L’articolo 1, comma 6, della Legge delega n. 111 del 2023 assegna al Governo il compito di “adottare uno o più decreti legislativi contenenti disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi adottati ai sensi della presente legge, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dell’ultimo dei decreti legislativi medesimi ovvero dalla scadenza, se successiva, del termine di cui ai commi 1 o 4, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi previsti dalla presente legge e secondo la procedura di cui al presente articolo”. Con largo anticipo rispetto al termine di “due anni successivi all’entrata in vigore dell’ultimo decreto attuativo, ovvero dallo spirare dei ventiquattro mesi per l’esercizio della delega” il Governo ha ritenuto necessario mettere mano ad alcune “migliorie” ai primi decreti attuativi della riforma, la cui opportunità è emersa nelle prime applicazioni delle nuove disposizioni ovvero già in sede di autorevole commento alle misure di prossima entrata in vigore. Tra i decreti oggetto di ritocchi vi è anche quello in materia di adempimento collaborativo approvato in via definitiva il 28 dicembre 2023 per l’attuazione dell’articolo 17, comma 1, lettera g), numero 1), della legge delega fiscale e finalizzato a potenziare il regime di adempimento spontaneo già disciplinato dal decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128. Se già con il decreto legislativo n. 221 del 2023 le novità erano state numerose e avevano riguardato da un lato l’allargamento della platea dei soggetti ammessi al regime e dall’altro il rafforzamento degli effetti “premiali” sul piano sanzionatorio, le modifiche poste in discussione dal Governo meritano altrettanta attenzione perché finalizzate, nella sostanza, a chiarire la portata applicativa di determinate disposizioni e a blindare l’efficacia della disciplina sulla cooperative compliance. Sanzione in relazione all’obbligo di certificazione Innanzitutto, si è ritenuto necessario prevedere una sanzione in relazione all’obbligo di certificazione dei sistemi integrati di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale: il nuovo comma 1-bis dell’articolo 4 del dlgs 128/2015 dovrebbe, infatti, essere implementato con la previsione di applicazione del regime sanzionatorio già previsto in materia di visto di conformità per la fattispecie di certificazione infedele, che si configura in caso di mancanza dei requisiti di onorabilità, indipendenza e professionalità e altresì in tutti i casi di non corrispondenza tra la realtà e i dati contenuti nella certificazione. Inoltre, il nuovo periodo che verrà aggiunto al comma 1-bis menzionato dovrebbe contemplare la possibilità che l’Agenzia delle Entrate valuti gli effetti della infedeltà nella certificazione ai fini della ammissione o permanenza nel regime. Esclusioni dalla sanzione Sul piano della incentivazione e del rafforzamento degli effetti connessi all’adozione di un sistema di controllo certificato dei rischi fiscali va inquadrata la nuova previsione che esclude l’applicazione di sanzioni amministrative, al di fuori delle ipotesi di frode, per tutti i casi di violazione delle norme tributarie che dipendono da rischi fiscali connessi a condotte poste in essere in periodi di imposta precedenti a quello di ingresso nel regime e comunicati in modo esauriente e tempestivo all’Agenzia delle Entrate (si ricorda, infatti, che il contribuente ha facoltà di comunicare anche i rischi fiscali relativi ad annualità precedenti l’ammissione alla cooperative compliance). Viene precisato, inoltre, che il termine di 120 giorni dalla notifica del provvedimento di ammissione al regime per la comunicazione dei rischi fiscali connessi a condotte poste in essere in periodi di imposta precedenti a quello di ingresso, decorrerà dalla data di entrata in vigore del decreto correttivo, così rimettendo in termini le imprese che nei primi mesi di applicazione del DLgs 221/2023 non avevano ritenuto conveniente ovvero non erano riuscite ad effettuare la comunicazione in esame. Lo scudo sanzionatorio viene esteso anche alle fattispecie contemplate dall’art. 4 del DLgs n. 74 del 2000 limitatamente alle violazioni delle norme tributarie dipendenti da rischi fiscali comunicati tempestivamente, anche mediante interpello, e “sempre che il comportamento tenuto dal contribuente sia esattamente corrispondente a quello rappresentato in occasione dell’interpello o della comunicazione”. Analoga esclusione della punibilità si renderà applicabile nelle ipotesi, di cui si è detto in precedenza, di comunicazione dei rischi fiscali con riguardo ai periodi precedenti l’ingresso nel regime di adempimento collaborativo (in forza del rinvio contenuto nell’articolo 6, comma 3-ter, ultimo periodo, al successivo comma quarto). Allargamento dell’esonero della prestazione di garanzia ai rimborsi in corso di esecuzione Le modifiche all’articolo 6 del dlgs 128/2015 dovrebbero consistere, inoltre, nell’allargamento dell’esonero dalla prestazione di garanzia anche ai rimborsi in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del DLgs n. 221 del 2023 (vale a dire al 18 gennaio 2024), nonché nella previsione di non cumulabilità tra le riduzioni dei termini di accertamento per i contribuenti il cui sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale è certificato da professionisti indipendenti qualificati ovvero per i contribuenti che ottengono il visto di conformità (il DLgs 221/2023 prevede infatti la riduzione dei termini di accertamento, di due anni, per i soggetti aderenti al regime di adempimento collaborativo il cui sistema di rilevazione dei rischi fiscali sia dotato della certificazione prevista dall’articolo 4 del DLgs 128/2015. Un ulteriore taglio di un anno “se al contribuente è rilasciata la certificazione tributaria di cui all’articolo 36 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”) e quella, di due anni, prevista nel caso di utilizzo di strumenti che garantiscono la tracciabilità dei pagamenti. Allargamento dell’accesso al regime collaborativo Novità anche in tema di accesso al regime dell’adempimento collaborativo versione 2024. Ferma la previsione di progressiva riduzione della soglia minima di volume d’affari, con traguardo ai 100 milioni di euro a decorrere dal 2028, al comma 1-quater dell’articolo 7 il riferimento alle società aderenti al consolidato fiscale nazionale viene sostituito con l’apertura del regime alle società appartenenti ad un gruppo di imprese in cui almeno un soggetto del gruppo integri i requisiti dimensionali previsti, a condizione che venga adottato un sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale gestito in modo unitario per tutte le società del gruppo. Esclusione dalle sanzioni in caso di adozione del Tax control framework Nell’intento di dare ancor maggior impulso all’adozione di condotte virtuose e alla costante collaborazione tra Fisco e contribuenti, nell’ambito del regime opzionale di adozione del sistema di controllo del rischio fiscale riservato ai contribuenti che non rientrano tra le categorie di soggetti eleggibili, il Governo riformula l’articolo 7-bis del DLgs 128/2015 disponendo l’esclusione delle sanzioni amministrative e l’esclusione della punibilità agli effetti penali nelle ipotesi di implementazione di un efficace tax control framework e in relazione ai rischi fiscali previamente comunicati, attraverso istanza di interpello, dai detti soggetti di fatto uniformando il trattamento sanzionatorio a quello previsto per chi aderisce al regime dell’adempimento collaborativo vero e proprio. Infine, si prevede l’obbligo di attestazione dell’efficacia operativa del sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale per i soggetti già ammessi al regime e non tenuti a certificarne conformità ai principi contabili. Tutte le misure di rettifica previste dal decreto correttivo entreranno in vigore, salvo diversa previsione di cui al momento non si ha conoscenza, il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, secondo la regola generale.