L'istituto del concordato preventivo biennale ai sensi dell’art. 7 del D.Lgs. n. 13/2024, prevede la formulazione, da parte dell'Agenzia delle Entrate, di una proposta per la definizione biennale del reddito derivante dall'esercizio dell'attività d'impresa o dall'esercizio di arti e professioni ai fini delle imposte dirette e del valore della produzione netta ai fini IRAP. In base a quanto disposto dall’art. 6 del medesimo decreto possono beneficiare dell’istituto “i contribuenti di minori dimensioni, titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo derivante dall'esercizio di arti e professioni che svolgono attività nel territorio dello Stato" In particolare, il citato strumento di compliance è riservato a due macrocategorie di contribuenti: - i soggetti che applicano gli ISA; - i contribuenti in regime forfetario di cui alla legge n. 190/2014 per i quali l’istituto è previsto in via sperimentale per il solo anno d’imposta 2024; Le due tipologie di contribuenti citate, però, potranno fruire dei benefici del concordato solo laddove rispettino specifici requisiti di adesione. Sono inoltre previste specifiche cause di esclusione e di decadenza. In particolare, in base all’art. 11 del D.Lgs. n. 13/2024 rubricato “cause di esclusione”, “non possono accedere alla proposta di concordato preventivo biennale i contribuenti per i quali sussiste anche solo una delle seguenti cause di esclusione: a) …; b) condanna per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dall'articolo 2621 del codice civile (reato di false comunicazioni sociali), nonché dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 del codice penale (reato di riciclaggio, di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e di autoriciclaggio), commessi negli ultimi tre periodi d'imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato. Alla pronuncia di condanna è equiparata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti”. Il successivo art. 22, D.Lgs. n. 13/2024, afferente invece alle cause di decadenza, prevede che i contribuenti che fruiscono dei benefici del concordato possano decadere dal medesimo al verificarsi di specifiche condizioni espressamente previste dalla citata norma. In particolare, secondo quanto disposto dalla norma, “il concordato cessa di produrre effetto per entrambi i suoi periodi di imposta nei seguenti casi in cui: a) a seguito di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risulta l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza o l'indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30 per cento dei ricavi dichiarati, ovvero risultano commesse altre violazioni di non lieve entità di cui al comma 2” Il successivo comma 2 puntualizza che “Con riferimento alla lettera a) del comma 1, sono di non lieve entità: a) le violazioni constatate che integrano le fattispecie di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, relativamente ai periodi di imposta oggetto del concordato”. Alla luce di quanto precede appare chiaro che i reati tributari previsti dal D.Lgs. n. 74/2000 assumono un ruolo cruciale ai fini del concordato. La correlazione tra reati tributari e CPB In base a quanto previsto dalle norme testé richiamate, il coinvolgimento ovvero il presunto coinvolgimento del contribuente in un reato tributario può comportare rispettivamente l’esclusione o la decadenza del medesimo dall’istituto in commento. In particolare, ai sensi dell’art. 11 del D.Lgs. n. 13/2024 sono espressamente esclusi dall’ammissione al concordato biennale i soggetti che riportano condanne per uno dei reati tributari previsti dal D.Lgs. n. 74/2000, commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato. Per essere esclusi dal concordato, dunque, è necessario che il contribuente abbia riportato una condanna (dunque una pronuncia giudiziale) per un reato tributario commesso nei periodi d’imposta 2021-2022-2023. In base a quanto puntualizzato dall’ultimo periodo della lettera b) del comma 1 dell’art. 11” Alla pronuncia di condanna è equiparata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti” ovvero il c.d. patteggiamento. Quindi anche in caso di patteggiamento della pena interviene inevitabilmente una causa di esclusione dal concordato. Sul punto la circolare n. 18/E/2024 precisa quanto segue: “considerato che il predetto articolo 11, comma 1, del decreto CPB, che equipara la sentenza di patteggiamento alla pronuncia di condanna ai fini dell’accesso al concordato, costituisce una disposizione normativa non penale diretta a disciplinare un istituto