Una delle disposizioni di più difficile lettura e interpretazione, relativamente alla disciplina del concordato preventivo biennale, è costituita dall’art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 13/2024. La disposizione indica i requisiti per fruire del CPB. Cosa prevedeva la disposizione originaria In particolare, possono accedere al concordato preventivo biennale i contribuenti soggetti agli ISA che, nel periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta, non hanno debiti tributari per tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate di importo pari o superiore a 5.000 euro. Non si tiene conto dei debiti sospesi, rateizzati oppure non ancora definitivi. La disposizione originaria, quindi prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 108/2024, c.d. decreto correttivo, prevedeva la possibilità di estinguere i debiti entro il termine previsto per l’adesione al concordato preventivo. In base all’interpretazione letterale della disposizione sembrava che non fosse sufficiente l’estinzione parziale del debito. Ad esempio Se il contribuente aveva un debito IRES per 8.000 euro e per questo debito aveva ricevuto una cartella scaduta, non impugnata e non rateizzata, per accedere al concordato preventivo aveva un’unica possibilità: entro il termine previsto per l’adesione il contribuente avrebbe dovuto estinguere l’intero debito di 8.000 euro. Le modifiche del decreto correttivo Per effetto delle modifiche apportate dal decreto correttivo è sufficiente l’estinzione parziale dei debiti fino a ricondurre gli stessi a un ammontare inferiore a 5.000 euro. La novella prevede che “possono comunque accedere al concordato i contribuenti che nel rispetto dei termini previsti dall’art. 9, comma 3, hanno estinto i debiti di cui al primo periodo se l’ammontare complessivo del debito residuo, compresi interessi e sanzioni, è inferiore alla soglia di 5.000 euro”. La norma fa chiaramente riferimento al “debito residuo” che deve risultare inferiore al predetto limite. È quindi consentita l’estinzione parziale. I chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate Non era invece affatto chiaro se la soglia di 5.000 euro dovesse o meno essere riferita a ogni singolo debito oppure all’ammontare complessivo. Sotto questo profilo la disposizione in vigore prima delle modifiche apportate dal decreto correttivo era più chiara. Ora, però, l’Agenzia delle entrate ha fornito l’interpretazione ufficiale con la circolare n. 18/E del 2024. In particolare, si prevedeva la possibilità di accedere al concordato preventivo estinguendo i debiti “che tra essi” sono di importo complessivamente pari o superiori a 5.000 euro. L’utilizzo dell’espressione “che tra essi” doveva essere letta e interpretata nel senso di individuare singolarmente i debiti di importo pari o superiore a 5.000 euro procedendo all’estinzione preventiva degli stessi. Sembrava non rilevare l’ammontare complessivo, ma l’importo dei singoli debiti oltre la predetta soglia. Ora, però, la novella per effetto del decreto correttivo si esprime diversamente valorizzando l’ammontare complessivo dei debiti e non l’importo del singolo debito. In altre parole, il raggiungimento o superamento del limite di 5.000 euro deve essere verificato facendo riferimento all’ammontare complessivo di tutti i debiti. Il problema è stato affrontato testualmente dall’Agenzia delle Entrate che si è espressa con il documento di prassi in commento, nei seguenti termini: “Il vincolo ostativo relativo alla soglia di 5.000 euro riguarda il complessivo ammontare dei debiti tributari o debiti contributivi del contribuente, anche nel caso in cui esso sia composto da singoli debiti di importo unitario inferiore a detta soglia”. Nella nuova disposizione non è più compresa l’espressione “che tra essi” relativamente all’estinzione dei debiti. Per tale ragione il raggiungimento o superamento del limite massimo di 5.000 euro deve essere verificato avendo riguardo all’ammontare complessivo di tutti i debiti. Si tratta di un punto estremamente delicato che incide sulla possibilità o meno di accedere al concordato preventivo. Ad esempio Si consideri il caso in cui sia stato iscritta a ruolo l’IRPEF non versata per un importo pari a 4.200 euro (cartella non impugnata e non rateizzata). Inoltre, risulta iscritto a ruolo anche l’importo di 2.000 euro per l’IVA periodica non versata (cartella non impugnata e non rateizzata). L’importo complessivo del debito ammonta a 6.200 euro. In questo caso il contribuente deve effettuare un versamento anche parziale in modo da ricondurre il debito complessivo di 6.200 euro al di sotto della soglia di 5.000 euro.