Il concordato preventivo biennale sembra un’operazione agevole da gestire. Dopo aver comunicato all’Agenzia delle Entrate i dati relativi agli ISA, i contribuenti dovrebbero ricevere automaticamente la proposta del reddito. Tuttavia, la realtà è ben diversa e, a parte alcuni automatismi, la valutazione di alcuni elementi dovrà essere effettuata individualmente dagli operatori e dai professionisti. Ad esempio, i soggetti potenzialmente interessati dovranno verificare che nell’anno precedente a quello oggetto della proposta (il biennio) non sussistano debiti tributari e/o previdenziali di importo pari o superiore a 5.000 euro. In alcuni casi l’interpretazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 12 febbraio 2024, n. 13, recante la relativa disciplina del nuovo istituto di compliance, non è affatto agevole. È auspicabile che l’Agenzia delle Entrate fornisca al più presto le soluzioni necessarie anche perché queste saranno in grado di influenzare il livello di imposizione. Reddito d’impresa oggetto di concordato Alcuni dei dubbi trovano origine dalla lettura dell’art. 16 la cui rubrica è: “Reddito d’impresa oggetto di concordato”. In particolare, il comma 1 prevede che il reddito proposto al contribuente, determinato con i criteri propri dei redditi di impresa, non prende in considerazione i valori relativi alle plusvalenze, minusvalenze, alle sopravvenienze attive e passive di cui al TUIR. La previsione è agevolmente spiegabile in quanto il fisco, nel formulare la proposta del reddito, non è in grado di “intercettare” i componenti straordinari. Per tale ragione, nel caso in cui il contribuente accetti la proposta, dovrà aggiungere al reddito concordato la somma algebrica dei componenti straordinari (positivi e negativi) riferibili agli anni oggetto di tassazione, quindi per il periodo d’imposta 2023 e 2024. In buona sostanza la base imponibile sarà costituita dal reddito concordato, quindi accettato, opportunamente rettificato. Al limite potrebbe anche verificarsi che nei due periodi d’imposta oggetto della proposta il contribuente non abbia conseguito alcun componente straordinario e quindi non sarà necessaria alcuna rettifica. La medesima disposizione prevede che il reddito concordato è determinato senza considerare “redditi o quote di redditi relativi a partecipazioni in soggetti di cui all’art. 5 del citato testo unico, o a un Gruppo europeo di interesse economico GEIE di cui all’articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240, ovvero in società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, del predetto testo unico delle imposte sui redditi”. Si consideri ad esempio il caso in cui una società di persone detenga una quota di partecipazione in un’altra società di persone. Il reddito concordato sarà determinato al netto degli utili imputabili per trasparenza. Ciò in quanto l’Agenzia delle Entrate, nel formulare la proposta non sarà in grado di “intercettare” tale componente positivo di reddito (l’utile derivante dalla quota di partecipazione). Il componente dovrà quindi essere aggiunto al reddito concordato al fine di determinare il reddito d’impresa da assoggettare ad imposizione. Il medesimo ragionamento deve essere effettuato qualora una S.r.l. possegga una quota di partecipazione in un’altra S.r.l. Il reddito concordato è al netto dei dividendi eventualmente distribuiti nel corso del biennio oggetto di concordato. A tal proposito deve osservarsi come i dividendi concorrano alla determinazione del reddito d’impresa nella misura del 5 per cento. Pertanto, il reddito concordato dovrà essere incrementato nel biennio oggetto di concordato nella misura del 5 per cento dei dividendi eventualmente distribuiti. A tal proposito non sembra possa dubitarsi della circostanza che i dividendi abbiano natura di reddito e in ogni caso il riferimento all’art. 73 vuole significare che il reddito concordato è al netto di qualsiasi reddito proveniente dalla società partecipata, sia nel caso in cui sia imputato per trasparenza (nell’ipotesi in cui sia stata esercitata l’opzione per tale regime), sia qualora il reddito sia stato oggetto di distribuzione nella forma di dividendi. D’altra parte, anche in questo caso, l’Agenzia delle Entrate non sarebbe in grado di intercettare i dividendi oggetto di distribuzione stante la loro natura di componenti straordinari o quanto meno non prevedibili.