La sussistenza di analoghe anomalie nella contabilità dell’emittente e dell’utilizzatore avvalora la falsità delle operazioni e quindi la responsabilità penale per i reati in materia di operazioni inesistenti. Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18279 del 16 giugno 2020. IL FATTO La vicenda riguarda due imprenditori condannati uno per utilizzo e uno per emissione di fatture per operazioni inesistenti. La decisione, confermata in entrambi i gradi di merito, veniva impugnata in Cassazione, lamentando un’errata valutazione delle prove. In particolare, secondo la difesa, trattandosi di opere edili, era mancato un riscontro sia presso i clienti proprietari degli immobili oggetto di intervento, sia sui conti correnti dei soggetti coinvolti. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Suprema corte, confermando la decisione, ha innanzitutto rilevato che in sede di appello il giudice aveva riesaminato criticamente tutto il materiale probatorio. Più precisamente dalle prove in atti emergeva che l’utilizzatore delle fatture le aveva inserite in contabilità proprio nell’imminenza della scadenza della dichiarazione, mentre l’emittente nemmeno le aveva conservate. Inoltre, la descrizione dei documenti era generica e in alcuni casi illeggibile nonostante il valore non fosse irrisorio. L’emittente, in ogni caso, era privo di personale o materiali necessari per eseguire le prestazioni fatturate. Infine, entrambi non avevano dimostrato l’effettiva corresponsione del pagamento o le modalità in cui sarebbe dovuto avvenire. La difesa sul punto aveva descritto le opere eseguite, al fine di dar prova dell’effettività delle prestazioni fatturate. Tuttavia, i giudici di legittimità hanno evidenziato che tale tesi era del tutto irrilevante atteso che dai documenti contabili in atti non risultavano descritti i lavori che gli imputati sostenevano di aver effettuato. In ultimo, la Cassazione ha rilevato che l'utilizzatore aveva tratto beneficio fiscale con la registrazione delle citate fatture. La decisione fa riflettere perché tutti gli elementi singolarmente considerati avrebbero verosimilmente giustificato la sussistenza delle prestazioni e quindi l'infondatezza dell’accusa. Tuttavia, valutati nel loro complesso, per di più unitamente tra emittente ed utilizzatore, si sono in realtà mostrati convergenti nel confermare l’ipotesi accusatoria. Infatti, ad esempio, la registrazione delle fatture da parte dell'utilizzatore a ridosso della presentazione della dichiarazione, valutato contemporaneamente alla mancata conservazione delle stesse da parte dell'emittente, potrebbe maggiormente dimostrare intenti evasivi. Ciò non equivale all’inversione all’onere della prova in capo all'imputato, ma si tratta della mera concordanza degli indizi accusatori. Va ricordato che, l’articolo 9 Dlgs 74/00 esclude il concorso tra emittente e utilizzatore dei documenti per operazioni inesistenti. Per la Cassazione tale esclusione opera solo se il destinatario delle fatture le abbia concretamente utilizzate e quindi risulti imputato per il reato di dichiarazione fraudolenta (Cassazione 41124/19).