La collaborazione con altri professionisti del medesimo studio con elargizione di corrispettivi da parte dell’avvocato, può determinare l’autonoma organizzazione e quindi il conseguente assoggettamento ad Irap dei compensi del professionista, salvo che non sia dimostrata l’irrilevanza dell’apporto dell’attività professionale dei colleghi ai quali si è rivolto rispetto al reddito prodotto nei vari anni. A fornire questo principio è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 21806 del 29 agosto 2019. IL FATTO Un avvocato, dopo aver versato l’IRAP ne chiedeva il rimborso, ritenendo illegittimo l’assoggettamento al tributo per assenza dei presupposti impositivi. In particolare riteneva insussistente in capo a se stesso un’autonoma struttura organizzativa. Avverso il diniego dell’Ufficio proponeva ricorso ed entrambe le commissioni di merito ritenevano corretta la pretesa dell’avvocato il quale non doveva essere assoggettato al tributo. Avverso la pronuncia d’appello, l’Amministrazione Finanziaria ricorreva per Cassazione lamentando, in buona sostanza, che i Giudici avessero erroneamente escluso l’esistenza di una struttura organizzativa nonostante la sussistenza di tutti i presupposti impositivi. In particolare l’avvocato si era avvalso costantemente per tutte le annualità oggetto di richiesta di rimborso, della struttura del padre senza essere dipendente ma titolare di partita Iva autonoma, avvalendosi di collaboratori ai quali aveva elargito regolarmente compensi. Peraltro la maggior parte di questi era domiciliato presso lo studio legale non trattandosi di colleghi esterni. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Ufficio. I Giudici di legittimità hanno ricordato, innanzitutto, che in base ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato il requisito dell’autonoma organizzazione quale presupposto impositivo ed il cui accertamento spetta al giudice di merito, ricorre quando il contribuente: a) sia sotto qualsiasi forma il responsabile dell’organizzazione e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui superando la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive. In base a tale orientamento, la CTR non poteva quindi giungere alle conclusioni censurate dall’Ufficio. Infatti nella specie, pur volendo ritenere l’attività svolta sfornita del requisito dell’organizzazione, non si era tenuto conto che veniva espletata con l’ausilio di altri collaboratori che verosimilmente hanno giovato al reddito prodotto dall’avvocato anche in assenza di prova da parte dell’avvocato stesso dell’irrilevanza di tali fattori rispetto al requisito dell’autonoma organizzazione. Peraltro la maggior parte dei professionisti/collaboratori avevano il domicilio presso il medesimo studio e non potevano considerarsi colleghi cui si rivolgeva all’esterno l’avvocato. Da qui l’accoglimento del ricorso.