Amministratore responsabile del fallimento: paga di tasca propria le sanzioni per gli inadempimenti tributari e contributivi

Sì alla liquidazione equitativa del danno da parte dell'amministratore chiamato in causa dal curatore fallimentare per le omissioni tributarie e contributive. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27610 del 29 ottobre 2019. IL FATTO Il Tribunale accoglieva l'azione di responsabilità esercitata dal curatore del fallimento di una S.r.l. nei confronti del suo amministratore, condannando quest'ultimo al pagamento, a titolo di risarcimento del danno, della somma di € 327.895,03, oltre rivalutazione e interessi. La Corte d'appello ha confermato tale decisione, respingendo il gravame interposto dal soccombente. In particolare, la Corte territoriale ha rilevato che: - l'omessa tenuta della contabilità e l'omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali per gli esercizi dal 2004 al 2007 era un fatto pacifico (e comunque, grazie alla verifica fiscale della Gdf, documentalmente provato); - era incontestabile che almeno le sanzioni fiscali irrogate per l'omesso versamento dei tributi e dei contributi previdenziali fossero un danno causalmente ricollegabile alla condotta dell'amministratore in modo immediato e diretto; - il Tribunale aveva quantificato il danno cagionato nella misura di euro 327.895,03 facendo richiamo all'equità, ossia applicando la percentuale del 30% al complessivo credito di Equitalia iscritto al passivo; - la determinazione equitativa del Tribunale doveva essere condivisa, sia perché non era stata specificamente contestata dall'appellante, sia perché essa corrispondeva al maggior importo che mediamente e notoriamente deriva a carico dell'imprenditore per l’omissione degli adempimenti tributari e contributivi. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha confermato la correttezza dell'operato da parte della Corte d'Appello. Ad avviso degli Ermellini non fa una grinza la liquidazione ex articolo 1226 c.c., ragguagliata al danno rappresentato «almeno» dalle sanzioni erogate per il mancato versamento di tasse e contributi. Inutile per l'amministratore contestare nel giudizio di responsabilità il debito verso il fisco ammesso al passivo: si tratta di materia riservata alla giurisdizione tributaria. Né giova invocare l'assoluzione penale, deducendo che gli accertamenti dei finanzieri sarebbero stati posti nel nulla dall'esclusione dei reati: anche un'eventuale sentenza passata in giudicato non avrebbe rilievo nel giudizio civile; nel processo tributario, infatti, trovano ingresso le presunzioni semplici che da sole non bastano per una pronuncia di condanna in sede penale. E il fatto che manchi la contabilità aziendale fa scattare il risarcimento fino a prova contraria perché l'amministratore viene meno a specifici obblighi di legge. Il danno è dunque parametrato alle sanzioni che scattano a carico dell'imprenditore per le omissioni tributarie e contributive: insomma, è come se l'amministratore pagasse di tasca sua le sovrattasse.

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