Accertamento bancario: prova rigorosa a carico del contribuente

In sede di accertamento bancario, il contribuente titolare di reddito di impresa o di lavoro autonomo è tenuto a fornire concrete giustificazioni in merito alla provenienza degli accrediti nonché le motivazioni sottese ai prelievi effettuati. In caso contrario, vige la presunzione legale di cui all’art. 32 del DPR 600/1973, in virtù della quale tutti i movimenti rilevati sono sinonimo di ulteriore reddito imponibile non dichiarato. A confermare questo principio è la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 9512 del 22 maggio 2020. IL FATTO L’Agenzia delle Entrate notificava ad un contribuente alcuni avvisi di accertamento, all’esito delle indagini finanziarie eseguite sui conti correnti, ai sensi e per gli effetti dell’art. 38 del DPR 600/1973. Secondo l’Ufficio le prove contrarie addotte erano del tutto inconferenti e, come tali, non idonee a giustificare l’estraneità delle operazioni ai fatti imponibili, ai sensi dell’art. 32 del richiamato DPR. Detti provvedimenti venivano immediatamente impugnati innanzi alla Commissione tributaria provinciale che ne accoglieva le doglianze. La decisione, però, non veniva confermata in secondo grado dai giudici appello, i quali motivavano l’accoglimento dell’impugnazione proposta dall’Ufficio sul presupposto della mancanza di informazioni fornite dal contribuente in merito alle movimentazioni bancarie e all’accreditamento di somme. Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso in Cassazione il contribuente. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal contribuente. I giudici di legittimità, infatti, hanno chiarito che in materia di accertamenti bancari il contribuente deve dimostrare in modo analitico e dettagliato l’effettiva estraneità di ciascuna delle operazioni o delle movimentazioni effettuate sul proprio conto ai fatti imponibili. Altrimenti, prosegue la Corte, in virtù della presunzione legale richiamata dall’art. 32 del DPR 600/1973, i prelevamenti ed i versamenti effettuati sul conto corrente esaminato verranno imputati ai ricavi oggetto di tassazione. La suddetta disposizione normativa, chiariscono i giudici della Corte, può essere applicata non solo ai titolari di reddito di impresa o di lavoro autonomo, ma anche alla restante parte dei contribuenti. Nel caso di specie, il contribuente esaminato non aveva saputo fornire in sede di verifica fiscale, la provenienza degli accrediti nonché le motivazioni collegate ai prelevamenti effettuati sul proprio conto corrente. Da qui il rigetto del ricorso.

Accertamento bancario: prova rigorosa a carico del contribuente

Valido l'accertamento quando il contribuente non fornisce chiare spiegazioni sulle movimentazioni bancarie

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