La Corte di Giustizia Ue è intervenuta in due cause aventi ad oggetto una discriminazione dei lavoratori fondata sull’età: - la causa C-24/17 in merito ad una controversia relativa alla legittimità del regime federale di retribuzione e di avanzamento degli agenti a contratto nel pubblico impiego adottato dal legislatore austriaco per porre fine a una discriminazione fondata sull’età; - la causa C-396/17 in merito ad una controversia avente ad oggetto l’avanzamento di carriera e l’inquadramento retributivo del ricorrente nel procedimento principale. LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE La Corte di Giustizia UE nelle sentenze dell’8 maggio 2019 relative alle due cause rileva, in via preliminare, che in Austria, i sistemi di retribuzione e promozione applicabili ai dipendenti pubblici e agli agenti contrattuali nello Stato non prendevano in considerazione l'esperienza professionale acquisita prima dei 18 anni. In seguito alla constatazione da parte della Corte di giustizia che tale esclusione costituisce una discriminazione ingiustificata sulla base dell'età, il legislatore austriaco ha intrapreso una prima riforma di questi regimi nel 2010 che tuttavia non ha del tutto eliminato il carattere discriminatorio. Successivamente, con la riforma del sistema avvenuta nel 2015 e nel 2016 è stato previsto un nuovo sistema di retribuzione e promozione che prevede il reinquadramento di funzionari e agenti contrattuali in servizio sulla base dell'ultima retribuzione percepitanell'ambito del regime precedente. Dall’analisi effettuata la Corte ritiene che i nuovi regimi non siano ancora del tutto idonei ad eliminare qualsiasi discriminazione per i funzionari e gli agenti contrattuali svantaggiati dai precedenti regimi di remunerazione e promozione. Al contrario, mantengono la discriminazione sulla base dell'età. Pertanto, la Corte dichiara che il divieto di discriminazione in ragione dell'età osta a norme nazionali, come quelle in questione, aventi effetto retroattivo che, al fine di porre fine alla discriminazione in base all'età, prevede un reinquadramento degli agenti a contratto in servizio in un nuovo regime di retribuzione e di avanzamento nell’ambito del quale il primo inquadramento di tali agenti a contratto è determinato in funzione dell’ultima retribuzione percepita a titolo del precedente regime. La Corte ribadisce che, nel caso in cui le disposizioni nazionali non possano essere interpretate in modo coerente con la direttiva antidiscriminazione, il giudice nazionale è tenuto a fornire la protezione giuridica delle persone soggette alla presente direttiva e a garantire la piena efficacia di esso, lasciando inapplicata qualsiasi disposizione nazionale contraria. Se sia stata accertata una discriminazione contraria al diritto dell'UE e fintanto che non siano state adottate misure volte a ristabilire la parità di trattamento, il ripristino della parità di trattamento per i soggetti coinvolti, comporta la concessione, agli agenti a contratto sfavoriti dal precedente regime di retribuzione e di avanzamento, degli stessi vantaggi di cui hanno potuto beneficiare gli agenti a contratto favoriti da tale regime, per quanto riguarda sia la presa in considerazione dei periodi di servizio maturati prima del compimento del diciottesimo anno di età sia l’avanzamento nella scala retributiva. Ne consegue, che un funzionario o un agente contrattuale discriminato ha diritto alla concessione di un’indennità finanziaria agli agenti a contratto discriminati per un importo pari alla differenza tra l’importo della retribuzione che l’agente a contratto interessato avrebbe dovuto percepire se non fosse stato trattato in modo discriminatorio e l’importo della retribuzione effettivamente percepita. In merito alla compatibilità con la libera circolazione dei lavoratori delle nuove norme relative alla presa in considerazione dell'esperienza professionale degli agenti contrattuali statali la Corte dichiara che una normativa di uno stato membro non può determinare l’anzianità retributiva di un agente a contratto, prendendo integralmente in considerazione i pregressi periodi di servizio compiuti nell’ambito di un rapporto di lavoro con un ente locale o un comune di uno Stato membro dello Spazio economico europeo, della Repubblica di Turchia o della Confederazione svizzera, con un organismo dell’Unione europea o, inoltre, con un’organizzazione intergovernativa cui la Repubblica d’Austria appartiene o con altri organismi analoghi, mentre qualsiasi altro pregresso periodo di servizio è preso in considerazione solo fino ad un massimo di dieci anni e nei limiti in cui sia pertinente. Tali norme in quanto possono scoraggiare i lavoratori migranti che hanno acquisito o acquisiscono un'esperienza lavorativa di più di 10 anni da altri datori di lavoro, per esercitare il loro diritto alla libera circolazione.