Si riaccende la piattaforma dell'Agenzia delle Entrate sui contributi a fondo perduto. I contributi della nuova edizione valgono quasi 2,5 mld di euro e coinvolgeranno una platea di 460.000 soggetti; di cui 141.000 nuovi destinatari dovranno inoltrare l’istanza all’Agenzia e 320.000 partite IVA che, essendo già presenti nel data base dell'Agenzia, riceveranno in automatico i contributi raddoppiati, o anche, in alcuni casi, quadruplicati. L’indennizzo minimo è pari a 1.000 euro per le persone fisiche e a 2.000 euro per le imprese, il massimale è invece di 150.000 euro; tetto che, per gli operatori con codice ATECO 55 (ad esempio, gli alberghi), si riferisce alle singole unità produttive. Un successivo provvedimento specifico del direttore dell'Agenzia delle Entrate si occuperà di fissare i termini per la presentazione delle domande per coloro i quali, tra giugno e agosto, non avevano inoltrato l’istanza. La procedura La procedura è analoga a quanto previsto per il decreto Rilancio. Si presenta domanda all’Agenzia delle Entrate, esclusivamente in via telematica, utilizzando i modelli approvati il 10 giugno 2020. Non sono previsti ulteriori passaggi attuativi per la presentazione dell’istanza. Per il calcolo del contributo bisogna applicare dei coefficienti di indennizzo del 400%, 200%, 150% e 100% da utilizzare come moltiplicatori rispetto a quanto è stato erogato a fondo perduto in base al decreto Rilancio. Il decreto Ristori dettaglia a quale coefficiente fare riferimento collegandolo al codice ATECO del beneficiario del provvedimento. Per procedere al calcolo bisogna basarsi sulla perdita di fatturato di aprile e sul totale dei ricavi 2019. Il meccanismo per la quantificazione del contributo da seguire è il seguente: - le partite IVA con fatturato 2019 fino a 400.000 euro devono prima calcolare il 20% della perdita di fatturato registrata ad aprile 2020. Sul dato ricavato bisognerà applicare la percentuale prevista dal decreto Ristori per la categoria di riferimento; - per le imprese con fatturato 2019 fra 400.000 e 1 milione di euro e con fatturato 2019 fra 1 e 5 milioni di euro il meccanismo è analogo. Il primo cluster deve prima calcolare il 15% delle perdite registrate, mentre per le imprese fino a 5 milioni calcoleranno il 10% della perdita di fatturato e sulla quale poi verrà utilizzato, come moltiplicatore, il coefficiente individuato nel decreto Ristori afferente alla specifica attività imprenditoriale; - per le imprese con fatturato superiore ai 5 milioni di euro l’indennizzo è sempre pari al 10% della perdita di fatturato di aprile 2020. Esempi di calcolo Ipotizziamo di analizzare il caso di un’attività che: - nel 2019 ha registrato 350.000 euro di fatturato; - ad aprile 2020, a causa della pandemia non ha prodotto alcun fatturato; - ad aprile 2019 aveva incassato 30.000 euro. Il meccanismo parte dal calcolo del 20% sull’intero fatturato di aprile 2019, ovvero 6.000 euro. Quest’ultima è la somma spettante in forza della misura contenuta nel decreto Rilancio. Per calcolare il nuovo indennizzo bisognerà, quindi, applicare i nuovi coefficienti individuati nel decreto Ristori per codice ATECO. Nel caso in cui l’attività oggetto dell’esempio abbia: - Codice ATECO 932910 (Discoteche, sale da ballo night-club e simili), l’indennizzo sarà pari a 24.000 euro (il 400% di 6.000 euro); - Codice ATECO 591400 (Attività di proiezione cinematografica), l’indennizzo sarà pari a 12.000 euro (il 200% di 6.000 euro); - Codice ATECO 561030 (Gelaterie e pasticcerie), l’indennizzo sarà pari a 9.000 euro (il 150% di 6.000 euro). Il meccanismo di calcolo, analogo per tutte le fasce di ricavi, è semplificato per chi ha registrato un fatturato oltre i 5 milioni di euro nel 2019 perché, in questo caso, il contributo sarà sempre pari al 10% della differenza dei ricavi fra aprile 2019 e aprile 2020. L’entità dei ristori L’entità delle somme, che secondo le stime dell’Esecutivo dovrebbero arrivare sui conti correnti entro metà novembre, dipende, come si evince dall’esemplificazione di calcolo esposta, dalle performance storiche delle singole imprese rapportate a un preciso periodo: aprile 2019 e aprile 2020. Questa scelta, che aiuta innegabilmente a velocizzare i tempi dei pagamenti, si fonda però su un approccio “puntuale” e “storico” e non di flusso, ovvero, non “ripara” alle perdite di cash flow generate nell’intervallo tra la prima e la seconda ondata ed è indubbiamente insufficiente a coprire le prevedibili future perdite. È ovvio però che la pandemia ha colpito in modo differenziato, a seconda della specificità dell’impresa, e in modo variabile per tutto l’intervallo di tempo che intercorre dal primo blocco delle attività al secondo quasi-lockdown e prevedibilmente, purtroppo, continuerà, con gradazioni diverse, a farlo anche nei prossimi mesi. Secondo le prime stime diffuse, rispetto alla copertura “potenziale” delle perdite, il ristoro copre, in rapporto al fatturato