Commercialisti, AIDC: “Comportamenti ‘anomali’ e pratiche scorrette degli istituti di credito”

L’AIDC evidenzia un proliferare di adempimenti e richieste burocratiche, così come vere e proprie richieste “borderline”, alle domande di finanziamento da parte di imprenditori e lavoratori autonomi

Prepotenza ed eccesso di zelo superano in corsa la crisi di liquidità. Questa la paradossale conclusione dell’Associazione Italiana Dottori Commercialisti (AIDC) all’esito dell’esame delle numerose segnalazioni ricevute da tutto il territorio nazionale in merito ai comportamenti “anomali” tenuti dagli istituti di credito nell’evadere le domande di finanziamento di imprenditori e lavoratori autonomi, in attuazione delle disposizioni del decreto liquidità.

I casi segnalati ad AIDC hanno evidenziato un variegato proliferare di adempimenti e richieste fin troppo burocratiche, se non quasi “borderline”. In Veneto vengono richieste fideiussioni personali a garanzia del finanziamento, la selezione domande viene esaminata, non in ordine cronologico, ma sulla base del merito del rating. In Lombardia ed in Emilia Romagna sono giunte segnalazioni di richieste di compensazione parziale dell’erogazione del finanziamento con posizioni pregresse e sofferenti, in alcuni casi con esplicite note nei siti aziendali.

“Tale pratica è chiaramente scorretta – ricorda il Presidente AIDC, Andrea Ferrari – ai sensi della lettera m), comma 1 dell’art. 13 del DL Liquidità, così come recentemente chiarito anche dai vertici ABI”.

È stata, inoltre, spesso segnalata la ridondanza della documentazione pretesa a sostegno della richiesta di finanziamento, con moltiplicazione di firme, moduli e modelli di sicuro non obbligatori e spesso del tutto inutili (soprattutto nei casi di garanzia integrale dello Stato).
L’iperproduzione documentale ha interessato in maniera pressoché generale la Lombardia, il Piemonte, il Veneto, l’Emilia Romagna, le Marche e la Puglia e sembra non risparmiare alcuna banca, connotandosi finanche per differenziazioni ed implementazioni tra filiali dello stesso istituto.
Questa eccessiva discrezionalità e la propensione a chiedere dati perfettamente conoscibili (come la visura camerale aggiornata) se non a dir poco “fantasiosi” (bilanci completi di Stato Patrimoniale e Conto Economico anche per imprese in contabilità semplificata) o addirittura innovativi (bilancio 2019 preliminare) rappresentano, a parere di AIDC, il grande vulnus di una procedura di accesso al credito, che invece avrebbe dovuto essere, almeno nell’intenzione del legislatore, estremamente semplificata, non essendo subordinata alla valutazione del merito creditizio.

“In generale i nostri iscritti riscontrano la tendenza a prendere tempo da parte dei funzionari, con risposte evasive e rimpalli di responsabilità”, precisa ancora Ferrari. Alcuni istituti non sanno se potranno erogare fondi, altri richiedono di allegare copia del pagamento di spese delle quali non si capisce l’inerenza (condominiali).
Ma anche quando le pratiche sono faticosamente completate e regolarmente inoltrate, le risposte delle banche restano insoddisfacenti: nessuna certezza sui tempi effettivi di erogazione, che possono variare da pochi giorni a settimane. Obiettivo del D.L. liquidità era, però, dare immediata risposta agli urgenti ed indifferibili fabbisogni finanziari degli operatori economici, impossibilitati ad operare, causa pandemia. Era ed è necessaria una liquidità immediata e di facile accesso.
A questo punto il problema dove risiede, nel provvedimento o nella sua attuazione? Da un lato si può in parte comprendere l’attenzione posta dagli Istituti di credito nell’erogazione di prestiti solo parzialmente garantiti dallo Stato. Ciò che sicuramente va censurato – prosegue AIDC – è il comportamento mirato ad utilizzare l’eccesso di burocrazia come strumento a copertura della reale intenzione di sostituire affidamenti chirografari con affidamenti garantiti dallo Stato, oppure quello di destinare la liquidità alla clientela primaria per operazioni speculative. Al momento – conclude l’Associazione – il risultato è solo quello dell’instancabile impegno dei dottori commercialisti, per preparare pile di documenti, compilare e far sottoscrivere infiniti modelli, ricevendo risposte spesso meramente interlocutorie ed evasive dagli Istituti di credito.

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