di diritto tributario, deve ritenersi che la suddetta equiparazione operi limitatamente alle ipotesi in cui sono applicate pene accessorie. Occorre altresì tener presente che ai sensi dell’articolo 445, comma 1, c.p.p., la sentenza prevista dall'articolo 444, comma 2, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento né l'applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza”. In sintesi, come precisato dalla stessa Agenzia delle Entrate nel documento richiamato, in base alle disposizioni citate appare corretto ritenere che l’esclusione dall’accesso al concordato preventivo biennale operi nel caso in cui, con la sentenza di patteggiamento sia stata irrogata una pena che superi i due anni di pena detentiva, quindi, per converso, al di sotto di tale “soglia” la causa di esclusione non opera. Sempre la circolare, richiamando all’uopo anche la relazione illustrativa di accompagno del D.Lgs. 5 agosto 2024, n. 108 (decreto correttivo), precisa altresì che “l’accesso al CPB è precluso soltanto in ipotesi di condanna con sentenza “irrevocabile”, precisando, a tal riguardo, che “le tipologie di condanna, richiamate alla lettera b) dell’articolo 11, possono assurgere a causa di esclusione solo se assistite dal predicato della irrevocabilità, non contemplando la disposizione in argomento, in via esplicita, l’estensione dell’effetto impeditivo anche nel caso di sentenze di condanna non presidiate dal giudicato”. Per quanto concerne invece la decadenza, l’interpretazione letterale dell’art. 22 porta ad acclarare che la stessa interviene in caso di mera constatazione della violazione, ma con la differenza che la stessa però rileva solo se relativa ai periodi di imposta oggetto del concordato (2024 e 2025). La decadenza, dunque, rispetto all’esclusione dal concordato, matura in fase più embrionale ovvero quando il reato tributario in capo al contribuente è stato meramente constatato (a mezzo PVC ad esempio) ma non ancora giudizialmente accertato. Si ricorda, infine, che il verificarsi di una causa di decadenza travolge entrambi i periodi d'imposta oggetto di concordato, a prescindere dal periodo in cui ha avuto luogo la violazione (art. 22, D.Lgs. n. 13/2024). Inoltre, nel caso di decadenza dal concordato, ai sensi di quanto espressamente previsto dall’art. 22, comma 3-bis, D.Lgs. n. 13/2024, restano dovute le imposte e i contributi determinati tenendo conto del reddito e del valore della produzione netta concordati, se maggiori di quelli effettivamente conseguiti. Pertanto, in tutti i casi dettagliati dall’art. 22, D.Lgs. n. 13/2024, la decadenza non potrà in ogni caso essere una via di fuga dal patto siglato con l’Agenzia delle Entrate in quanto i contribuenti decaduti saranno chiamati a versare l’imposta più alta tra quella concordata e quella effettiva. Quando il verificarsi di una causa di esclusione dà luogo alla decadenza È opportuno evidenziare che le cause di esclusione dal concordato se verificatesi in costanza del medesimo divengono cause di decadenza dallo stesso. All’uopo così dispone il comma 1, lettera d), dell’art. 22il quale espressamente statuisce che il concordato cessa di produrre effetti al ricorrere di una delle ipotesi di cui all’art. 11. Quindi se una delle cause di esclusione dal concordato previste dall’art.11 si verifica in vigenza del medesimo si ha l’immediata decadenza del contribuente dai benefici previsti dall’istituto in commento per entrambi i periodi d’imposta. Tale circostanza merita particolare attenzione in relazione all’ipotesi di esclusione di cui alla lettera b) del comma 1 dell’art. 11, la quale prevede che siano esclusi dal concordato coloro che riportano una “condanna per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, […] commessi negli ultimi tre periodi d'imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato”. Infatti, potrebbe accadere, ad esempio, che un contribuente acceda al concordato perché ab origine possedeva tutti i requisiti normativamente previsti a tal fine, ma che nel corso dell’anno d’imposta 2025 patteggi una pena per uno dei reati tributari di cui al D.Lgs. n. 74/2000 commesso con riferimento all’anno d’imposta 2022 ([…] ultimi tre periodi d'imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato […]). Ebbene, in conseguenza della pronuncia in parola quest’ultimo sarà automaticamente considerato decaduto dall’accordo con il Fisco. Ecco allora che la causa di esclusione prevista dall’art. 11 diviene causa di decadenza ai sensi della già menzionata lettera d) del comma 1 dell’art. 22.