Analisi e statistiche sulle dichiarazioni fiscali 2018: studi di settore e Irpef per reddito prevalente

Il Dipartimento delle Finanze ha pubblicato le statistiche relative agli studi di settore, alle dichiarazioni delle persone fisiche in base al reddito prevalente e ad altri dati trasmessi dai contribuenti nel 2018, relativi al periodo d’imposta 2017

Analisi e statistiche sulle dichiarazioni fiscali 2018: studi di settore e Irpef per reddito prevalenteIl Dipartimento delle Finanze ha pubblicato le statistiche relative agli studi di settore, alle dichiarazioni delle persone fisiche in base al reddito prevalente e ad altri dati trasmessi dai contribuenti nel 2018, relativi al periodo d’imposta 2017.

Studi di settore

Nel 2017 si è registrata una crescita del Pil (+2% in termini nominali e +1,6% in termini reali). In tale contesto, l’applicazione degli studi di settore nel 2017 ha riguardato circa 3,2 milioni di soggetti (di cui il 61,5% persone fisiche). Con l’introduzione degli indici sintetici di affidabilità (Isa) a partire dall’anno 2019, gli studi di settore saranno applicati nel 2018, quale ultimo periodo di imposta di riferimento.

Il numero dei soggetti a cui si sono applicati gli studi di settore nel 2017 risulta in calo (-1,4%) rispetto all’anno precedente per effetto principalmente dell’aumento delle adesioni al regime forfettario, introdotto dalla Legge 190/2014, che non prevedeva l’applicazione degli studi di settore ai soggetti che avevano aderito a tale regime semplificato.

I ricavi/compensi totali dei contribuenti soggetti agli studi di settore, riferiti all’anno di imposta 2017, sono risultati pari a 729 miliardi di euro. Si registrano un lieve incremento rispetto al 2016 (+0,9%) e andamenti leggermente differenziati tra i settori: i servizi mostrano l’incremento maggiore (+1,5%), seguiti dalle attività professionali (+1,3%) e dalle attività manifatturiere (+0,7%); sostanzialmente stabile risulta il commercio. Il reddito totale dichiarato è pari a circa 91,7 miliardi di euro, in flessione del 14% rispetto all’anno precedente; il reddito medio dichiarato è pari a 25.290 euro per le persone fisiche e a 34.260 euro per le società di persone; questi valori non sono direttamente confrontabili con l’anno procedente a causa della modifica del criterio di determinazione del reddito d’impresa in contabilità semplificata che passa da “competenza” a “cassa”: la modifica determina l’integrale deduzione delle rimanenze iniziali e pertanto un calo dei redditi dichiarati nell’anno. Il reddito medio dichiarato dalle società di capitali è pari a 34.670 euro (+4,3% rispetto all’anno precedente).

Rispetto all’attività economica esercitata, il reddito medio dichiarato più elevato si registra nel settore delle attività professionali (49.190 euro, +3% rispetto al 2016), seguito dal settore delle attività manifatturiere (37.680 euro, -6,9% sul 2016) e dal settore dei servizi (27.330 euro, -4,5%). Gli andamenti dei settori manifatturiero e dei servizi risentono della modifica normativa sopra descritta. Nel settore del commercio, in cui l’incidenza delle rimanenze è preponderante rispetto agli altri settori, la modifica incide in maniera maggiore ed il reddito medio risulta particolarmente basso nell’anno in esame (4.410 euro).

In relazione alla composizione percentuale dei valori dichiarati si evidenzia che, a fronte di oltre la metà del totale dei ricavi/compensi (54,5%), le società di capitali dichiarano solo il 24,5% circa del totale dei redditi; diversamente, a fronte del 25,5% dei ricavi o compensi totali, le persone fisiche dichiarano il 54% dei redditi complessivi. Queste quote percentuali, riflettendo la specifica struttura produttiva delle diverse forme giuridiche dei contribuenti, sono sostanzialmente in linea con quanto evidenziato lo scorso anno.

Un confronto tra i livelli di reddito medio dei soggetti congrui e non congrui mostra differenze molto elevate: escludendo i soggetti di minori dimensioni, si passa complessivamente da un reddito medio di 46.640 euro per i soggetti congrui ad una perdita media di 3.160 euro per quelli non congrui.

Statistiche Irpef in base al reddito prevalente

I dati statistici delle dichiarazioni Irpef delle persone fisiche, pubblicati a marzo, sono ora arricchiti dalla classificazione dei contribuenti in base al reddito prevalente. L’83,8% dei circa 41,2 milioni di contribuenti Irpef detiene prevalentemente reddito da lavoro dipendente o pensione e solo il 4,7% del totale ha un reddito prevalente derivante dall’esercizio di attività d’impresa o di lavoro autonomo, in linea con l’anno precedente. La percentuale di coloro che detengono in prevalenza reddito da fabbricati è pari al 4,4%.

Dall’analisi integrata delle dichiarazioni dei dipendenti con quelle dei propri datori di lavoro si osserva che oltre il 76% dei dipendenti ha prestato servizio presso lo stesso datore di lavoro nell’arco dell’anno, mentre il restante 24% ha prestato servizio presso più datori di lavoro. Rispetto alla natura giuridica del datore di lavoro, il 54% dei lavoratori dipendenti presta servizio presso società per azioni, società a responsabilità limitata e società cooperative, seguiti da coloro che sono occupati presso enti pubblici (15%), ditte individuali (9%), enti e istituti di previdenza e assistenza sociale (7%) e società di persone (7%).

Il reddito medio da lavoro dipendente presenta un’elevata variabilità rispetto alla diversa natura del datore di lavoro: il reddito medio più basso, pari a 9.910 euro, risulta quello dei lavoratori dipendenti il cui datore di lavoro è una persona fisica; il valore sale a 13.850 euro per i dipendenti di società di persone, a 21.120 euro per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, mentre si registra il reddito medio più elevato, pari a 23.470 euro, per i dipendenti delle società di capitali.

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