Nel sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto dei reati tributari è irrilevante l’evasione dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), non trattandosi di un’imposta sui redditi in senso tecnico. In questo senso, si è già formato un orientamento fondato sul rilievo che l’IRAP, avendo natura reale, si considera non incidente sul reddito e tale circostanza motiva l’esclusione della dichiarazione relativa a tale imposta ai fini del calcolo dell’imposta evasa penalmente rilevante (Cass. nn. 47107/2018 e 12810/2016). Tali pronunce avevano trovato un aggancio nella circolare del Ministero delle Finanze n. 154 del 4 agosto 2000, secondo cui le dichiarazioni costituenti l’oggetto materiale dei reati tributari sono solamente le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni annuali IVA, con la conseguenza che, nella citata circolare, sono state, ad esempio, ritenute escluse dalle relative fattispecie criminose le dichiarazioni prodotte, appunto, ai fini dell’IRAP nonché le dichiarazioni periodiche IVA e le dichiarazioni di successione. Riprende tale principio la sentenza n. 5148 depositata il 6 febbraio 2024 dalla Cassazione, con riferimento al profitto del reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti contestato ai sensi dell’art. 2 del DLgs. 74/2000 (richiamando altra sentenza ancor più risalente in materia di omessa dichiarazione ex art. 5 del DLgs. 74/2000: Cass. n. 11147/2012). I giudici di legittimità ricordano innanzitutto che l’art. 12-bis del DLgs. 74/2000, nel delimitare l’ambito delle somme oggetto della confisca obbligatoria, fa riferimento ai beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato commesso. Si tratta, pertanto, quanto al caso in esame, di verificare se la dichiarazione fraudolenta si realizza anche ove il fine perseguito dal soggetto che indichi nelle proprie dichiarazioni fiscali elementi passivi di reddito fittizi, in quanto documentati attraverso fatture o altri documenti equipollenti relativi a operazioni inesistenti, sia quello di evadere, oltre all’IRPEF (o all’IRES) e all’IVA, anche le cosiddette “addizionali regionali e comunali” e l’IRAP. Per quanto riguarda le citate addizionali, queste vengono ritenute vere e proprie componenti delle imposte sul reddito, ancorché aventi una particolare destinazione soggettiva, in quanto non dirette ad alimentare la cosiddetta fiscalità generale ma specificamente dirette a costituire una delle provviste finanziarie degli enti territoriali cui le stesse sono destinate, delle quali condividono appieno, pertanto, la natura. Viceversa, in relazione all’IRAP vi è una sostanziale diversità di struttura che rende siffatta imposta esulante rispetto al fuoco della disposizione la cui violazione è stata contestata nel caso di specie. Fra i presupposti per tale imposta è richiesta, infatti, la circostanza – del tutto estranea alla ordinaria imposta sui redditi – che il contribuente si sia avvalso di un’autonoma organizzazione atta a incrementare la personale capacità di produzione della ricchezza (in ordine a tale dato la Cassazione richiama la giurisprudenza delle sezioni tributarie e da ultimo Cass. n. 20859/2023). La condanna del giudice di merito viene pertanto annullata, senza rinvio, nella parte in cui in essa è stata confermata anche la confisca penale per equivalente della somma dovuta dal ricorrente a titolo di IRAP. La medesima pronuncia coglie l’occasione anche per ricordare che l’eventuale adesione del ricorrente a forme negoziali volte a ovviare al mancato versamento dell’imposta omessa non incidono sull’astratta previsione della confisca penale accessoria all’accertamento della responsabilità del prevenuto per il reato tributario a lui contestato, potendo questa, semmai, operare solo in ordine alla materiale esecuzione della misura ablatoria. Come, infatti, è stato in più circostanze chiarito dalla giurisprudenza penale, la disposizione di cui all’art. 12-bis comma 2 del DLgs. 74/2000, secondo cui la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prezzo del reato “non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro”, deve essere intesa nel senso che la confisca può essere adottata anche a fronte dell’impegno di pagamento assunto, producendo tuttavia effetti solo ove si verifichi l’evento futuro e incerto costituito dal mancato pagamento del debito. Pertanto sarebbe illegittima l’esecuzione della stessa in difetto di inottemperanza all’accordo, anche ove effettuata per finalità cautelari, ma resta ammissibile l’adozione del provvedimento sebbene ancora non esecutivo (Cass. nn. 9355/2021, 28488/2020, 18034/2019).