha previsto un doppio binario. Per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023 è ancora possibile fruire della cessione del credito o dello sconto in fattura. Per lo sconto in fattura il documento avrebbe dovuto essere trasmesso al Sistema di Interscambio entro la fine dell’anno 2023. Tuttavia, se la trasmissione fosse effettuata successivamente, quindi dal 1° gennaio 2024 in avanti, lo sconto sarebbe comunque legittimo in presenza delle condizioni di cui all’art. 3, comma 3 del decreto, determinanti ai fini dell’applicazione della specifica clausola di salvaguardia. Se si tratta di interventi per i quali è necessaria la richiesta di titolo abilitativo e la richiesta del titolo è precedente al 30 dicembre 2023, è comunque possibile fruire dello sconto in fattura o della cessione del credito. Quando si applicano le deroghe Le maggiori incertezze riguardano, l’ambito di applicazione delle deroghe al divieto dello sconto o della cessione del credito. Infatti, è ancora possibile esercitare l’opzione per i lavori su parti comuni di edifici a prevalente destinazione abitativa. I dubbi più rilevanti riguardano la previsione di cui alla successiva lettera b). In tale ultima ipotesi possono ancora fruire della cessione del credito o dello sconto in fattura le persone fisiche, in relazione ad interventi su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari. Sulla base di un’interpretazione letterale della disposizione, l’espressione “unità abitative site in edifici plurifamiliari” non deve intendersi riferita esclusivamente agli immobili indipendenti. Infatti, dalla lettura dell’art. 119 del D.L. n. 34/2020 tutte le volte in cui il legislatore ha inteso fare riferimento a tale categoria di immobili ha utilizzato tale espressione. Il legislatore ha così inteso fare riferimento ai lavori finalizzati alla rimozione delle barriere architettoniche all’interno della propria unità abitativa, quindi anche se non indipendente. In tal caso, per fruire della cessione del credito o dello sconto in fattura il beneficio fiscale deve essere richiesto unicamente dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale. Il beneficio fiscale non può quindi essere fatto valere dal conduttore o dal comodatario ancorché autorizzato ad effettuare l’intervento da parte del proprietario stesso, salvo che nella forma della detrazione d’imposta. Inoltre, l’unità immobiliare deve essere utilizzata quale abitazione principale e il contribuente deve avere un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro determinato tenendo conto del c.d. quoziente familiare, quindi avendo riguardo alla composizione del nucleo familiare medesimo. La norma, però, precisa che il requisito reddituale non troverà applicazione qualora nel nucleo familiare sia presente un componente colpito da un handicap grave certificato secondo le disposizioni di cui alla legge n. 104/1992.