Accertamento bancario: via libera anche nei confronti del lavoratore dipendente

La presunzione derivante dagli accertamenti bancari è applicabile a qualsiasi categoria di contribuente, indipendentemente se sia un libero professionista, un’impresa ovvero un lavoratore autonomo. Pertanto anche quest’ultimo deve giustificare analiticamente tutte le operazioni in entrata rinvenute sul proprio conto corrente: in difetto le relative somme possono essere qualificate come redditi diversi non dichiarati. Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 104 depositata il 4 gennaio 2019. IL FATTO L’Ufficio eseguiva accertamenti bancari nei confronti di un contribuente, il quale non era in grado di giustificare una serie di versamenti sul proprio conto corrente. Conseguentemente veniva notificato un avviso di accertamento per il recupero a tassazione delle relative somme, contestando il conseguimento di redditi diversi non dichiarati, nonostante il verificato fosse un lavoratore dipendente. Quest’ultimo presentava ricorso, che però veniva respinto dalla CTP, la quale riteneva legittimo il comportamento dell’Ufficio, che ben può contestare l’esistenza di redditi non inseriti in dichiarazione anche nei confronti di contribuenti che, come nella specie, non sono né liberi professionisti né imprese. La sentenza era confermata in appello, dove i giudici condividevano la motivazione contenuta nella pronuncia di prime cure. Il contribuente impugnava la decisione della CTR, ribadendo che non sarebbe ammissibile l’utilizzo di indagini bancarie e della relativa presunzione prevista dalla legge nei confronti di chi non sia titolare di reddito di lavoro autonomo o d’impresa. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del contribuente, condannandolo anche alle spese di lite. La qualifica soggettiva di lavoratore dipendente, autonomo o imprenditore, risultava infatti irrilevante ai fini della possibilità per l’Ufficio di porre a base dei propri accertamenti i dati e gli elementi acquisiti attraverso le indagini bancarie. Il contribuente deve dunque comunque dimostrare che gli importi contestati siano già stati considerati per la determinazione del proprio reddito ovvero che non avessero rilevanza a tal fine. In sintesi la presunzione in favore dell’Agenzia (artt. 32 Dpr 600/73 e 51 Dpr 633/72) trova comunque applicazione e pertanto l’onere della prova si sposta sul verificato, che dovrà attestare in modo analitico l’estraneità di ciascuna singola operazione bancaria a fatti imponibili. Nella specie il ricorrente si era limitato a contestare l’inapplicabilità della suindicata presunzione, senza fornire alcuna giustificazione in merito alle somme rinvenute sul conto e non derivanti dal proprio rapporto di lavoro dipendente: da qui la correttezza della sentenza della CTR e dell’operato dell’Ufficio.

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