La normativa introduttiva dell’Imu ha in gran parte stravolto la precedente normativa dell’Ici, riducendosi sensibilmente le possibilità di interpretazione estensiva delle norme di riferimento; in particolare, durante la vigenza dell’imposta Ici, era possibile ritenere valida l’unione di fatto di due unità immobiliari abitative, mentre con l’Imu questo non è più possibile proprio perché il dettato definisce quale abitazione principale l’immobile iscritto o iscrivibile nel Catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare nel quale il possessore risiede anagraficamente. Questo il principio che emerge dalla sentenza della Ctr Lombardia n. 2699/2019 del 21 giugno 2019. Il “passaggio generazionale” dalla normativa Ici a quella Imu (Dl 201/2011, convertito con modificazioni nella legge n. 214/2011) non è stato indolore; ne sono una testimonianza le diverse questioni portate all’attenzione dei giudici tributari su fattispecie trattate diversamente se rientranti nella disciplina Ici oppure in quella Imu, esistendo fra i due dettati normativi molteplici differenze. IL FATTO Il caso in commento concerneva l’impugnazione da parte di una contribuente di un avviso di accertamento Imu che motivava al giudice la richiesta di annullamento in quanto la sua abitazione, unita a quella del marito convivente, doveva essere considerata prima casa; eccezione che veniva accolta dalla Ctp in quanto la ricorrente aveva documentato in atti la situazione di unifìcazione degli appartamenti, (subalterni distinti ma con unica entrata), sottolineando altresì come il Comune non si fosse neppure costituito in giudizio per rappresentare una diversa realtà. LA DECISIONE DELLA CTR LOMBARDIA Di parere opposto la Ctr Lombardia che, invece, decide di accogliere l’appello dell’ente locale. Il Collegio d’appello preliminarmente sottolinea come la normativa introduttiva dell’Imu ha in gran parte stravolto la precedente normativa dell’Ici, riducendosi sensibilmente la possibilità di un’interpretazione estensiva delle norme di riferimento; in particolare, nel caso di specie, dirimente, a parere dei giudici d’appello, è il dettato dell’articolo 13, comma 2, del Dl 201/2011, convertito con modificazioni nella legge n. 214/2011, che definisce come abitazione principale l’immobile iscritto o iscrivibile nel Catasto edilizio urbano (Ceu) come unica unità immobiliare nel quale il possessore risiede anagraficamente. All’uopo si trattava, proseguono i giudici, di immobili identificati e iscritti separatamente al Ceu essendo noto, ai sensi di legge, che un nucleo familiare può avere una sola abitazione principale nello stesso Comune, indipendentemente dagli immobili posseduti da ciascuno dei coniugi. A tal fine erano da considerare prive di pregio, conclude il Collegio regionale, le affermazioni fatte dalla contribuente nel trattarsi dell’unica casa di proprietà in tutta la Lombardia nonché il riferimento al regime di separazione dei beni fra coniugi in assenza dell’effettiva unione (catastale o anche solo ai fini fiscali) degli appartamenti con una propria singola rendita, trattandosi, nella realtà, di una mera “unione di fatto” . Giova ricordare che la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 12050 del 17 maggio 2018 ha ribadito il principio per il quale l’agevolazione per abitazione principale si applica quando i coniugi (e gli altri componenti il nucleo familiare) dimorano congiuntamente ed abitualmente nell’immobile oggetto di detrazione; al contrario (come ad esempio nel caso di coniugi separati di fatto), il diritto all’agevolazione viene meno. Sul punto c’è da domandarsi quanto una norma agevolativa possa essere interpretata ed adeguata a fenomeni economico-sociali che portano necessariamente a considerare un’idea diversa della dimora abituale del nucleo familiare (pensiamo ad esempio ad un’ipotesi tutt’altro che remota laddove i due coniugi, per esigenze di lavoro, dimorano abitualmente in due città diverse). Certamente, trattandosi di norme e aliquote agevolate, è abbastanza difficile che gli interpreti riescano ad applicare interpretazioni analogiche o estensive, anche se in alcune occasioni la giurisprudenza ha fatto ricorso a tali istituti in presenza di cause di forza maggiore o di fattispecie sovrapponibili.