Gli interventi di chirurgia estetica non possono essere equiparati in maniera generalizzata alle prestazioni mediche, in quanto l’esenzione IVA è ammessa per le sole prestazioni che, oltre ad essere eseguite nell’ambito di una prestazione medica, siano autonomamente qualificabili come di diagnosi, cura e riabilitazione. Le interpretazioni di prassi e giurisprudenza hanno reso necessario l’intervento legislativo per regolare la modalità di assolvimento dell’onere probatorio e salvaguardare i comportamenti dei contribuenti prima della novità normativa. Disciplina IVA comunitaria delle prestazioni di chirurgia estetica L’art. 132 della direttiva n. 2006/112/CE prevede che gli Stati membri dispongano alcune esenzioni a favore di attività di interesse pubblico. Tra di esse, il par. 1, lettera b) contempla l’ospedalizzazione e le cure mediche, nonché le operazioni ad esse strettamente connesse, assicurate da enti di diritto pubblico oppure, a condizioni sociali analoghe a quelle vigenti per i medesimi, da istituti ospedalieri, centri medici e diagnostici e altri istituti della stessa natura debitamente riconosciuti. La successiva lettera c) individua altresì, tra le prestazioni esenti, quelle mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato. La Corte di Giustizia UE, con le sentenze 20 novembre 2003, causa C-307/01 e 20 novembre 2003, causa C-212/01, ha affermato che l’art. 13, parte A, n. 1, lettera c), dell’abrogata VI direttiva CEE (ora art. 132, par. 1, lettera c, della direttiva n. 2006/112/CE), non esenta l’insieme delle prestazioni che possono essere effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche, ma solo quelle corrispondenti alla nozione di “prestazioni mediche”, che deve assumere, ai fini dell’esenzione, un significato autonomo rispetto al complesso delle attività rese nell’ambito di tali professioni. Secondo i giudici comunitari, dato che le esenzioni devono essere interpretate restrittivamente, l’esenzione prevista per le prestazioni mediche va riconosciuta esclusivamente a quelle prestazioni mediche che sono dirette alla diagnosi, alla cura e, nella misura possibile, alla guarigione di malattie e di problemi di salute. Ciò detto, con la sentenza di cui alla causa C-91/12 del 21 marzo 2013, la Corte ha ritenuto che le prestazioni di chirurgia estetica possano beneficiare dell’esenzione IVA se hanno scopo terapeutico e non meramente cosmetico. In particolare, le prestazioni in esame, nei limiti in cui si prefiggano di trattare o curare persone che, a seguito di una malattia, di un trauma oppure di un handicap fisico congenito, abbiano bisogno di un intervento di natura estetica, potrebbero rientrare nelle nozioni di “cure mediche” o di “prestazioni mediche”, ai sensi, rispettivamente, della lettera b) e della lettera c) dell’art. 132, par. 1, della direttiva n. 2006/112/CE. Trattandosi di valutare non soltanto dal punto di vista fisico, ma anche psicologico, lo stato del paziente, la Corte ha osservato che le semplici convinzioni soggettive che sorgono in capo alla persona che si sottopone a un intervento di carattere estetico non sono, di per sé, determinanti ai fini della valutazione della questione se l’intervento abbia scopo terapeutico e, in ogni caso, la circostanza che le prestazioni siano rese da un medico abilitato, oppure che lo scopo delle medesime sia determinato da un professionista siffatto, incidono sulla qualificazione delle prestazioni in esame. Da ultimo, con la sentenza 27 giugno 2019, causa C-597/2017, la Corte ha nuovamente distinto i trattamenti di carattere terapeutico dai trattamenti di carattere estetico, ritenendo che gli stessi rappresentino due tipi di utilizzo concreto chiaramente differenti, che non rispondono alle stesse esigenze dal punto di vista del consumatore medio. Sulla distinzione tra trattamento medico ed estetico si è anche espresso il Comitato IVA del 19 ottobre 2011, il quale ha considerato che un intervento chirurgico per qualificarsi come “cura medica”, ai sensi dell’art. 132, par. 1, lettere b) e c), della direttiva n. 2006/112/CE, deve essere effettuato per uno scopo terapeutico ritenuto necessario ai fini della prevenzione o della cura della malattia che può essere anche di natura psicologica. Più recentemente, il Comitato IVA del 22 novembre 2021 ha ritenuto che, quando un intervento è intrapreso solo per scopi cosmetici, non può essere qualificato come un trattamento medico e, quindi, le raccomandazioni dietetiche sono esenti da IVA, come le cure mediche, solo se sono fornite a scopo terapeutico, cioè a fini di prevenzione, diagnosi, cura di una condizione o ripristino della salute. Disciplina IVA italiana delle prestazioni di chirurgia estetica Nella disciplina italiana, l’art. 10, comma 1, n. 18), del D.P.R. n. 633/1972 esenta da IVA le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del Testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. n. 1265/1934, ovvero individuate con decreto del Ministro della Sanità di concerto con il Ministro delle Finanze. