Il punto di partenza, da cui muove l’intervento governativo, è la consapevolezza che, una volta esauritisi gli effetti dei provvedimenti economici di sostegno, che hanno mitigato gli effetti del Covid-19, saranno molte le imprese, soprattutto medio-piccole, non più in grado di garantire la continuità aziendale (con irreversibili effetti economici sul Sistema Paese). Beninteso, questi rinvii non toccano la cornice giuridica delle norme quadro del Codice della crisi d’impresa, che furono pensate per facilitare il ricorso alle soluzioni negoziate ed agli strumenti alternativi al fallimento, come ad esempio la convenzione di moratoria, che permette all’imprenditore di accordarsi con i creditori per dilazionare scadenze e impegni, o l’estensione dell’efficacia degli accordi di ristrutturazione a tutti i creditori non aderenti. Queste nuove norme, contenute negli artt. 20 e ssg. del D.L. n. 118/2021, sono operative dall’entrata in vigore del decreto legge, e, quindi, già dallo scorso 25 agosto. Nuovi benefici per i debitori con efficacia immediata I benefici per i debitori introdotti dalla norma novellata, per le procedure in corso di esecuzione, od anche in istruttoria, sono molteplici, vediamoli qui in breve: - legittimazione al pagamento delle retribuzioni per mensilità antecedenti al deposito della domanda (di Concordato e ADR) ai lavoratori di cui è prevista la continuazione, nonché il rimborso alla scadenza delle rate di mutuo con garanzia reale su beni dell’impresa (art. 182-quinquies); - introduzione degli ADR ad efficacia estesa ed agevolati, e della convenzione di moratoria, nonché la disciplina di applicazione degli effetti degli ADR ai coobbligati e soci illimitatamente responsabili (artt. 182-septies -182-decies). Per i piani di concordato in continuità presentati dopo il 25 agosto 2021, inoltre, è esteso a 2 anni dall’omologazione il termine di moratoria ex art. 186-bis comma 2 lett. c) del R.D. n. 267/42. Inoltre, dal 25 agosto al 31 dicembre 2021, il termine per la domanda di concordato in bianco è compreso fra 60 e 120 giorni, anche quando penda il procedimento per la dichiarazione di fallimento, ed è prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre 60 giorni. È già operativa, poi, la modifica all’art. 9, comma 5-bis del D.L. n. 23/2020, che consente al debitore, il quale entro il 31 dicembre 2022 abbia ottenuto la concessione dei termini di cui all’art. 161 comma 6 o all’art. 182-bis comma 7 Legge Fallimentare, di rinunciare alla domanda entro i suddetti termini, dichiarando di avere predisposto un piano ex art. 67 comma 3 lett. d) del R.D. n. 267/42 pubblicato nel Registro delle imprese e depositando la documentazione della pubblicazione. Quanto, poi, alle procedure in corso di esecuzione, per effetto della norma novellata, sono improcedibili, fino al 31 dicembre 2021, i ricorsi per la risoluzione del concordato, e quelli per la dichiarazione di fallimento proposti nei confronti di imprenditori che abbiano presentato domanda di concordato, ex art. 186-bis del RD 267/42, omologato dopo il 1° gennaio 2019. Concordato in continuità: c’è più tempo per pagare i privilegiati Quale esito del comune sentire da parte degli operatori del Diritto concorsuale, a fronte delle difficoltà di adempimento incontrate, per motivi straordinari e contingenti nell’esecuzione dei Piani approvati, ed in perfetta continuità con le misure urgenti precedentemente adottate e prorogate dal Governo nazionale, viene quindi prorogata da uno a due anni la moratoria per pagare i creditori assistiti da privilegio. E’ poi riconosciuta, una maggior tutela dei crediti di lavoro ed una moratoria dei crediti privilegiati nel concordato. Il quinto comma dell’articolo 182 quinquies della legge fallimentare, infatti, consentiva già nel concordato preventivo, con l’autorizzazione del Tribunale, il pagamento di debiti anteriori se essenziali per la prosecuzione dell’attività e funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori. E’ ora possibile, sempre su autorizzazione del Tribunale, il pagamento delle retribuzioni dovute per le mensilità antecedenti al deposito della domanda di concordato ai lavoratori addetti all’attività di cui è prevista la continuazione. Le misure che anticipano la Direttiva insolvency Con apprezzabile tempismo, le norme anticipano, almeno in parte, la messa in opera dell’art. 6, par. 5 della Direttiva insolvency (1023/2019), che non consente la sospensione delle azioni esecutive per quanto concerne le retribuzioni dei lavoratori, se non nel caso in cui il loro pagamento sia altrimenti garantito con un livello di tutela analogo, si rende in ogni caso legittimo tale pagamento anche senza l’autorizzazione del Tribunale. Crediti privilegiati: prorogata la moratoria Come già cennato, con la modifica dell’art. 186 bis della L. F. (portando a due anni nel concordato preventivo in continuità il termine per la moratoria per il pagamento dei creditori assistiti da privilegio, pegno ed ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni oggetto della prelazione) si cerca di evitare che la prosecuzione dell’impresa sia ostacolata dalla necessità di liquidare immediatamente i beni per soddisfare i creditori