Collocamento mirato: 360mila occupati e 145mila posti “vacanti”
Il mercato del lavoro delle persone con disabilità in Italia fotografato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro nel report presentato oggi in conferenza stampa al Ministero del Lavoro. Necessario potenziare l’occupabilità superando l’obbligo normativo e incentivando le imprese virtuose
Il sistema del collocamento mirato, introdotto 20 anni fa dalla legge n. 68/1999, pur rappresentando un prezioso strumento di inclusione lavorativa e sociale delle persone con disabilità, non è più in grado da solo di impedire che questi soggetti si ritrovino confinati ai margini del mercato del lavoro e, quindi, della società. Dal report “L’inclusione lavorativa delle persone con disabilità in Italia”, presentato oggi dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro in occasione della conferenza stampa organizzata al Ministero del Lavoro per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, è emerso uno spaccato di questa realtà, che nel 2018 poteva contare quasi su 360mila lavoratori, per la maggior parte uomini (58,7% contro il 41,3% delle donne) e concentrati al Nord d’Italia, con la regione Lombardia che da sola occupa il 21,5% del totale. Un universo in cui il 53,7% degli occupati ha più di 50 anni, il 93,7% ha un contratto a tempo indeterminato ma ad alta incidenza di part time, soprattutto negli “under 30” (49,3%).
Ma c’è un elemento nella ricerca – condotta sui dati resi per la prima volta disponibili dal Dicastero di via Veneto e relativi alle dichiarazioni PID (Prospetto Informativo Disabili) che le aziende con più di 14 dipendenti devono inviare ai fini del rispetto dell’obbligo normativo – che più di ogni altro sorprende. A fronte dei 360mila occupati dichiarati dalle aziende in ottemperanza alla Legge, ci sono 145mila posti di lavoro “vacanti”. C’è, inoltre, una forte sproporzione tra la domanda e l’offerta di lavoro. Il numero degli iscritti alle liste di collocamento ammonterebbe a 775mila unità e sarebbe in aumento per le difficoltà riscontrate nel promuovere inserimenti stabili. Negli ultimi anni, complice la crisi economica, il sistema si è dimostrato sempre più in affanno e incapace di dare risposta ad un’offerta di lavoro che solo nel 30% dei casi riesce a collocarsi.
Un’altra conferma giunge dall’audizione dell’Istat sulla legge di Bilancio 2020, durante la quale è emerso che i più penalizzati sono i giovani e i giovanissimi con disabilità: nella fascia d’età tra i 25 e i 44 anni il 31,2% è in cerca di occupazione, quasi il doppio rispetto al 16,8% della fascia dei 45-64enni. Nel 2015, a fronte di quasi 92mila persone iscritte per la prima volta nelle liste di collocamento mirato, gli avviamenti al lavoro sono stati 27.468, vale a dire il 29,9%. L’Istituto di statistica ha, inoltre, precisato che su 100 persone di 15-64 anni che, pur avendo limitazioni funzionali motorie o disturbi intellettivi sono comunque abili al lavoro, solo il 35,8% è occupato, il 20% è in cerca di un’occupazione e il 43,5% risulta inattivo.
Alla conferenza stampa è intervenuto il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Nunzia Catalfo.
“Vi è necessità di riequilibrare il versante delle politiche attive – ha dichiarato in conferenza stampa la Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine, Marina Calderone – con interventi che potenzino l’incrocio tra domanda e offerta, ma prima ancora l’occupabilità delle persone con disabilità e, quindi, la loro formazione. Serve per le aziende un percorso di accompagnamento e assistenza per definire un piano condiviso di inserimento dei lavoratori con disabilità. Tra i protagonisti del mondo del lavoro – ha continuato la Presidente – deve crescere la sensibilità su questo tema con un vero e proprio salto culturale. Una crescita che i Consulenti del Lavoro si pongono come obiettivo immediato, affiancando imprese e istituzioni nel creare questo circuito virtuoso”.
Dai dati emerge, peraltro, che nell’ultimo decennio circa il 10% degli avviamenti al lavoro tramite collocamento mirato è avvenuto in aziende al di sotto dei 15 dipendenti, non sottoposte quindi all’obbligo di riserva. “Si tratta di una domanda spontanea e consapevole che potrebbe essere ulteriormente ampliata se supportata da meccanismi incentivanti o premiali”, ha concluso la Presidente.