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 4/E del 28 gennaio 2005 (§ 8), in riferimento alle prestazioni mediche di chirurgia estetica, ha chiarito che le stesse sono esenti da IVA in quanto ontologicamente connesse al benessere psico-fisico del soggetto che riceve la prestazione e, quindi, alla tutela della salute della persona, specificando che si tratta di interventi tesi a riparare inestetismi, sia congeniti sia talvolta dovuti ad eventi pregressi di vario genere (es. malattie tumorali, incidenti stradali, incendi, etc.), comunque suscettibili di creare disagi psico-fisici alle persone. Anche una parte della giurisprudenza di merito è risultata allineata con il richiamato orientamento della prassi amministrativa, affermando che i trattamenti di medicina estetica e di chirurgia estetica rientrano nel campo dei trattamenti medici, rivolti a curare patologie che possono essere non solo di natura fisica, ma anche psichica, poiché ben possono essere diretti al conseguimento dello stato di benessere del paziente e, inoltre, tali trattamenti sono riservati all’esercizio della professione sanitaria di medico (CTP Ravenna, 8 gennaio 2018, n. 9/1/18). Da ultimo, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27947 del 13 ottobre 2021, ha ribadito che rientrano nella nozione di “cure mediche” o di “prestazioni mediche”, ai fini dell’esenzione IVA, le operazioni di chirurgia estetica e i trattamenti di carattere estetico aventi lo scopo di trattare o curare persone che, a seguito di una malattia, di un trauma o di un handicap fisico congenito, necessitino di un intervento di natura estetica e non anche gli interventi che rispondono a scopi puramente cosmetici. Infatti, le prestazioni di natura puramente estetica, anche se rese da personale infermieristico soggetto a vigilanza ai sensi dell’art. 99 del Testo unico delle leggi sanitarie, sono escluse dal diritto all’esenzione, una volta appurato che i trattamenti praticati non hanno contenuto intrinseco di prestazione sanitaria medica o paramedica, alla quale è riservata l’agevolazione (Cass., 17 luglio 2019, n. 19178; Id., 21 giugno 2013, n. 15740; Id., 2 novembre 2005, n. 21272). Alla luce del descritto quadro normativo e interpretativo, il Ministero dell’Economia e delle finanze, nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 3-03094 del 10 marzo 2022, disattendendo la posizione assunta da alcune associazioni di categoria e taluni Ordini locali dei medici, ha chiarito che gli interventi di chirurgia estetica non possono essere equiparati in maniera generalizzata alle prestazioni mediche alle quali fa riferimento l’art. 10, comma 1, n. 18), del D.P.R. n. 633/1972, essendo necessario che il requisito soggettivo e quello oggettivo siano esplicitamente ed autonomamente identificabili ai fine dell’applicazione dell’esenzione. Di conseguenza, l’esenzione è ammessa per le sole prestazioni che, oltre ad essere eseguite nell’ambito di una prestazione medica, siano autonomamente qualificabili come di diagnosi, cura e riabilitazione. Successivamente la Corte di Cassazione, con le ordinanza n. 26906 del 13 settembre 2022 e n. 6572 del 28 febbraio 2022, ha rilevato che le prestazioni mediche e paramediche di chirurgia estetica si distinguono dalle prestazioni a contenuto meramente cosmetico e sono esenti da imposta nei limiti in cui sono finalizzate a trattare o curare persone che, a seguito di una malattia, di un trauma o di un handicap fisico congenito, subiscono disagi psico-fisici e, dunque, sono rivolte alla tutela della salute, gravando sul contribuente l’onere di provare la sussistenza dei suddetti requisiti soggettivi e oggettivi. Novità del decreto Anticipi e del decreto Omnibus Tale aspetto pratico, relativo alla modalità di assolvimento dell’onere probatorio, è stato risolto, per via normativa, dall’art. 4-quater del D.L. n. 145/2023 (decreto Anticipi), inserito, in sede di conversione, dall’art. 1, comma 1, della L. n. 191/2023. Con effetto dal 17 dicembre 2023, al comma 1, viene estesa l’esenzione IVA delle prestazioni sanitarie anche alle prestazioni di chirurgia estetica rese alla persona volte a diagnosticare o curare malattie o problemi di salute ovvero a tutelare, mantenere o ristabilire la salute, anche psico-fisica, a condizione che tali finalità terapeutiche risultino da apposita attestazione medica. La disposizione risulta, pertanto, finalizzata a superare, con una norma espressa e di rango primario, le questioni interpretative sorte sull’effettiva applicazione dell’IVA alle prestazioni di chirurgia estetica, anche alla luce della giurisprudenza comunitaria, dei documenti di prassi dell’Amministrazione finanziaria e delle pronunce della Corte di Cassazione. Il comma 2 dell’art. 4-quater del D.L. n. 145/2023 aggiunge che, a prescindere dal verificarsi delle predette condizioni, resta fermo il trattamento IVA applicato alle prestazioni sanitarie di chirurgia estetica effettuate anteriormente al 17 dicembre 2023. L’art. 7-sexies del D.L. n. 113/2024 (decreto Omnibus), inserito in sede di conversione, al fine di rendere inequivocabile l’intento di tutelare il legittimo affidamento, modifica tale disposizione, disponendo che sono fatti salvi i comportamenti adottati dai contribuenti prima del 17 dicembre 2023.