medio mensile 2019, circa il 38%, per esempio, di una pasticceria e poco più del 50% per un ristorante. In rapporto al fatturato annuale, la somma degli aiuti di primavera e di oggi si attesta, secondo le prime stime diffuse, fra il 5 e il 7% del fatturato a seconda della natura dell’attività. Il sostegno erogato con il decreto Rilancio ha ovviato solo parzialmente al danno subito nel “singolo mese” di aprile 2020 secondo una logica puntuale che, vista l’esiguità media dell’erogazione, è insufficiente a ristorare dalle perdite di entrate subite da ciascuna imprese nei mesi successivi. Il secondo tempo del fondo perduto, seppur con coefficienti raddoppiati, prevede ancora una volta un ristoro, solo per un mese, puntuale per perdite proiettive. Settori coinvolti Il decreto definisce i settori conviti dando una “prima indicazione” nelle tabelle allegate escludendo, ancora una volta, i professionisti iscritti alle casse private, lasciando però fortunatamente la possibilità ai Ministeri dello Sviluppo economico e dell'Economia con propri decreti di individuare, anche successivamente, ulteriori codici ATECO per ampliare gli ambiti di attività aventi diritto al beneficio. La condizione dettata nel comma 2 dell’art. 1 presuppone, infatti, genericamente che potranno “essere individuati ulteriori codici ATECO riferiti a settori economici aventi diritto al contributo, ulteriori rispetto a quelli riportati nell’allegato uno al D.L. n. 137/2020, a condizione che tali settori siano stati direttamente pregiudicati dalle misure restrittive. In forza di quanto previsto dal comma 2 dell’art. 1, nonostante la proroga incassata con l’art. 10 del termine per la presentazione del modello 770, bisogna porre i riflettori sullo stato in cui versano gli studi professionali e quindi reclamare l’aggiornamento dei codici ATECO prevedendone l’inclusione. Le professioni ordinistiche sono escluse dal contributo anche se è innegabile siano un comparto “pregiudicato dalle misure restrittive”; gli studi professionali a causa della pandemia economica stanno collassando sia per la densità di scadenze di fine mese sia per la complessità di gestione dei bonus e degli ammortizzatori sociali, ma anche, ed è bene sottolinearlo, perché con il dilagare dei casi positivi si registra un numero sempre crescente di collaboratori e colleghi in isolamento fiduciario. Il Covid colpisce (e duramente) anche gli studi professionali, che pur essendo “partite IVA”, continuano però ad essere ignorati dalla rete di salvaguardia messa in atto da bonus e aiuti di Stato. Settori “direttamente” pregiudicati dalle misure restrittive: un esempio Per meglio comprendere le gradazioni sottese nel concetto di “settori siano stati direttamente pregiudicati dalle misure restrittive”, contenuto nel richiamato comma 2 dell’art. 1, poniamo il caso del tanto discusso comparto della ristorazione e prendiamo a riferimento le stime di Coldiretti che ci raccontano che sei italiani su 10, almeno una volta al mese, normalmente mangiano la sera fuori casa. Un rapido e semplice calcolo ci consente di stimare le perdite che potrebbero derivare dai nuovi limiti di orario stabiliti dal D.P.C.M. 24 ottobre 2020, che impongono al comparto della ristorazione la chiusura alle 18. Sarebbe un errore però, a questo punto, concentrarsi semplicisticamente solo sul crollo di clientela relativo al codice ATECO dell’ultimo tassello della filiera poiché è presumibile che le perdite raggiungeranno l’intera filiera agroalimentare, dai campi alle tavole. Il comparto della ristorazione coinvolge circa 330.000 tra bar, mense e ristoranti lungo la Penisola, ma anche “indirettamente” 70.000 industrie alimentari e 740.000 aziende agricole impegnate a garantire le forniture dell’ultimo tassello del codice ATECO. L’analisi appena esposta può essere facilmente estesa a molti comparti compreso quello delle libere professioni. È piuttosto evidente che se la pandemia morde settori “direttamente pregiudicati dalle misure restrittive” contagia “indirettamente” anche tutto l’indotto che li sostiene ivi compreso quello delle professioni ordinistiche. Le limitazioni alle attività di impresa devono dunque prevedere un adeguato sostegno economico, pertanto, a ciò che appare (semplicisticamente) solo “indirettamente” legato alle ultime misure restrittive. I bonus una tantum, seppur incrementati in questo secondo tempo del fondo perduto, hanno il fiato corto; è necessario pensare a misure maggiormente strutturate e armonizzate che muovano anche verso il taglio del costo del lavoro. Per arginare le perdite e contrastare la pandemia economica, gli aiuti e i vari bonus andrebbero coordinati. Il cash back, nel più ampio piano (tanto caro all’Esecutivo) del cash less, dovrebbe agire, ad esempio, con coefficienti differenziati per comparto e un premium price dedicato a incentivare l’acquisto di prodotti e servizi maggiormente colpiti dalla pandemia e per contrastare l’evasione fiscale.