Il principio del necessario contraddittorio endoprocedimentale è da considerare un principio immanente nell’ordinamento tributario e rileva sia nel caso di contestazioni di fattispecie elusive a carico dei contribuenti sia nel caso dei cosiddetti accertamenti a tavolino sia, infine, con riguardo a qualsivoglia pretesa impositiva concernente tributi erariali o locali. Questo il principio emergente dalla sentenza della Ctr Lombardia n. 322/2019 del 23 gennaio. IL FATTO Un tema molto sentito e frequentemente dibattuto quello del contraddittorio endoprocedimentale che, nella sentenza in commento, i giudici tributari milanesi esaltano a tal punto, con un’accezione universale, in palese e dichiarata contrapposizione a quanto statuito dalla recente giurisprudenza di legittimità. Il caso in questione si riferiva all’impugnazione da parte di una Parrocchia di un avviso di accertamento, in materia di Ici, conseguente al disconoscimento dell’esenzione in favore della ricorrente; i giudici di prime cure confermavano la legittimità della pretesa in quanto l’attività didattica in concreto svolta dimostrava possedere natura commerciale in virtù del rilevante importo delle rette incassate nel corso dell’anno scolastico. In fase di gravame la Parrocchia, fra i vari motivi di impugnazione, riproponeva una questione preliminare, disattesa dalla Ctp, ovvero la violazione da parte dell’Ufficio impositore del contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente, necessario prima dell’emanazione dell’atto, chiedendone pertanto l’annullamento. LA DECISIONE DELLA CTR LOMBARDIA Il Collegio regionale decide di riformare la decisione di primo grado considerando dirimente proprio tale eccezione preliminare; nella motivazione il Collegio ritiene di accostarsi, da un lato, ad una certa giurisprudenza della Suprema Corte, dall’altro, ai principi espressi dalla Corte di Giustizia; in particolare viene ricordato che il principio del contraddittorio è posto a garanzia e tutela del contribuente ed è da ritenersi elemento essenziale e imprescindibile ai fini della regolarità della condotta dell’Amministrazione (ex pluribus Corte di Cassazione n. 26635 del 2009, n. 18906 del 2011 e n. 14026 del 2012) nonché che la giurisprudenza comunitaria ne ha esaltato l’importanza, quale principio di civiltà giuridica (una su tutti sentenza Sopropè), ciò al fine di consentire al soggetto potenzialmente inciso da qualsivoglia atto pregiudizievole, previo invito, a dare chiarimenti ed a esporre le proprie ragioni prima dell’adozione del provvedimento finale, demandando unicamente al giudice nazionale il compito di verificare se, considerato il periodo intercorso tra il momento in cui l’amministrazione interessata ha ricevuto le osservazioni e la data in cui ha assunto la propria decisione, sia possibile o meno ritenere che essa abbia tenuto debitamente conto delle osservazioni che le sono state trasmesse. In base a tale premessa e in considerazione dell’evoluzione normativa che ha portato il legislatore pro tempore ad esaltarne l’importanza prevedendo, ad esempio, la nullità dell’atto nelle contestazioni di condotte abusive (articolo 10-bis, legge 212/2000), i giudici regionali, contrapponendosi alla più recente giurisprudenza di legittimità, ritengono di collegarsi idealmente a quelle decisioni delle Sezioni Unite (18184/2013 e 19667/2014) con le quali è stato riconosciuto che «l’inosservanza da parte dell’amministrazione del termine dilatorio di sessanta giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, posto a garanzia del diritto di difesa del contribuente, determina la nullità dell’atto di accertamento emesso ante tempus anche in mancanza di un’espressa comminatoria, salvo che non ricorrano specifiche ragioni di urgenza che devono essere adeguatamente motivate» ovvero che «l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio fondamentale e immanente nell’ordinamento, operante anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa, a pena di nullità dell’atto finale del procedimento, per violazione del diritto di partecipazione dell’interessato al procedimento stesso». Finanche la stessa agenzia delle Entrate, chiosa il Collegio, con una sua circolare (n. 16/E del 28.04.2016) si è mostrata sensibile al principio dell’obbligatorietà del contraddittorio nella fase endoprocedimentale atteso diramando agli uffici periferici regole operative che pongono in primo piano l’obbligo di attivare il contraddittorio preventivo con il contribuente prima di addivenire alla formulazione della pretesa impositiva tramite l’adozione di atti incisivi della sfera giuridica dei contribuenti, al fine di pervenire a decisioni partecipate e di ridurre il contenzioso avanti agli organi di giustizia tributaria. Alla luce di tali argomentazioni la Ctr, non condividendo le conclusioni cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 24823 del 2015 che ha limitato l’operatività del suddetto principio unicamente ai tributi armonizzati escludendone la portata con riguardo agli accertamenti a tavolino ed ai rimanenti tributi non disciplinati dall’ordinamento comunitario, afferma che «il principio del necessario contraddittorio endoprocedimentale rileva sia nel caso di contestazione di fattispecie elusive a carico dei contribuenti sia nel caso dei cosiddetti accertamenti a tavolino sia, infine, con riguardo a qualsivoglia pretesa impositiva concernente tributi erariali o locali».