Dal verbale di accesso, il countdown che garantisce il contraddittorio

Se tra la data di consegna del verbale di accesso nei locali della società e l’emissione dell’avviso di accertamento sono trascorsi almeno sessanta giorni, il contribuente non può eccepirne la nullità per mancata osservanza del contraddittorio. Terminata l’attività di controllo, l’ufficio non è obbligato alla redazione di un processo verbale di constatazione. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 12094 dell’8 maggio 2019. IL FATTO La vicenda processuale portata all’attenzione della Corte suprema prende spunto da un’attività istruttoria consistente in un accesso mirato, operato dall’ufficio, nei confronti di una società nei locali di sua pertinenza. All’esito di detto controllo, l’Agenzia emetteva un avviso di accertamento con il quale venivano recuperati costi non inerenti relativi all’anno d’imposta 2002. Avverso detto atto impositivo, la società verificata proponeva ricorso in Ctp il cui esito si risolveva favorevolmente per la contribuente. L’ufficio interponeva appello in secondo grado, le cui eccezioni venivano accolte dai giudici della Ctr della Lombardia ritenendo che, nel caso di specie, non fosse necessaria la redazione di un verbale di chiusura delle indagini non essendo stata compiuta alcuna attività di controllo; il conseguente avviso di accertamento era stato correttamente notificato dall’Agenzia dopo il decorso del termine di sessanta giorni dalla chiusura del verbale di accesso; nel merito, le fatture, oggetto di contestazione, non riportavano la natura, qualità e quantità beni scambiati o prestati di talché non era stato possibile, da parte dell’ufficio, operare un controllo circa l’inerenza dei componenti negativi portati in deduzione. La società ha proposto ricorso per Cassazione affidando le sue doglianze a tre motivi di impugnazione, a fronte dei quali l’Agenzia resisteva con controricorso. In estrema sintesi, la società lamentava la violazione dell’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000 in tema di corretta instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale prima dell’adozione di un atto che rechi una pretesa impositiva. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE I giudici di piazza Cavour, con la pronuncia in commento, hanno ritenuto infondate le eccezioni sollevate dalla ricorrente richiamando, in via preliminare, i principi elaborati dalla Cassazione in ordine alla non sussistenza, in capo all’Amministrazione, di un obbligo di redazione di un processo verbale di constatazione al termine di una attività di controllo; è sufficiente un verbale che attesti lo svolgimento delle operazioni ivi adempiute (cfr Cassazione, pronuncia n.16546/2018). In ordine, poi, alla tematica del rilievo di infrazioni di norme tributarie (nel caso di specie, in materia di Iva), la Cassazione ha più volte affermato che il pvc (articolo 24 della legge 7/1929) costituito in occasione di verifiche presso il contribuente, può agevolmente riportare una pluralità di contenuti, di varia natura, da veicolare nell’ambito dell’attività amministrativa di controllo ovvero può costituire materia di giudizio in sede contenziosa. Pertanto, quel che rileva non è tanto la natura delle operazioni compiute in sede di controllo fiscale quanto, come nel caso di specie, la mera acquisizione documentale che ha permesso all’ufficio, in un secondo momento, di concludere la propria verifica “a tavolino” e non presso la sede della società accertata. Di conseguenza, il termine di sessanta giorni per il deposito di osservazioni e memorie da parte del contribuente, come previsto dall’articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, decorre, nella fattispecie, dalla consegna del verbale di chiusura delle operazioni (cfr Cassazione, n. 15010/2014). I motivi di ricorso prospettati dalla contribuente hanno permesso ai giudici di puntualizzare e delineare gli elementi propri dell’attività di ispezione, verifica e controllo da parte degli uffici, i quali contemperano, da un lato, la possibilità, riconosciuta all’Amministrazione, di concludere le proprie operazioni attraverso la redazione di un processo verbale di acquisizione documentale e, dall’altro, di mitigare tale potestà impositiva (“…autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutati a suo sfavore” come definita da Cassazione n. 11471/2017; cfr anche nn. 8110/2016, 25265/2017 1007/2017 e 8246/2018) attraverso il riconoscimento, a favore del contribuente, della facoltà di fornire osservazioni e chiarimenti nel termine di sessanta giorni dalla consegna o notifica del predetto verbale. Detto orientamento risulta sostanzialmente in linea con la giurisprudenza Ue in materia di rispetto del principio del contraddittorio endoprocedimentale nell’ipotesi, come nel caso di specie, di rilievi attinenti tributi “armonizzati”. Sul punto, l’ordinanza in commento ha sconfessato il richiamo, operato dalla controparte, alla sentenza della Corte di giustizia Ue 12/12/2008 (causa C.349/07 Sopropè) in quanto, in quella sede, i giudici comunitari se è pur vero che hanno imposto agli Stati membri di prevedere, all’interno degli ordinamenti nazionali, l’obbligo del contraddittorio preventivo al fine di tutelare, nella massima misura, i soggetti destinatari di azioni impositive da parte delle singole autorità finanziarie, d’altro canto hanno precisato che tale diritto viene assicurato ogni qualvolta venga riconosciuto un termine dilatorio, in favore del contribuente, entro il quale egli possa concretamente esercitare il proprio diritto di difesa con la produzione di memorie, dichiarazioni o documenti probatori integrativi. Non da ultimo, i supremi giudici, con la pronuncia de qua, hanno rigettato anche l’eccezione, sollevata dalla ricorrente, di una presunta lesione del principio di tutela del legittimo affidamento, maturato, secondo l’interpretazione del contribuente, in sede di accesso, da parte dell’ufficio, nell’ambito del quale i funzionari avevano correttamente evidenziato la possibilità di depositare, in un momento successivo, dichiarazioni e/o atti o documenti che potessero completare il controllo della posizione fiscale del soggetto verificato. Alla luce delle considerazioni appena svolte, in linea generale, i principi governanti, nel caso di specie, il bilanciamento di contrapposti interessi – dell’ufficio sulla regolarità fiscale dei contribuenti, a tutela della normativa tributaria e dei soggetti sottoposti a verifica di poter pienamente esercitare i diritti costituzionalmente e normativamente loro riconosciuti, in primis quello di difesa – risponde a un’evoluzione naturale del sistema tributario verso opzioni “partecipative” nelle quali le potestà impositive degli uffici devono trovare un necessario contemperamento nel riconoscimento concreto dell’esercizio al diritto al contraddittorio.

Dal verbale di accesso, il countdown che garantisce il contraddittorio

L’ispezione può esaurirsi nel reperimento di documentazione da utilizzare per concludere un’indagine a “tavolino” e non presuppone, necessariamente, la formazione di un pvc

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