Nella Gazzetta Ufficiale del 5 agosto è stato pubblicato il D.Lgs. n. 108/2024 (decreto correttivo), atto attraverso il quale sono state apportate diverse modifiche alla disciplina in materia di concordato preventivo biennale prevista dal D.Lgs. n. 13/2024. CPB: le modifiche ai requisiti di accesso Tra le varie novità introdotte figura anche una modifica ai requisiti di accesso all’istituto. In particolare, l’art. 4, comma 1, lettera c) del decreto correttivo prevede che la vecchia formulazione dell’art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 13/2024 sia sostituita con la seguente: “Possono accedere al concordato preventivo biennale i contribuenti di cui al comma 1 che, con riferimento al periodo d'imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, non hanno debiti per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate o debiti contributivi. I debiti di cui al periodo precedente rilevano se definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Possono comunque accedere al concordato i contribuenti che nel rispetto dei termini previsti dall'articolo 9, comma 3, hanno estinto i debiti di cui al primo periodo se l’ammontare complessivo del debito residuo, compresi interessi e sanzioni, è inferiore alla soglia di 5.000 euro. Non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili”. La precedente versione della disposizione prevedeva: “Possono accedere al concordato preventivo biennale i contribuenti di cui al comma 1 che, con riferimento al periodo d'imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, non hanno debiti tributari ovvero, nel rispetto dei termini previsti dall'articolo 9, comma 3, hanno estinto quelli che tra essi sono d'importo complessivamente pari o superiori a 5.000 euro per tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate, compresi interessi e sanzioni, ovvero per contributi previdenziali definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. Non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili”. In sostanza, per effetto delle modifiche normative introdotte, viene parificato il trattamento dei debiti tributari e di quelli contributivi, i quali, adesso, rilevano ai fini dell’accesso al concordato solo se “definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione”. La dicitura da ultimo citata, invero, nella previgente formulazione della norma veniva riferita esclusivamente ai debiti contributivi, con la conseguenza che i debiti tributari rilevavano a prescindere dalla loro definitività mentre quelli contributivi solo laddove fossero stati accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione. In base alla versione definitiva della norma, invece, a inibire l’accesso all’istituto sono solo i debiti caratterizzati da definitività, siano essi di natura tributaria o contributiva. I debiti in parola, inoltre, rilevano solo laddove ammontino complessivamente a un importo superiore a 5.000 euro. Qual è la portata della novità? Un esempio Cerchiamo di capire meglio la portata della citata modifica normativa con un esempio. Si ipotizzi che un contribuente abbia ricevuto nel corso dell’anno d’imposta 2023 un avviso d’accertamento per IVA che reca una pretesa tributaria complessiva di ammontare pari a 7.000 euro e che il predetto atto sia stato impugnato presso la competente Corte di Giustizia tributaria. In questo caso il contribuente destinatario dell’atto in questione potrà tranquillamente accedere al concordato, in quanto l’atto non è definitivo. Supponiamo, invece, che il medesimo contribuente non abbia impugnato l’atto in questione. In questa seconda ipotesi, la cristallizzazione della pretesa avanzata con l’atto non opposto, ai sensi di quanto previsto dall’art. 10, impedisce al contribuente di accedere all’istituto. Ciò non di meno, va evidenziato, che anche in questo secondo caso il contribuente potrà tranquillamente accedere al concordato laddove chieda e ottenga di rateizzare l’importo iscritto a ruolo a suo carico per effetto della pronuncia divenuta definitiva. E ciò in quanto l’ultima parte del comma 2 dell’art. 10 prevede espressamente che “non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili”. In sostanza, anche in presenza di debiti ormai caratterizzati da definitività e di importo superiore a 5.000 euro il contribuente potrà accedere al concordato laddove esperisse una di queste soluzioni alternative: - pagare per intero il debito tributario ormai divenuto definitivo; -fare un pagamento parziale di tale debito funzionale a ridurre il medesimo al di sotto della soglia di 5.000 euro; - attivare una rateizzazione del debito portato dall’atto in questione. Debiti tributari rilevanti ai fini della preclusione Ma attenzione, non tutti i debiti tributari del contribuente aventi caratteristiche di definitività, nel senso sopra specificato, rappresentano un elemento preclusivo per l’accesso al CPB. Infatti, in base al dettato testuale dell’art. 10, a rilevare ai fini dell’accesso al concordato saranno esclusivamente i debiti per “tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate”. Per chiarire quali siano i tributi rientranti nella categoria in parola è possibile fare riferimento ad alcune indicazioni desumibili dalla relazione illustrativa al D.Lgs. n. 13/2024. In seno a quest’ultima, infatti, è possibile leggere che per debiti derivanti da tributi amministrati dall'Agenzia delle Entrate si intendono quelli che emergono dalla notifica: - di atti impositivi conseguenti ad attività di controllo degli uffici; - di atti impositivi conseguenti ad attività di liquidazione degli uffici; - di cartelle di pagamento concernenti pretese tributarie, oggetto di comunicazioni di irregolarità emesse a seguito di controllo automatizzato o formale della dichiarazione, ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e dell'art. 54-bis del D.P.R. n. 633/1972. Inoltre, dovrebbero rientrare nella categoria di tributi sopra delineata: - le imposte dirette, l’IVA, l’imposta di registro e le altre imposte indirette; - le somme recuperate a fronte dell’utilizzo, in tutto o in parte, in compensazione, dei crediti non spettanti o inesistenti risultanti dagli atti di cui all’art. 1, commi da 421 a 423 della legge n. 311/2004 (legge Finanziaria 2005); - le somme accessorie alle precedenti, come le sanzioni e gli interessi (esclusi quelli di mora e gli oneri di riscossione). In particolare, i debiti scaturenti dai predetti tributi potranno inibire l’accesso al concordato solo se - di importo superiore a 5.000 euro; - se caratterizzati da definitività (nei termini più sopra precisati); - se in relazione ai medesimi non sono in corso provvedimenti di sospensione di qualsiasi genere; - se non sono oggetto di piani di rateazione. La verifica, inoltre, deve essere effettuata nel periodo d’imposta precedente a quello cui si riferisce la proposta. Per quest’anno, in fase di prima applicazione dell’istituto, il concordato interesserà il biennio 2024-2025. Pertanto, la mancanza di debiti deve essere appurata con riferimento al periodo d’imposta 2023. Invece, per quanto concerne la determinazione del sopra citato limite di 5.000 euro, si ricorda che nel medesimo sono compresi non solo i tributi e/o contributi, ma anche gli elementi accessori quali sanzioni e interessi.