La legge delega di riforma fiscale (legge 9 agosto 2023, n. 111, recante “Delega al Governo per la riforma fiscale”) ha previsto, all’art. 20, una serie di principi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale, per il riordino del sistema sanzionatorio in materia di accisa e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi e in materia doganale. Tra le varie modifiche intervenute con il D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87, attuativo della legge delega, spicca quella relativa alla specificazione della differenza tra crediti fiscali “inesistenti” e quelli “non spettanti”. Detta precisazione ha indotto il legislatore a modificare sia il D.Lgs. n. 74/2000, recante la disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sull’IVA, sia il D.Lgs. n. 471/1997, che tratta delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di IVA e di riscossione dei tributi. Crediti inesistenti e non spettanti: le definizioni L’art. 1 del D.Lgs. n. 87/2024, al comma 1, lettera a), introduce all’art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 74/2000, la definizione di crediti inesistenti (nuova lettera g-quater) e di crediti non spettanti (nuova lettera g-quinquies). Nello specifico, la disposizione prevede che per crediti inesistenti si intendono: 1) i crediti per i quali mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento; 2) i crediti per i quali i requisiti oggettivi e soggettivi di cui al n. 1) sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici: I crediti non spettanti sono individuati come: 1) i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento; 2) i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito; 3) i crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza. La distinzione tra crediti non spettanti ed insistenti ha dato adito negli ultimi anni a contrasti giurisprudenziali con particolare riferimento alla giurisprudenza di legittimità. Con la sentenza n. 34419 depositata l'11 dicembre 2023, le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte, si sono pronunciate, stabilendo che in materia di compensazione di crediti o eccedenze di imposta da parte del contribuente il credito utilizzato è inesistente, quando ricorrono entrambe le seguenti condizioni: - il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi ovvero quando è pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo; - l'inesistenza non è riscontrabile con i controlli automatizzati di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e all’art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972. Negli altri casi il credito deve considerarsi come non spettante. La questione era rilevante, in ambito tributario, con riferimento all’individuazione del termine per l’accertamento fiscale. Secondo l’orientamento giurisprudenziale meno recente e maggioritario non sussisteva una differenza tra le due fattispecie e quindi, per entrambe, il termine di accertamento era quello pari a 8 anni fissato dall’art. 27, comma 16, D.L. n. 185 del 2018. Con l’inserimento dell’art. 38-bis nel D.P.R. n. 600/1973, per effetto dell’art. 1, comma 2, lettera b), del D.Lgs. n. 13/2024, non sussiste più il dubbio con riguardo al termine per l’accertamento. Infatti, l'atto di recupero emesso per la riscossione di crediti non spettanti o inesistenti utilizzati in compensazione deve essere notificato, a pena di decadenza, rispettivamente entro il 31 dicembre del quinto anno e dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo. Si osserva che, per la notifica dell’atto di recupero, rileva il “relativo utilizzo” del credito non spettante o inesistente mentre, in passato, si riteneva il termine ordinario fosse il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Correlato all’intervento attinente alle sanzioni penali sopra evidenziato, è quello previsto dall’art. 2, comma 1, lettera l), del D.Lgs. n. 87/2024, che ha modificato l’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997, concernente l’applicazione delle sanzioni amministrative per l’utilizzo di crediti non spettanti o inesistenti. Una prima modifica determina una lieve riduzione dal 30% al 25% delle sanzioni per chi non esegue, in tutto o in parte, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione. Al fine di evitare confusioni sull’individuazione dei crediti non spettanti o inesistenti sotto il profilo amministrativo, vengono riprese le definizioni sopra esaminate previste per le sanzioni penali tributarie. Sino al 31 agosto 2024, le sanzioni riguardanti l’indebita compensazione di imposte erano dal 100% al 200% per i crediti inesistenti e del 30% per quelli non spettanti. Dal 1° settembre 2024, per effetto delle modifiche, le sanzioni sono state modificate in tal senso: - nel caso di utilizzo di un credito non spettante, si applica, salvo diverse disposizioni speciali, la sanzione pari al 25% del credito utilizzato in compensazione. La sanzione si applica anche quando il credito è utilizzato in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi non previsti a pena di decadenza e le relative violazioni non sono state rimosse, entro i termini stabiliti dal comma 4-ter inserito nel citato art. 13. In questo caso, si applica la sanzione di 250 euro quando il credito è utilizzato in compensazione in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi di carattere strumentale, sempre che siano rispettante entrambe le seguenti condizioni: a) gli adempimenti non siano previsti a pena di decadenza; b) la violazione sia rimossa entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi relativa all'anno di commissione della violazione, ovvero, in assenza di una dichiarazione, entro un anno dalla commissione della violazione medesima; - nel caso di utilizzo di un credito inesistente, si applica la sanzione pari al 70% del credito utilizzato in compensazione. Si segnala, infine, che al medesimo art. 13 viene aggiunto un comma 5-bis. Ai sensi di tale nuovo comma, qualora i fatti materiali posti a fondamento del credito inesistente utilizzato in compensazione per il pagamento delle somme dovute siano oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici, la sanzione è aumentata dalla metà al doppio Decorrenza Le nuove disposizioni riguardanti le sanzioni amministrative si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024, ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 87/2024. Ne deriva un doppio regime nello stesso periodo d’imposta: l’indebita compensazione di imposte eseguita fino al 31 agosto 2024 con crediti inesistenti o non spettanti, comporta l’applicazione delle precedenti disposizioni sanzionatorie mentre, per le stesse violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024 si applicheranno le nuove sanzioni. Ancora, eventuali violazioni che attengono alla dichiarazione IVA trasmessa entro il 30 aprile 2024, saranno sanzionate secondo le regole precedenti in quanto spedita prima del 31 agosto 2024. Al contrario, per le violazioni relative alla dichiarazione dei redditi del periodo d’imposta 2023, che sarà trasmessa entro il 31 ottobre 2024, si applicherà il nuovo regime sanzionatorio. In merito alle sanzioni penali tributarie, invece, vi è un’applicazione immediata delle nuove disposizioni, con decorrenza a partire dal 29 giugno 2024, ossia giorno successivo a quello di pubblicazione del D.Lgs. n. 87/2024 sulla Gazzetta Ufficiale. Ne deriva che, per i reati concernenti l’indebita compensazione di crediti inesistenti o non spettanti, valgono le nuove disposizioni anche per il passato se più favorevoli al contribuente.