Accertamento con adesione: chiarimenti sulla sospensione del termine per l’impugnazione

La sospensione del termine per l’impugnazione opera solo dalla data di presentazione, da parte del contribuente, dell’istanza di adesione formulata a seguito dell’avviso di accertamento o di rettifica, non preceduto dall’invito a comparire, e non dell’istanza di adesione successiva ad accessi, ispezioni e verifiche. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13172 depositata il 16 maggio 2019. IL FATTO L’Agenzia delle Entrate iniziava una verifica fiscale nei confronti di una società di capitali. La verifica terminava con la consegna alla contribuente di un PVC. Successivamente, veniva formulata proposta di accertamento ai fini della eventuale definizione del processo verbale di constatazione, ai sensi dell’art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 218/1997, alla quale l’Ufficio non dava riscontro. Seguiva la notifica dell’avviso di accertamento per il quale la società presentava istanza di accertamento con adesione (in base all’art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 218/1997). In mancanza di adesione, l’atto impositivo era impugnato in CTP, ma il ricorso veniva dichiarato inammissibile in quanto l’impugnazione risultava tardiva. I giudici del gravame confermavano la pronuncia della CTP rilevando che nella fase successiva alla verifica, ma antecedente all’avviso di accertamento, il contribuente poteva avanzare istanza di contraddittorio, come avvenuto nella specie; ma una volta esercitata tale facoltà prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, non poteva successivamente esperire, dopo l’emissione dell’avviso di accertamento, un tentativo di accertamento con adesione usufruendo della sospensione dei termini. La società impugnava tale pronuncia deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, commi 1, 2 e 3, D.Lgs. n. 218 del 1997 per avere i giudici di appello affermato che per effetto della presentazione di istanza di definizione, presentata in data anteriore alla notifica dell’avviso di accertamento, avesse già usufruito di una sospensione dei termini. L’istanza presentata in data anteriore alla notifica dell’avviso di accertamento, mai riscontrata dall’Ufficio, non aveva determinato alcuna sospensione dei termini, i quali avevano iniziato a decorrere solo con la notifica dell’atto impositivo. Soltanto laddove l’Ufficio avesse notificato invito a comparire a seguito della prima istanza, la seconda istanza sarebbe divenuta inammissibile. Nella specie, al contrario, non vi era stato alcun invito a comparire e dunque non vi era alcuna preclusione alla possibilità di usufruire della sospensione dei termini. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società cassando con rinvio la sentenza di appello. Secondo i giudici, innanzitutto, come statuito dalla SS.UU. (n. 3676/2010) la mancata convocazione del contribuente non comporta la nullità del procedimento di accertamento adottato dall’Ufficio, restando l’atto impositivo efficace anche se l’Ufficio non ha promosso il contraddittorio su istanza del contribuente. Inoltre, la sospensione dei termini opera solo con riguardo all’istanza di accertamento con adesione formulata a seguito della notifica dell’avviso di accertamento, e non con riferimento all’istanza di definizione prevista dal comma 1 dello stesso articolo 6. Nella specie non aveva alcun rilievo che il contribuente avesse presentato una prima istanza di definizione del PVC, in data antecedente alla notifica dell’accertamento, poiché da tale istanza non poteva derivare alcuna sospensione dei termini di impugnazione; di conseguenza il contribuente non aveva perso la facoltà di avvalersi di tale sospensione. Soltanto con la presentazione della seconda istanza, proposta a seguito della notifica dell’avviso di accertamento, aveva iniziato a decorrere l’effetto sospensivo non avendo peraltro l’ufficio notificato al contribuente alcun invito a comparire che poteva costituire l’unica preclusione prevista dalla norma.

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