che vantano una garanzia sui medesimi. Già l’art. 13, comma 2, del decreto correttivo del Codice della crisi (D.lgs. 147/2020) aveva, peraltro, elevato il termine a due anni, ritenendosi che un anno di moratoria fosse insufficiente. La modifica viene ora anticipata ed inserita, con effetto su Legge fallimentare. Creditori senza diritto di voto: qualche criticità di coordinamento A differenza di quanto previsto dal Codice della crisi d’impresa, viene mantenuta la previsione che i creditori non abbiano diritto di voto, nonostante la moratoria, per la differenza tra il loro credito maggiorato degli interessi e il valore attuale dei pagamenti previsti nel piano. Tale misura dovrà essere riesaminata per adeguarla alla nuova disciplina del voto prevista dall’art. 9 della Direttiva Insolvency (1023/2019), che, invece, riconosce il diritto di voto a tutte le parti interessate, ovvero quei creditori «sui cui rispettivi crediti o interessi incide direttamente il piano di ristrutturazione» (articolo 2, paragrafo1, n. 2) e, quindi, in questo caso, la moratoria. Accordi estesi per i soli casi di prosecuzione dell’attività aziendale Quanto alle negoziazioni del debito in corso tra debitore e creditori, l’entrata in vigore (dal 25 agosto) del D.L. n. 118/2021, offre diverse opzioni che consentono di approcciare la soluzione della crisi con nuovi strumenti ed affinamento di quelli esistenti. Rimandando l’analisi del nuovo Istituto concorsuale della negoziazione assistita, per la quale occorrerà attendere l’entrata in vigore del relativo decreto attuativo, le imprese attualmente interessate a processi di ristrutturazione possono optare per una versione decisamente ampliata e rinnovata degli accordi di ristrutturazione dei debiti (ADR), cosiddetti ad efficacia estesa. Il nuovo testo dell’art. 182-septies della legge fallimentare (introdotto dall’art. 20 del D.L. n. 118/2021) propone specularmente il richiamo dal Codice della crisi d’impresa, nelle disposizioni contenute, che estendono l’ambito di applicazione degli accordi ad efficacia estesa, con la differenza che nella norma originaria essi erano utilizzabili pressoché esclusivamente nel caso in cui i creditori fossero rappresentati da intermediari finanziari. Gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, nella versione innovata dal Decreto, prevedono invece, nei soli casi di prosecuzione dell’attività aziendale, in via diretta o indiretta, che gli effetti dell’accordo di ristrutturazione siano, per l’appunto, estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell’omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici. Questa norma, che in precedenza era destinata ai soli creditori rappresentati da banche ed intermediari finanziari, oggi si può invece applicare anche ai fornitori ed alle altre categorie di creditori (ad esempio gli Enti pubblici). Avremo, quindi, che, che l’imprenditore in crisi potrà far aderire i propri fornitori ad una determinata proposta (moratoria e/o stralcio e/o attribuzione di strumenti finanziari partecipativi) anche se non tutti saranno favorevoli alla proposta. Per ciò sarà necessario (e sufficiente) che i fornitori aderenti siano almeno pari al 75% del totale della relativa categoria, e che sia prevista per essi una soddisfazione in misura non inferiore rispetto a quella derivante dalle alternative concretamente praticabili. I fornitori non aderenti, ancorché informati, che sia stati invitati a negoziare e dotati del necessario compendio di informazione necessarie all’espressione del voto, subiranno, nel caso, gli effetti dell’accordo anche se dissenzienti. Una nuova soluzione ibrida di adempimento per gli ADR in continuità aziendale Quindi, nei casi di continuità aziendale si potranno trasformare gli accordi di ristrutturazione, in veri e propri concordati semplificati ma del particolare tipo a maggioranza rafforzata; invece del 50% più uno dei creditori, qui si avrà il 75%, ma senza la necessità di depositare alcun concordato (quindi senza effetti protettivi ed impatto sulla catena dei fornitori, la c.d. supply chain, e sugli affidamenti in genere), ed a maggior valore aggiunto, senza il controllo del Tribunale e del Commissario giudiziale. Tutto si baserà sulla negoziazione tra debitore e creditori, e sulla relazione dell’attestatore, mentre il Tribunale interverrà solo in sede di omologazione. Un’opzione decisamente interessante, che si applica già agli accordi di ristrutturazione attualmente in corso di negoziazione, e che potrà consentire notevoli risparmi finanziari ai debitori. Basti pensare che, prima d’ oggi, ogni volta che un creditore non bancario non aderiva agli accordi, doveva essere pagato per intero nei 120 giorni dalla scadenza del credito ovvero dalla omologazione. Ora, se il 75% dei creditori della sua categoria saranno d’accordo, questi pagamenti potranno essere evitati, estendendo ai dissenzienti il trattamento previsto per gli aderenti. Nel caso di accordi liquidatori con creditori anche non bancari rimane, invece, il precedente meccanismo di gestione dei creditori estranei e non aderenti previsto dall’art. 182-bis della legge fallimentare, che richiede maggiori risorse finanziarie a parità di proposta.