Le obiettive difficoltà di accertamento dei rapporti di lavoro agricolo e le esigenze antielusive fanno emergere la ragionevolezza delle disposizioni vigenti che determinano i contributi sulla base della stima delle giornate lavorate, in mancanza di una individuazione dei lavoratori effettivamente impiegati. È quanto si afferma nella sentenza n. 121 del 17 maggio 2019 (relatrice Silvana Sciarra), con la quale la Corte costituzionale ha risolto i dubbi di legittimità prospettati dalla Corte d'appello di Roma. Secondo la Consulta, l'accertamento dei contributi previdenziali agricoli basato non più su criteri presuntivi, ma sulla stima tecnica del fabbisogno di manodopera dell'azienda (previsto dall'articolo 8, comma 3, del decreto lgs. n. 375/1993, con successive modifiche) non pregiudica la tutela previdenziale dei lavoratori e non viola i principi di uguaglianza e di ragionevolezza. Nella sentenza si afferma la piena compatibilità tra l'imposizione dei contributi per il maggior numero di giornate determinate mediante valutazioni tecniche (quali sono l'ordinamento colturale dei terreni, il bestiame allevato, i sistemi di lavorazione praticati da ciascuna azienda, anche sulla scorta di consuetudini locali) e la tutela previdenziale. Nel caso in esame, tra l'altro, l'esito è un rafforzamento del sistema previdenziale. La Corte ha infine escluso che il sistema di accertamento denunciato violi l'articolo 3 della Costituzione. Infatti, la determinazione del fabbisogno di manodopera in relazione agli elementi distintivi di ciascuna azienda agricola non comporta disparità di trattamento. Il sistema contributivo contestato costituisce anche una misura antielusiva e non ha natura sanzionatoria. Il giudice delle leggi ha dunque dichiarato «non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma 3, del decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 375 (Attuazione dell'art. 3, comma 1, lettera aa, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente razionalizzazione dei sistemi di accertamento dei lavoratori dell'agricoltura e dei relativi contributi), come sostituito dall'art. 9-ter, comma 3, quinto periodo, del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510 (Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale), convertito, con modificazioni, nella legge 28 novembre 1996, n. 608, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 38, 76 e 77 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Roma, sezione lavoro e previdenza».