L’avviso di accertamento deve ritenersi illegittimo se scaturente da un Pvc privo di sottoscrizione da parte del contribuente, laddove sia provato in atti che quest’ultimo non si sia espressamente rifiutato di firmarlo. Sono queste le principali conclusioni cui è giunta la Ctp di Torino, con la sentenza n. 851/6/18 del 3 ottobre 2018 (presidente Bertotto, relatore Calì). IL FATTO La pronuncia trae origine dall’impugnazione di un avviso ai fini Iva per l’anno di imposta 2009, emesso dalla Direzione provinciale di Torino nei confronti di tre società appartenenti al medesimo gruppo societario, sulla base di un unico Pvc redatto a conclusione dell’attività ispettiva. Impugnato l’avviso, le società ricorrenti, oltre a contestare nel merito la pretesa tributaria, eccepivano l’inefficacia e l’invalidità del Pvc prodromico, in quanto non risultava essere sottoscritto né dai legali rappresentati delle società né dai loro delegati, in assenza peraltro di un loro esplicito rifiuto a firmarlo. L’ufficio si opponeva alle lamentele delle società ricorrenti, chiedendone il rigetto. LA DECISIONE DELLA CTP TORINO Nell’accogliere il ricorso, i giudici torinesi hanno innanzitutto precisato di aver esaminato il Pvc redatto dai verbalizzanti a conclusione della verifica fiscale nei confronti delle società ricorrenti e di aver constatato come, non solo non fosse stato sottoscritto né dai legali rappresentanti delle società né dai loro delegati, ma inoltre al suo interno non si facesse alcuna menzione in merito a un eventuale rifiuto espresso a firmarlo. Per questi motivi, secondo il collegio il Pvc deve ritenersi invalido e inefficace laddove l’articolo 52, comma 6 del Dpr 633/72 (cui rinvia anche l’articolo 33 del Dpr 600/73) sancisce che il Pvc deve essere sottoscritto sia da coloro che lo hanno redato sia dal contribuente verificato. L’unica ipotesi di mancata sottoscrizione da parte del contribuente ammessa da legislatore è quella dell’espresso rifiuto a sottoscriverlo, circostanza di cui deve darsi atto nel medesimo Pvc. Peraltro, secondo i giudici torinesi, dall’invalidità e inefficacia del Pvc discende anche l’illegittimità dell’avviso di accertamento che da questo trae espressamente origine, causa e motivazione. La pronuncia offre l’occasione per fare il punto sulla posizione (alquanto articolata) della giurisprudenza proprio sulla illegittimità dell’accertamento derivante da un Pvc non sottoscritto dal contribuente verificato. Pronunciandosi, infatti, proprio sulla mancata sottoscrizione del verbale e sulla omessa indicazione delle cause della mancata sottoscrizione, nel 2007, i giudici supremi hanno statuito che l’omissione della causa della mancata sottoscrizione non inficia la validità dell’accertamento, qualora l’Amministrazione finanziaria dimostri che il contribuente ha comunque avuto piena contezza del verbale (Cassazione 27060/2007). Tuttavia, la stessa Corte suprema nel 2008 ha affermato che l’avviso deve ritenersi illegittimo se scaturente da un Pvc privo di sottoscrizione del contribuente laddove sia provato in atti che quest’ultimo non ha preso parte alle indagini tributarie (Cassazione 21153/2008). Da ultimo, nel 2011, i giudici di legittimità hanno statuito che la sottoscrizione (e consegna) del Pvc da parte di un familiare convivente del soggetto verificato è valida. L’articolo 52, comma 6 del Dpr 633/72 - secondo cui il verbale di ispezione deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta - va interpretata come semplice riferimento alla persona addetta all’azienda o alla casa, non implicando un potere di rappresentanza in senso tecnico-giuridico in capo alla stessa (Cassazione 19505/2011).