Corte di Giustizia Ue - Causa C-802/18 La Corte di Giustizia UE è stata chiamata a fornire chiarimenti, nella causa C-802/18, nel contesto di una controversia tra, da una parte, la Caisse pour l’avenir des enfants, Cassa per il futuro dei minori, Lussemburgo e, dall’altra un lavoratore frontaliero e la moglie in riferimento al diniego di detta cassa di concedere gli assegni familiari per il figlio nato dal primo matrimonio della moglie, dato che il minore non ha un legame di filiazione con il lavoratore. IL FATTO In particolare il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di chiarire se l’articolo 1, lettera i), del regolamento n. 883/2004, letto in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 492/2011 e con l’articolo 2, punto 2), della direttiva 2004/38, deve essere interpretato nel senso che osta a disposizioni di uno Stato membro in forza delle quali i lavoratori frontalieri possono percepire un assegno familiare connesso all’esercizio, da parte loro, di un’attività di lavoro dipendente in uno Stato membro solo per i propri figli, e non per i figli del coniuge, con i quali non hanno un legame di filiazione, mentre il diritto di percepire tale allocazione sussiste per tutti i minori residenti in detto Stato membro. LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE La Corte di Giustizia Ue rileva innanzi tutto che l'indennità di cui si parla è versata per tutti i bambini di lavoratori sia residenti sia non residenti in Lussemburgo che abbiano un legame di genitorialità. Questo servizio è quindi concesso senza alcuna valutazione individuale e discrezionale dei bisogni personali, ma sulla base di una situazione legalmente definita. Inoltre, la Corte ha sottolineato che: - la prestazione in questione rappresenta un contributo pubblico al bilancio familiare destinato a ridurre i costi derivanti dal mantenimento dei figli e quindi costituisce una prestazione sociale rientrante nelle prestazioni familiari di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera j), del regolamento n. 883/2004; - nel caso di un lavoratore frontaliero, il regolamento si applica proprio in quanto cittadino di uno degli Stati membri dell’Europa; - i membri i familiari del lavoratore migrante sono beneficiari indiretti della parità di trattamento riconosciuta a detto lavoratore; - per figlio di un lavoratore frontaliero che può beneficiare indirettamente dei vantaggi sociali deve intendersi non solo il figlio che ha un legame di filiazione con il lavoratore in parola, ma altresì il figlio del coniuge o del partner registrato del lavoratore suddetto, laddove quest’ultimo provveda al mantenimento di tale figlio. A tale proposito la Corte evidenzia che è vero che le persone aventi diritto alle prestazioni familiari sono determinate conformemente al diritto nazionale ma resta comunque il fatto che gli Stati membri devono rispettare il diritto dell'Unione, in questo caso le disposizioni relativo alla libera circolazione dei lavoratori. Pertanto dichiara che sono contrarie alla normativa europea le disposizioni di uno Stato membro in forza delle quali i lavoratori frontalieri possono percepire un assegno familiare connesso all’esercizio, da parte loro, di un’attività di lavoro dipendente in uno Stato membro solo per i propri figli, e non per i figli del coniuge con i quali non hanno un legame di filiazione pur occupandosi del loro mantenimento, mentre tutti i minori residenti in detto Stato membro hanno diritto al percepimento di tale allocazione.