Alle cessioni gratuite di beni e attrezzature effettuate per finalità umanitarie risulta applicabile il regime di non imponibilità IVA previsto dall'articolo 8, primo comma, lett. b-bis) del d.P.R. n. 633/1972 (Decreto IVA). Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate con la risposta n. 182 del 12 settembre 2024. La Legge 20 novembre 2017 n. 167 (Legge europea 2017), in attuazione dell'articolo 146 della Direttiva 2006/112/CE, ha inserito la lettera b-bis all'articolo 8, comma 1, del Decreto IVA, ai sensi della quale "costituiscono cessioni all'esportazione non imponibili: [...] le cessioni con trasporto o spedizione fuori dal territorio dell'Unione europea entro centottanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario e per suo conto, effettuate, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, nei confronti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell'elenco di cui all'articolo 26, comma 3, della legge 11 agosto 2014, n. 125, in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo. La prova dell'avvenuta esportazione dei beni è data dalla documentazione doganale". La disposizione sostituisce quanto in precedenza previsto dall'articolo 26, comma 5, della legge n. 125 del 2014, che è stato espressamente abrogato con la legge europea 2017. In sostanza, la novella normativa di cui alla lettera b-bis, dell'articolo 8, primo comma, del Decreto IVA, dispone che sono considerate cessioni all'esportazione non imponibili le cessioni nei confronti «delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti della cooperazione allo sviluppo iscritti nell'elenco di cui all'articolo 26, comma 3, della legge 11 agosto 2014, n. 125», ma a determinate condizioni. Il cessionario deve trasportare o spedire i beni fuori del territorio dell'Unione europea, anche attraverso un soggetto che lo effettua per suo conto, entro 180 giorni dalla consegna; le cessioni dei beni devono avvenire in attuazione di finalità umanitarie, comprese quelle dirette a realizzare programmi di cooperazione allo sviluppo. La norma prevede che la prova dell'avvenuta esportazione dei beni debba essere data dalla documentazione doganale. Riguardo al Decreto attuativo previsto dalla norma, si evidenzia che, nelle more dell'emanazione dello stesso, continua a trovare applicazione il decreto del Ministro delle finanze 10 marzo 1988 n. 379, applicabile ai sensi dell'articolo 1, comma 140, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Ai fini della prova dell'avvenuta esportazione, la lettera b-bis dell'articolo 8 del Decreto IVA sembra richiedere esclusivamente la documentazione doganale. Per meglio comprendere la portata di tale requisito appare, tuttavia, opportuno richiamare i chiarimenti forniti sul punto dalla giurisprudenza di legittimità. In particolare, sebbene la destinazione della merce all'esportazione debba, in linea di principio, essere provata da adeguata documentazione doganale - oppure dalla vidimazione apposta dall'ufficio doganale sulla fattura o su un esemplare della bolla di accompagnamento o, se quest'ultima non è prescritta, dal documento di trasporto, oppure secondo modi e tempi previsti da appositi decreti ministeriali - la stessa Corte di legittimità ammette che, a determinate condizioni, la prova in commento possa essere fornita con ogni mezzo, "non potendosi addebitare all'esportatore la mancata esibizione di un documento di cui egli non ha la disponibilità" (Corte Cass., n. 25454/2018). Ai fini della validità della prova, la S.C. richiede che la stessa sia certa e incontrovertibile, quale è, per esempio, l'attestazione di pubbliche amministrazioni del Paese di destinazione dell'avvenuta presentazione delle merci in dogana (cfr. Cass., n.1570/2014; Cass., n. 5980/2014; Cass., n. 10356/2022; Cass., n. 11112/2022). Anche la Corte di giustizia dell'UE, nella Causa C-275/18 del 28 marzo 2019, ha disposto che l'articolo 146, paragrafo 1, lettera a), della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, letto in combinato disposto con l'articolo 131 della stessa, deve essere interpretato nel senso che osta a che una disposizione legislativa nazionale subordini l'esenzione IVA prevista per beni destinati a essere esportati fuori dall'UE alla condizione che tali beni siano stati vincolati al regime doganale dell'esportazione, in una situazione nella quale è dimostrato che le condizioni sostanziali dell'esenzione, tra cui in particolare quella che richiede l'uscita effettiva dal territorio dell'Unione dei beni interessati, sono soddisfatte.