Tra le novità contenute nel Codice della crisi e dell’insolvenza, il legislatore ha voluto ricondurre all’interno di un unico corpo normativo anche gli aspetti relativi al rapporto di lavoro con la chiara finalità di tutela dell’occupazione, coerentemente con quanto previsto dalla legge delega (l. n. 155/2017). In questo articolo ci occupiamo degli aspetti relativi ai rapporti di lavoro nelle aziende in liquidazione giudiziale, con particolare riguardo alle ipotesi di licenziamento individuale. La materia è trattata, più specificamente, dagli articoli 189, 190 e 191 che si occupano dei rapporti di lavoro subordinato, del trattamento NASpI e gli effetti del trasferimento di azienda sui rapporti di lavoro in caso di liquidazione giudiziale. Peraltro, la materia del lavoro è oggetto anche degli articoli 368 e 376 che si occupano di modificare le norme in materia di lavoro con finalità di coordinamento con le nuove regole previste dal Codice della crisi e dell’insolvenza. Le nuove disposizioni, ai sensi dell’art. 389, comma 1, entrano in vigore decorsi diciotto mesi dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Tale differimento in realtà rappresenta la regola generale prevista dal Codice che, per l’appunto, differisce l’entrata in vigore di 18 mesi. Peraltro, sono individuate dai successivi commi 2 e 3, alcune eccezioni che prevedono una più immediata entrata in vigore di alcune disposizioni (trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella GU). Aziende in liquidazione giudiziale Ma torniamo all’articolo 189 che si occupa di regolare le vicende del rapporto di lavoro in corso al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro. Le disposizioni sulla liquidazione giudiziale si applicano agli imprenditori commerciali diversi dalle imprese minori e che si trovino in stato di insolvenza. Le imprese minori sono quelle che presentano congiuntamente i seguenti requisiti: 1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 300.000 nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore; 2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro 200.000 nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore; ) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila. Lo stato di insolvenza, secondo il Codice, si intende lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. La prima conseguenza dell’apertura della liquidazione giudiziale è la sospensione di tutti i rapporti di lavoro subordinato in atto alla data della sentenza dichiarativa. Una sospensione automatica che non richiede alcuna comunicazione e dunque non ha effetto recettizio in quanto si ritiene sufficiente la sentenza dichiarativa del Tribunale. Si tratta peraltro di una fase che non prosegue sine die, ma impone al curatore precisi adempimenti e tempi da rispettare. Sospensione dei rapporti di lavoro La sospensione dei rapporti di lavoro, in particolare, si protrae fino a quando il curatore, con l'autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, comunica ai lavoratori di subentrarvi, assumendo i relativi obblighi, ovvero il recesso. Quindi il curatore avrà due possibilità: subentrare o recedere dal rapporto di lavoro. Nel primo caso, dovrà ottenere l’autorizzazione del giudice e sentire il comitato dei creditori, nel secondo caso invece potrà agire autonomamente. Anzi, in realtà il comma 2 del citato articolo 189 prevede che il curatore debba procedere al recesso senza indugio, qualora non sia possibile la continuazione o il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo o comunque sussistano manifeste ragioni economiche inerenti l’assetto dell’organizzazione del lavoro; occorre a tal fine tenere conto che l’apertura della liquidazione giudiziale nei confronti del datore di lavoro non costituisce motivo di licenziamento. Il nuovo Codice si occupa anche di dettare precisi tempi per le decisioni. A tal fine, salve le ipotesi che consentono un differimento dei tempi (v. infra), decorso il termine di quattro mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale senza che il curatore abbia comunicato il subentro, i rapporti di lavoro subordinato che non siano già cessati si intendono risolti di diritto. Il recesso del rapporto di lavoro ha effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale. Sotto il profilo procedurale, il curatore ha l’onere di trasmettere all’Ispettorato Territoriale del Lavoro del luogo ove è stata aperta la liquidazione giudiziale, entro trenta giorni dalla nomina, l’elenco dei dipendenti dell’impresa in forza al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale stessa. Se l’impresa occupa più di 50 dipendenti, il suddetto termine può essere prorogato dal giudice delegato di ulteriori trenta giorni. La finalità della comunicazione risiede nel ruolo rivestito dall’Ispettorato. Riprendendo il bivio di fronte al quale si trova il curatore, ovvero se recedere dal rapporto di lavoro, ovvero subentrarvi, e considerando gli stretti tempi entro i quali egli deve assumere la scelta, il legislatore ha previsto la possibilità di una proroga del periodo di sospensione e quindi, di conseguenza, il differimento della scelta sulla destinazione della vicenda dei contratti di lavoro. Proroga del periodo di sospensione La sospensione può essere prorogata su iniziativa del curatore o il direttore dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro del luogo ove è stata aperta la liquidazione giudiziale, qualora essi ritengano sussistenti possibilità di ripresa o trasferimento a terzi dell’azienda o di un suo ramo. In questo caso, costoro possono chiedere al giudice delegato una proroga dei termini, con istanza da depositarsi presso la cancelleria del tribunale, a pena di inammissibilità, almeno quindici giorni prima della scadenza del termine dei quattro mesi fissati, di fatto, per la decisione del curatore sul recesso o il subentro nel rapporto di lavoro. L’istanza di proroga potrà essere presentata anche dai singoli lavoratori, anche se in questo caso la proroga ha effetto solo nei confronti dei lavoratori che hanno formulato la richiesta, personalmente o a mezzo di un loro difensore. In ogni caso, a verificare la situazione è il giudice delegato il quale, in mancanza di un’azione del curatore (recesso, subentro), entro trenta giorni dal deposito dell’istanza di proroga può assegnare al curatore un termine non superiore a otto mesi per la decisione. Il termine di trenta giorni è stabilito tenendo conto delle prospettive di ripresa delle attività o di trasferimento dell’azienda; mentre, in caso di più istanze, i trenta giorni per decidere sull’assegnazione del maggior termine al curatore, decorrono dal deposito dell’ultima delle istanze presentate. Il termine di proroga eventualmente concesso decorre dalla data di deposito del provvedimento in cancelleria. Nell’ipotesi in cui il curatore non assume alcuna decisione neanche all’esito del termine di proroga concesso, i rapporti di lavoro subordinato si intendono risolti di diritto. La cessazione del rapporto di lavoro relativa ai lavoratori nei cui confronti è stata disposta la proroga, da loro diritto al riconoscimento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a otto mensilità, che è ammessa al passivo come credito successivo all’apertura della liquidazione giudiziale. Trascorsi quattro mesi dall’apertura della liquidazione giudiziale, le eventuali dimissioni del lavoratore si intendono rassegnate per giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 del Codice civile con effetto dalla data di apertura della liquidazione giudiziale. Gli aspetti relativi alla cessazione del rapporto di lavoro descritti non riguardano le ipotesi in cui si rendono applicabili le procedure di licenziamento collettivo previsto per i datori di lavoro ai sensi degli articoli 4, comma 1 e 24, comma 1, della legge 23 luglio 1991 n. 223. La regolamentazione delle procedure da seguire per i licenziamenti collettivi in caso di liquidazione giudiziale è quella prevista dal comma 6 del citato art. 189. In ogni caso, è utile evidenziare che la cessazione del rapporto di lavoro ai sensi dell’articolo 189 costituisce perdita involontaria dell’occupazione ai fini del diritto alla prestazione NASpI di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 e al lavoratore è riconosciuto il trattamento NASpI a condizione che ricorrano i requisiti di cui al predetto articolo, nel rispetto delle altre disposizioni di cui al decreto legislativo n. 22/2015.