L’entrata in vigore del Codice degli appalti di cui al D.Lgs. n. 36/2023, ha ridefinito in modo determinante la disciplina dell’appalto integrato, caratterizzato fin dalla sua originaria istituzione da un continuo susseguirsi di norme, con l’obiettivo evidente del legislatore di un suo rientro negli schemi normativi nell’ambito dei lavori pubblici, favorendone al tempo stesso il suo pieno sviluppo. Al primo intervento normativo, introdotto nel nostro ordinamento con la Legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. F “Legge sulle opere pubbliche”, proprio in ragione della particolarità della natura di tale contratto “misto”, avente per l’appunto ad oggetto l’affidamento congiunto della progettazione esecutiva e dell'esecuzione dei lavori per la realizzazione dell’opera pubblica, sono seguite nel corso degli anni continue rivisitazioni a livello normativo che hanno segnato in maniera evidente l’evoluzione di tale istituto, talvolta limitandone rigorosamente gli ambiti di utilizzo, talvolta favorendone il suo ricorso attraverso una disciplina meno restrittiva ma in continuo riesame. Quando e come è possibile il ricorso all’appalto integrato La disciplina in materia, giunta fino all’attuale normativa, è stata rianalizzata nel tempo con uno specifico riguardo del legislatore alla fase di progettazione esecutiva, attraverso l’introduzione di correttivi. Lo svolgimento di tale fase, inizialmente prevista in maniera “esclusiva” a carico del personale in servizio presso la stazione appaltante, dotato di adeguate professionalità e competenze, mirava all’ottenimento sia un migliore soddisfacimento dell’interesse pubblico che del contenimento dei costi di realizzazione delle opere pubbliche, è stata successivamente revisionata, consentendo l’esecuzione a carico degli appaltatori attraverso la creazione di forme di collaborazione, con il fine di ottenerne un’utilità derivante delle competenze e professionalità possedute dagli stessi operatori economici del settore e non sempre presenti nell’organico delle Pubbliche Amministrazioni. Ciò nonostante il legislatore è ritornato su questo punto, con un atteggiamento di scetticismo, mettendo in atto una ulteriore inversione di tendenza volta ad escludere gli effetti potenzialmente negativi che si sarebbero potuti generare dalla separazione della progettazione esecutiva e dell'esecuzione dei lavori sia riguardo la correttezza e trasparenza delle procedure di affidamento dell’appalto, che relativamente alla possibilità di un aumento smisurato dei costi di realizzazione delle opere, facendo venire meno i principi cardine dell’attività amministrativa pubblica. Attualmente, con riferimento alla disciplina contenuta all’art. 44 del D.Lgs. 36/2023, subentrata a quella immediatamente precedente di cui all’art. 59 del D.Lgs. 50/2016, che vietava in linea generale il ricorso all’appalto integrato, si assiste alla volontà del legislatore di porre in essere una maggiore apertura nell’utilizzo di tale istituto contrattuale, superando quei vincoli che nel passato hanno impattato negativamente sull’obiettivo originario per cui tale istituto era stato voluto, ovvero il soddisfacimento dell’interesse pubblico e nel contempo il contenimento della spesa pubblica. Da una prima analisi della norma, vengono aboliti i limiti posti precedentemente sul ricorso all’appalto integrato unicamente ai casi di affidamento a contraente generale, finanza di progetto, locazione finanziaria ed opere di urbanizzazione a scomputo, facendo anche venire meno l’obbligo di dimostrabilità della prevalenza dell’elemento tecnologico o innovativo su quello economico. Entrando nel dettaglio dei contenuti, la norma, ponendo il divieto assoluto di ricorrere all’appalto integrato unicamente per l’esecuzione di opere di manutenzione ordinaria, concede la facoltà alla stazione appaltante o all’ente concedente, a patto che siano qualificati, di stabilire, nella decisione di contrarre che il contratto abbia per oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori, sulla base di un progetto di fattibilità tecnico economica approvato. Permane comunque, a carico della stazione appaltante, l’obbligo di motivare la scelta di ricorso a tale istituto, richiamando in maniera dettagliata le peculiarità tecniche dell’opera da realizzarsi e tenendo sempre conto del rischio di eventuali scostamenti di costo nella fase esecutiva, rispetto a quanto è stato previsto in sede contrattuale. Quanto all’affidamento separato di lavori e progettazione viene comunque meno l’obbligo, in caso di ricorso all’appalto integrato, di riportare l’effettiva incidenza sui tempi della realizzazione dell’opera pubblica. Requisiti dei progettisti, criterio di valutazione, indicazione del corrispettivo Incisive sono le novità riguardanti i requisiti dei progettisti, il criterio di valutazione dell’offerta e l’indicazione distinta del corrispettivo previsto per le attività di progettazione e di esecuzione dei lavori, contenute ai commi 3 e 4 dell’art. 44. Ai sensi dell’art. 44, comma 3, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, e in assenza, avvalersi di progettisti qualificati da indicare nell’offerta, o, partecipare alla gara in raggruppamento temporaneo con soggetti qualificati per la progettazione. La norma dispone a riguardo che i concorrenti debbano essere in possesso di una specializzazione professionale per quanto riguarda la progettazione. La qualificazione per la progettazione deve anche comprendere l’utilizzo di metodi e strumenti digitali per la gestione informativa mediante modellazione (BIM) che ai sensi dell’art. 43 comma 1, ne prevede l'utilizzo obbligatorio dal primo gennaio 2025 per gli appalti di importo pari o superiore al milione di euro. Ai sensi dell’art.44, comma 4, l'offerta per l’affidamento del contratto di appalto integrato dovrà essere valutata dalla stazione appaltante unicamente con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. Inoltre, nella sua formulazione, l’operatore economico dovrà necessariamente tenere conto che tale documento dovrà avere ad oggetto sia il progetto esecutivo che il prezzo e riportare distintamente l’indicazione del corrispettivo richiesto per la progettazione e quello per l’esecuzione dei lavori. Qualora, in fase di offerta, l’operatore economico si avvalga di un progettista qualificato indicherà separatamente i corrispettivi richiesti per la progettazione e l’esecuzione dell’opera. A sua volta la stazione appaltante nei documenti di gara individuerà le modalità per la corresponsione degli oneri che riguardano la progettazione direttamente nei confronti del progettista, previa approvazione del progetto. Quanto all’indicazione prevista dalla norma all’art. 44 “avvalersi di progettisti qualificati (…)” sia la giurisprudenza sia la dottrina si sono espresse a riguardo affermando che tale espressione intende far richiamo al classico contratto d’opera ex art. 2222 c.c. tra professionista e impresa. Da ciò ne scaturisce i progettisti indicati dall’operatore economico non sono qualificati come “concorrenti” e che nel caso di aggiudicazione essi non saranno parti del rapporto contrattuale con la Pubblica Amministrazione e non assumeranno alcuna responsabilità riguardo all’offerta presentata dall’appaltatore. È evidente, dunque, la volontà manifestata dal legislatore, con una disciplina del tutto innovativa, di favorire una sinergia tra i vari attori che intervengono a diverso titolo nello svolgimento di attività di realizzazione dell’opera pubblica, attraverso l’appalto integrato, che può produrre effetti a beneficio sia dell’intera comunità che dell’economia del Paese.