Entro il 16 marzo 2023 devono essere state trasmesse telematicamente all’Agenzia delle Entrate tutte le certificazioni uniche relative ai redditi di lavoro dipendente, nonché le certificazioni relative a redditi diversi e redditi di lavoro autonomo che possono trovare accoglimento nella dichiarazione precompilata (quali, ad esempio, i diritti d’autore e le prestazioni occasionali). Nel caso in cui ci si renda conto di aver dimenticato qualche certificazione, oppure che la trasmissione sia stata effettuata con dati errati, è bene aver chiaro il quadro sanzionatorio, nonché i comportamenti che è possibile adottare al fine di contenere le sanzioni. In premessa occorre ricordare che la sanzione prevista per ciascuna certificazione omessa, tardiva o errata è pari a 100 euro (ex articolo 4, comma 6-quinquies del DpR 332/1998). Non è possibile avvalersi del cumulo giuridico, tuttavia la medesima norma prevede che la sanzione massima comminabile in capo al sostituto di imposta sia pari a 50.000 euro. Tale sanzione, si badi bene, non può essere ridotta avvalendosi del ravvedimento operoso, e non è considerata violazione formale (ovverosia, per quanto riguarda le eventuali violazioni compiute fino al 31 ottobre 2022, non può rientrare nella sanatoria prevista dalla manovra finanziaria 2023). Detto questo, vi è comunque da evidenziare, alla luce della scadenza appena decorsa, la fondamentale differenza che incorre tra certificazione omessa (ovvero mai trasmessa) e quella invece trasmessa, ma con dati errati. Infatti, se la certificazione il cui termine di trasmissione è scaduto il 16 marzo 2023 non è mai stata trasmessa, sfortunatamente non vi è rimedio alcuno. Il sostituto è pertanto passibile di sanzione, nella misura già sovra riportata, senza possibilità di avvalersi di alcuna riduzione. Se, invece, la certificazione è stata trasmessa entro il termine, ma con dati errati, la summenzionata norma offre due possibilità di rimedio, che consentono di contenere decisamente le sanzioni e, addirittura, di azzerarle. Viene infatti previsto che la certificazione trasmessa con dati errati possa essere corretta, mediante invio di una certificazione sostitutiva entro cinque giorni dalla scadenza originaria (16 marzo), ed in tal caso non sarà comminata alcuna sanzione. Se anche questa possibilità dovesse sfumare, è ancora possibile correggere i dati, entro 60 giorni dalla scadenza originaria, sempre inviando una certificazione correttiva, ed in tal caso la sanzione si riduce ad un terzo, scendendo da 100 euro per certificazione a 33,33 euro per certificazione. La soglia massima di sanzione comminabile, tuttavia, non si riduce di un terzo rispetto ai 50.000 euro previsti dal regime sanzionatorio ordinario, bensì viene stabilita in 20.000 euro. Vi è ancora un caso da prendere in considerazione, ovvero quello dello scarto. Come per ogni trasmissione telematica, la stessa si considera effettuata nel momento in cui l’amministrazione attesta (anche in giorni successivi) l’avvenuta acquisizione della fornitura. Se, viceversa, interviene uno scarto, è come se la certificazione non fosse mai stata trasmessa. Tuttavia, la circolare del Ministero delle Finanze (Dipartimento delle Entrate) n. 195/E del 24 settembre 1999 aveva espressamente ricordato che - anche per le certificazioni uniche - valgono i cinque giorni di tempo per l’effettuazione di una nuova trasmissione se il dato è stato scartato, approfittando dei quali non si incorre in sanzione. Occorre però porre la massima attenzione al fatto che i cinque giorni decorrono dalla data della ricevuta rilasciata dall’amministrazione finanziaria che attesta lo scarto stesso, il ché può rivelarsi essere un vantaggio per il contribuente, ma anche uno svantaggio. Chiariamo con l’ausilio di alcuni esempi: certificazione unica trasmessa il 16 marzo, per la quale intervenga lo scarto recante data 18 marzo. In questo caso, i 5 giorni per il nuovo invio decorrono dal 18 marzo, quindi l’arco di tempo concesso per rimediare in assenza di sanzioni ha inizio, e termina, dopo il termine per la trasmissione originaria; certificazione unica trasmessa il 12 marzo, per la quale sia intervenuto lo scarto in pari data. In questo caso, i 5 giorni per il nuovo invio decorrono dal 12 marzo, ovvero prima del termine ultimo previsto per la trasmissione ordinaria (16 marzo). Come si è detto, è comunque alla data dello scarto che occorre guardare. Di conseguenza, in cinque giorni devono essere computati dal 12 marzo, e non dal 16. Una trasmissione effettuata, in ipotesi, il 18 marzo, è pertanto tardiva, essendo stata effettuata oltre i 5 giorni dallo scarto. Di conseguenza, resta dovuta la sanzione di 100 euro (piena, perché la prima trasmissione, oggetto di scarto non sanato in tempo utile, è come se non fosse mai avvenuta); certificazione unica tramessa il 1° marzo, per la quale sia intervenuto lo scarto il 2 marzo. Anche in questo caso, se non si è posto rimedio entro 5 giorni dal 2 marzo, i termini sono abbondantemente scaduti. In questo caso, però, il contribuente potrebbe aver rimediato oltre i cinque giorni dalla data dello scarto, ma entro il termine ordinario del 16 marzo, ed in tal caso non è sanzionabile.